Le imponenti trasformazioni che hanno interessato la città europea nel corso degli ultimi due secoli hanno avuto conseguenze profonde sulla configurazione dello spazio urbano. Alla sua costruzione materiale, attraverso una serrata dialettica tra permanenza e mutazione, agendo in particolare sulle pratiche edificatorie e d’uso di questo spazio, ha contribuito in modo rilevante il progetto urbanistico e di architettura. Nei casi più emblematici di Berlino e di Barcellona, rivisitati in questo studio restituito in due volumi, appare evidente come entrambi i progetti di siano fondati su idee di città, attraverso le quali si è cercato di rappresentare visioni della società e della modernità. Soprattutto nei decenni centrali del Novecento, questi progetti hanno espresso la volontà di edificare uno spazio di tipo nuovo, contrapposto a quello della città tradizionale, anche quando fondati su ideologie antagoniste. L’applicazione prima a singole parti, quindi all’intera città, di nuovi dispositivi in sostituzione delle convenzioni che hanno a lungo regolato le relazioni tra spazio aperto e spazio costruito determinandone la forma e la qualità, ha comportato il rovesciamento del rapporto storicamente istituito tra città e architettura. L’inevitabile esito è stato il diffondersi di un processo di frammentazione atopica dello spazio urbano. A questo depauperamento di senso della città le recenti esperienze di Berlino e di Barcellona hanno reagito, sapendo valorizzare il contributo euristico della scuola italiana di analisi urbana, attraverso il recupero degli elementi costitutivi dello spazio urbano e delle convenzioni che hanno delineato la fisionomia della città europea e che fanno parte del sapere tacito degli abitanti. La riflessione svolta sulle due vicende urbane mette anche in evidenza come tra gli aspetti che le accomunano vi sia la progressiva consapevolezza della natura non più semplicemente spaziale ma ricorsiva della stessa idea di città. Nel volume che tratta l’esperienza di Berlino viene ricostruito il percorso che ha portato a ripensare la città nella sua totalità, dopo la caduta del muro, recuperando la sua eredità storica e adottando la strategia della “ricostruzione critica”, basata sulla riproposizione dell’idea della città compatta e sul ripristino della trama viaria e dell’isolato. Riconosciuto il caso di Berlino come uno dei palinsesti più emblematici, tra le città europee, di progetti, ideologie e sperimentazioni dell’architettura e dell’urbanistica del Novecento, il testo ripercorre le vicende che hanno portato allo sviluppo “bloccato” della Residenzstadt nel periodo barocco e successivamente, con il piano di espansione ottocentesco, alla riduzione dello spazio urbano a strumento tecnico e alla formazione del tessuto compatto di grandi isolati caratterizzati da un mix funzionale e sociale. Vengono quindi esaminate le sperimentazioni delle avanguardie razionaliste, basate su una forte istanza moralizzatrice, che hanno tentato di prefigurare un nuovo spazio urbano rispondente ai bisogni di una nuova società, le successive riduzioni del programma razionalista, con il conseguente impoverimento della morfologia dello spazio urbano e la perdita della sua comprensibilità, operate dagli esponenti del Movimento Moderno, attraverso le differenti declinazioni dell’idea della città dispersa nel paesaggio (Stadtlandschaft) e le idee di città antagoniste che hanno preso forma in seguito alla divisione di Berlino in due entità contrapposte. La riflessione viene poi orientata sul dibattito che ha portato al programma dell’Iba e che ha consentito di affrontare alcune questioni rilevanti che attengono al significato dello spazio urbano, ai dispositivi che ne aumentano il valore semantico e al rapporto tra piano e progetto e tra architettura e città.

La costruzione dello spazio urbano. L'esperienza di Berlino.

MAZZOLENI, CHIARA
2009-01-01

Abstract

Le imponenti trasformazioni che hanno interessato la città europea nel corso degli ultimi due secoli hanno avuto conseguenze profonde sulla configurazione dello spazio urbano. Alla sua costruzione materiale, attraverso una serrata dialettica tra permanenza e mutazione, agendo in particolare sulle pratiche edificatorie e d’uso di questo spazio, ha contribuito in modo rilevante il progetto urbanistico e di architettura. Nei casi più emblematici di Berlino e di Barcellona, rivisitati in questo studio restituito in due volumi, appare evidente come entrambi i progetti di siano fondati su idee di città, attraverso le quali si è cercato di rappresentare visioni della società e della modernità. Soprattutto nei decenni centrali del Novecento, questi progetti hanno espresso la volontà di edificare uno spazio di tipo nuovo, contrapposto a quello della città tradizionale, anche quando fondati su ideologie antagoniste. L’applicazione prima a singole parti, quindi all’intera città, di nuovi dispositivi in sostituzione delle convenzioni che hanno a lungo regolato le relazioni tra spazio aperto e spazio costruito determinandone la forma e la qualità, ha comportato il rovesciamento del rapporto storicamente istituito tra città e architettura. L’inevitabile esito è stato il diffondersi di un processo di frammentazione atopica dello spazio urbano. A questo depauperamento di senso della città le recenti esperienze di Berlino e di Barcellona hanno reagito, sapendo valorizzare il contributo euristico della scuola italiana di analisi urbana, attraverso il recupero degli elementi costitutivi dello spazio urbano e delle convenzioni che hanno delineato la fisionomia della città europea e che fanno parte del sapere tacito degli abitanti. La riflessione svolta sulle due vicende urbane mette anche in evidenza come tra gli aspetti che le accomunano vi sia la progressiva consapevolezza della natura non più semplicemente spaziale ma ricorsiva della stessa idea di città. Nel volume che tratta l’esperienza di Berlino viene ricostruito il percorso che ha portato a ripensare la città nella sua totalità, dopo la caduta del muro, recuperando la sua eredità storica e adottando la strategia della “ricostruzione critica”, basata sulla riproposizione dell’idea della città compatta e sul ripristino della trama viaria e dell’isolato. Riconosciuto il caso di Berlino come uno dei palinsesti più emblematici, tra le città europee, di progetti, ideologie e sperimentazioni dell’architettura e dell’urbanistica del Novecento, il testo ripercorre le vicende che hanno portato allo sviluppo “bloccato” della Residenzstadt nel periodo barocco e successivamente, con il piano di espansione ottocentesco, alla riduzione dello spazio urbano a strumento tecnico e alla formazione del tessuto compatto di grandi isolati caratterizzati da un mix funzionale e sociale. Vengono quindi esaminate le sperimentazioni delle avanguardie razionaliste, basate su una forte istanza moralizzatrice, che hanno tentato di prefigurare un nuovo spazio urbano rispondente ai bisogni di una nuova società, le successive riduzioni del programma razionalista, con il conseguente impoverimento della morfologia dello spazio urbano e la perdita della sua comprensibilità, operate dagli esponenti del Movimento Moderno, attraverso le differenti declinazioni dell’idea della città dispersa nel paesaggio (Stadtlandschaft) e le idee di città antagoniste che hanno preso forma in seguito alla divisione di Berlino in due entità contrapposte. La riflessione viene poi orientata sul dibattito che ha portato al programma dell’Iba e che ha consentito di affrontare alcune questioni rilevanti che attengono al significato dello spazio urbano, ai dispositivi che ne aumentano il valore semantico e al rapporto tra piano e progetto e tra architettura e città.
2009
9788856804768
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