L’architettura come spazio mentale costruito, dunque: vale a dire l’architettura come luogo che esprime e incarna un'esperienza spaziale e di vita. È lo stesso rapporto che Pallasmaa individua fra mente (razionalità) e corpo (sensorialità): lo spazio mentale non può materializzarsi se non in forme corporee, per il tramite dei sensi, e di quella sintesi dei sensi che è nell’apticità. La materia dell’architettura –secondo la fenomenologia dell’architettura che Pallasmaa propugna sulla scia di Merleau- Ponty – è in questa immersione “vissuta” nell’esperienza spaziale. È secondario – o meglio strumentale – che essa sia costituita di mattoni, di pietra, di vetro o di metallo; è irrilevante che essa si esprima in forme specifiche o, peggio, in specifici stili o linguaggi: ciò che è rilevante è che l’esperienza di chi fruisce e abita l’architettura possa condurre a percepirne i caratteri spaziali, ad appropriarsi della sua essenza corporea. Paradossalmente, quindi, la corporeità dell’architettura, la sua materia, è nel cristallizzarsi di uno spazio mentale, è nell’inverarsi – attraverso le capacità percettive totalizzanti dell’apticità – del senso delle cose, del significato mentale, di idee, presente nelle cose. E poiché l’esperienza umana di qualsiasi spazio, di qualsiasi luogo, è in continuo divenire, è facile derivare che l’architettura cui guarda Pallasmaa è un universo spazio-temporale fondato sul cinematismo, non certo sulla staticità prospettica; è un universo nient’affatto immobile o congelato, ma piuttosto un universo da esperire in movimento e dentro il tempo, in cui l’uomo-utente-fruitore ha un posto privilegiato, imprescindibile .La“mano pensante” è il tramite implicito fra il Pallasmaa pensatore e il Pallasmaa architetto. La chiave di questo passaggio è nella strenua campagna polemica di Juhani Pallasmaa contro quella che chiama l ’“architettura retinica” – tutta affidata al senso della vista, alle statiche visuali prospettiche, al mondo delle immagini – e a favore invece di un’“architettura multisensoriale, aptica” – in cui la tattilità è il leitmotiv prevalente e l’immersione“esperienziale” nelle cose è il senso profondo.Aprendo la polemica contro l’architettura retinica – in altri termini contestando perciò anche una visione cartesiano-euclidea o statico-prospettica delle geometrie dell’architettura e del paesaggio, a favore invece di geometrie fondamentalmente topologiche e quindi sinestetiche – Pallasmaa esercita una funzione di critico militante dell’architettura contemporanea.

L'architettura come spazio mentale costruito.

BOCCHI, RENATO
2011-01-01

Abstract

L’architettura come spazio mentale costruito, dunque: vale a dire l’architettura come luogo che esprime e incarna un'esperienza spaziale e di vita. È lo stesso rapporto che Pallasmaa individua fra mente (razionalità) e corpo (sensorialità): lo spazio mentale non può materializzarsi se non in forme corporee, per il tramite dei sensi, e di quella sintesi dei sensi che è nell’apticità. La materia dell’architettura –secondo la fenomenologia dell’architettura che Pallasmaa propugna sulla scia di Merleau- Ponty – è in questa immersione “vissuta” nell’esperienza spaziale. È secondario – o meglio strumentale – che essa sia costituita di mattoni, di pietra, di vetro o di metallo; è irrilevante che essa si esprima in forme specifiche o, peggio, in specifici stili o linguaggi: ciò che è rilevante è che l’esperienza di chi fruisce e abita l’architettura possa condurre a percepirne i caratteri spaziali, ad appropriarsi della sua essenza corporea. Paradossalmente, quindi, la corporeità dell’architettura, la sua materia, è nel cristallizzarsi di uno spazio mentale, è nell’inverarsi – attraverso le capacità percettive totalizzanti dell’apticità – del senso delle cose, del significato mentale, di idee, presente nelle cose. E poiché l’esperienza umana di qualsiasi spazio, di qualsiasi luogo, è in continuo divenire, è facile derivare che l’architettura cui guarda Pallasmaa è un universo spazio-temporale fondato sul cinematismo, non certo sulla staticità prospettica; è un universo nient’affatto immobile o congelato, ma piuttosto un universo da esperire in movimento e dentro il tempo, in cui l’uomo-utente-fruitore ha un posto privilegiato, imprescindibile .La“mano pensante” è il tramite implicito fra il Pallasmaa pensatore e il Pallasmaa architetto. La chiave di questo passaggio è nella strenua campagna polemica di Juhani Pallasmaa contro quella che chiama l ’“architettura retinica” – tutta affidata al senso della vista, alle statiche visuali prospettiche, al mondo delle immagini – e a favore invece di un’“architettura multisensoriale, aptica” – in cui la tattilità è il leitmotiv prevalente e l’immersione“esperienziale” nelle cose è il senso profondo.Aprendo la polemica contro l’architettura retinica – in altri termini contestando perciò anche una visione cartesiano-euclidea o statico-prospettica delle geometrie dell’architettura e del paesaggio, a favore invece di geometrie fondamentalmente topologiche e quindi sinestetiche – Pallasmaa esercita una funzione di critico militante dell’architettura contemporanea.
2011
9788865980743
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11578/17663
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact