La prima versione della 109, la cosiddetta legge “Merloni”, data 11 febbraio 1994. Le varianti successive conducono fino alla “Merloni-quater” (legge 166/2002). Principio ispiratore della “legge quadro” era il rafforzamento della progettazione ed attribuiva ai progettisti maggiore responsabilità. Tale originaria impostazione, tutta imperniata sulla centralità del progetto, è stata successivamente contraddetta attribuendo compiti progettuali anche agli operatori dell’offerta (general contractors). Così, alle quattro fasi progettuali precedenti se ne è aggiunta una quinta, individuata come progettazione operativa, o “costruttiva”. La programmazione ed il governo dell’intero processo che la committenza può gestire si colloca nel primo livello di progettazione, cioè il D.p.p. (documento preliminare alla progettazione), di competenza del responsabile unico del pro-cedimento. Ma tale documento che dovrebbe consentire il prosieguo attraverso la cascata delle successive fasi progettuali (preliminare, definitivo, esecutivo e “operativo”) comincia sin da subito a necessitare di traduzione. Lo scollamento tra la programmazione ed il progetto vero e proprio passa attraverso il progetto preliminare, unico strumento capace di dirigere ed orientare le fasi successive. Compiendo una operazione di semplificazione si potrebbe sostenere che il progetto preliminare costituisce un momento di cerniera tra la fase programmatoria e quella progettuale, o, ancora meglio, contenendo già in nuce tutte le altre fasi progettuali, costituisce il trait d’union tra la programmazione e l’esecuzione del manufatto. Il suo essere momento che incerniera, collegandole fra loro, più fasi lo rende tuttavia soggetto a molteplici interpretazioni. Al fine di valutare se tali interpretazioni sono congruenti con quanto espresso dalla norma e quanto esprimibile in termini di risultato eseguito, o da eseguire, parrebbe utile cercare di delimitare i confini, sia della programmazione, sia del progetto, sia dell’esecuzione. Già dal primo tentativo di individuare una esatta definizione dei campi che en-trano in partita balza all’attenzione una prima considerazione: i confini di ogni problematica risultano spesso indeterminati, frastagliati, non propriamente de-finiti. Il progetto preliminare, per le sue connotazioni di momento di cerniera tra la pianificazione ed il progetto/realizzazione costituisce, appunto, uno dei cardini dal punto di vista strumentale in dotazione al progettista. Il suo incunearsi tra le volontà di determinare gli assetti futuri e la traduzione in direttive funzionali alla costruzione di un manufatto costituisce il momento di sintesi della cultura del progetto.

IL PROGETTO PRELIMINARE: UN CUNEO FRA PIANIFICAZIONE, PROGETTO E COSTRUZIONE

ZENNARO, PIETRO
2007-01-01

Abstract

La prima versione della 109, la cosiddetta legge “Merloni”, data 11 febbraio 1994. Le varianti successive conducono fino alla “Merloni-quater” (legge 166/2002). Principio ispiratore della “legge quadro” era il rafforzamento della progettazione ed attribuiva ai progettisti maggiore responsabilità. Tale originaria impostazione, tutta imperniata sulla centralità del progetto, è stata successivamente contraddetta attribuendo compiti progettuali anche agli operatori dell’offerta (general contractors). Così, alle quattro fasi progettuali precedenti se ne è aggiunta una quinta, individuata come progettazione operativa, o “costruttiva”. La programmazione ed il governo dell’intero processo che la committenza può gestire si colloca nel primo livello di progettazione, cioè il D.p.p. (documento preliminare alla progettazione), di competenza del responsabile unico del pro-cedimento. Ma tale documento che dovrebbe consentire il prosieguo attraverso la cascata delle successive fasi progettuali (preliminare, definitivo, esecutivo e “operativo”) comincia sin da subito a necessitare di traduzione. Lo scollamento tra la programmazione ed il progetto vero e proprio passa attraverso il progetto preliminare, unico strumento capace di dirigere ed orientare le fasi successive. Compiendo una operazione di semplificazione si potrebbe sostenere che il progetto preliminare costituisce un momento di cerniera tra la fase programmatoria e quella progettuale, o, ancora meglio, contenendo già in nuce tutte le altre fasi progettuali, costituisce il trait d’union tra la programmazione e l’esecuzione del manufatto. Il suo essere momento che incerniera, collegandole fra loro, più fasi lo rende tuttavia soggetto a molteplici interpretazioni. Al fine di valutare se tali interpretazioni sono congruenti con quanto espresso dalla norma e quanto esprimibile in termini di risultato eseguito, o da eseguire, parrebbe utile cercare di delimitare i confini, sia della programmazione, sia del progetto, sia dell’esecuzione. Già dal primo tentativo di individuare una esatta definizione dei campi che en-trano in partita balza all’attenzione una prima considerazione: i confini di ogni problematica risultano spesso indeterminati, frastagliati, non propriamente de-finiti. Il progetto preliminare, per le sue connotazioni di momento di cerniera tra la pianificazione ed il progetto/realizzazione costituisce, appunto, uno dei cardini dal punto di vista strumentale in dotazione al progettista. Il suo incunearsi tra le volontà di determinare gli assetti futuri e la traduzione in direttive funzionali alla costruzione di un manufatto costituisce il momento di sintesi della cultura del progetto.
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