Pochi architetti al pari di Lewerentz hanno saputo sottrarsi così radicalmente alle ammalianti sirene della forma. In questo risiede il suo insegnamento e la sua necessità. Di fronte ad opere sempre più autoreferenziali, e nel momento in cui si ipotizza di ripensare l’architettura a partire da quei pochi elementi fondamentali che l’hanno da sempre caratterizzata, rileggere questo lavoro come la chiesa di San Marco a Klippan può essere per molti aspetti illuminante. Un edificio che rinuncia ad inseguire una forma unitaria o iconica e che invece concentra, nei semplici aspetti costruttivi, la propria dimensione poetica ed espressiva: nei dettagli aspri, sfacciati, evidenti; nella severa massa di laterizio che si lascia definire da tessiture sapienti; in una non scontata logica tettonica esposta con discrezione per non inficiare la forza primitiva della materia. Ma anche un edificio, un capolavoro, che, in quanto tale, non si concede a interpretazioni esclusive, in cui l’elementarizzazione di ogni componente apre letture incrociate, dialettiche inaspettate, metafore capaci di condensare il mistero e la sacralità dell’intera opera e, forse, dell’architettura in senso più generale.

Fundamentals nordici: la chiesa di San Pietro a Klippan di Sigurd Lewerentz

FERRARI, MARCO
2014-01-01

Abstract

Pochi architetti al pari di Lewerentz hanno saputo sottrarsi così radicalmente alle ammalianti sirene della forma. In questo risiede il suo insegnamento e la sua necessità. Di fronte ad opere sempre più autoreferenziali, e nel momento in cui si ipotizza di ripensare l’architettura a partire da quei pochi elementi fondamentali che l’hanno da sempre caratterizzata, rileggere questo lavoro come la chiesa di San Marco a Klippan può essere per molti aspetti illuminante. Un edificio che rinuncia ad inseguire una forma unitaria o iconica e che invece concentra, nei semplici aspetti costruttivi, la propria dimensione poetica ed espressiva: nei dettagli aspri, sfacciati, evidenti; nella severa massa di laterizio che si lascia definire da tessiture sapienti; in una non scontata logica tettonica esposta con discrezione per non inficiare la forza primitiva della materia. Ma anche un edificio, un capolavoro, che, in quanto tale, non si concede a interpretazioni esclusive, in cui l’elementarizzazione di ogni componente apre letture incrociate, dialettiche inaspettate, metafore capaci di condensare il mistero e la sacralità dell’intera opera e, forse, dell’architettura in senso più generale.
2014
978-88-548-7901-0
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