Il contributo affronta specificamente il tema dell'aspirazione miesiana al ritrovamento di una "costruzione chiara", ricerca che riguarda i processi di formazione elementare di un’architettura intesa come Baukunst, autenticamente appropriata alla nuova epoca: la definizione delle figure tettoniche essenziali in cui trasporre in forma artistica i radicalmente differenti elementi costruttivi, in reciproca tensione conflittuale, in cui si articola il Neues Bauen. Il termine “minimalismo” – vago quanto abusato nella fattispecie – appare quantomeno riduttivo a fronte della profondità e complessità culturale degli obiettivi dell’indagine teorico-sperimentale sugli elementi dell’arte del costruire, condotta da Mies: «Ovunque la tecnologia raggiunga il suo reale compimento, essa trascende in architettura». La ricerca miesiana appare molto vicina ai temi del dibattito intorno alla “questione tettonica” che aveva attraversato l’Ottocento, in particolare in ambito germanico: in questo senso il contributo si concentra piuttosto sulla individuazione di un "elementarismo" miesiano, che si ritiene di potere precisare come "elementarismo tettonico". Si tratta di un atteggiamento di fondo ampiamente e articolatamente esplicitato da Mies, spiegando la propria opera e in particolare in riferimento alla relativa ascendenza schinkeliana, più volte dichiarata, come per l'influenza determinante del pensiero dialettico per opposti di Romano Guardini – il “compimento” culturale della nuova realtà materiale cui aspira Mies, a partire dalla seconda metà degli anni Venti, non può che darsi come agostiniano “ordinamento di cose uguali e disuguali secondo la loro essenza” – oltreché già nella fase della collaborazione alla rivista costruttivista “G. Material zur elementaren Gestaltung”. Le figure chiave nelle quali si articola l'elementarismo tettonico miesiano corrispondono ai differenti elementi costruttivi che caratterizzano propriamente il Neues Bauen, insieme agli elementi delle antiche tradizioni costruttive "autentiche" che permangono inevitabilmente a fianco a essi, nell'ampia visione culturale dialettica e priva di ogni atteggiamento di totalitarismo dogmatico in favore del "nuovo", propria di Mies: il riparo "pelle e ossa" – con la connessa nuova/antichissima spazialità orientaleggiante, di chiara ascendenza semperiana – ma anche il podio e il recinto murario. La figura elementare del riparo di natura propriamente “tettonica” è peraltro fatta oggetto di un processo di radicale reinterpretazione da parte di Mies. Fin dalla sala ipostila emergente del Padiglione di Barcellona, l'obiettivo miesiano è il ritrovamento della forma più appropriata di questo elemento dell’arte del costruire nella forma essenziale del “tetto con colonne”, il “tavolo”. Si tratta di una figura che rimanda alla forma elementare della costruzione trilitica, già oggetto della ricerca sperimentale di Friedrich Gilly e Karl Friedrich Schinkel, come della riflessione di Carl Bötticher e Gotffried Semper, che si rivolgevano alle origini della tettonica monumentale, per ritrovare un fondamento comparabile “per analogia” alle innovazioni costruttive contemporanee: una figura che, in tale senso, può essere interpretata quale autentico profondo motivo della costante aspirazione alla copertura piana nel Moderno, al di là delle immediate parallele influenze dell’architettura spontanea mediterranea sul “modernismo bianco” degli anni Venti del Novecento, che risalgono all’esperienza dei viaggiatori del Grand Tour del secolo precedente.

Mies van der Rohe: elementarismo tettonico : il podio, il recinto e il riparo “pelle e ossa”

Doimo, Martino
2017-01-01

Abstract

Il contributo affronta specificamente il tema dell'aspirazione miesiana al ritrovamento di una "costruzione chiara", ricerca che riguarda i processi di formazione elementare di un’architettura intesa come Baukunst, autenticamente appropriata alla nuova epoca: la definizione delle figure tettoniche essenziali in cui trasporre in forma artistica i radicalmente differenti elementi costruttivi, in reciproca tensione conflittuale, in cui si articola il Neues Bauen. Il termine “minimalismo” – vago quanto abusato nella fattispecie – appare quantomeno riduttivo a fronte della profondità e complessità culturale degli obiettivi dell’indagine teorico-sperimentale sugli elementi dell’arte del costruire, condotta da Mies: «Ovunque la tecnologia raggiunga il suo reale compimento, essa trascende in architettura». La ricerca miesiana appare molto vicina ai temi del dibattito intorno alla “questione tettonica” che aveva attraversato l’Ottocento, in particolare in ambito germanico: in questo senso il contributo si concentra piuttosto sulla individuazione di un "elementarismo" miesiano, che si ritiene di potere precisare come "elementarismo tettonico". Si tratta di un atteggiamento di fondo ampiamente e articolatamente esplicitato da Mies, spiegando la propria opera e in particolare in riferimento alla relativa ascendenza schinkeliana, più volte dichiarata, come per l'influenza determinante del pensiero dialettico per opposti di Romano Guardini – il “compimento” culturale della nuova realtà materiale cui aspira Mies, a partire dalla seconda metà degli anni Venti, non può che darsi come agostiniano “ordinamento di cose uguali e disuguali secondo la loro essenza” – oltreché già nella fase della collaborazione alla rivista costruttivista “G. Material zur elementaren Gestaltung”. Le figure chiave nelle quali si articola l'elementarismo tettonico miesiano corrispondono ai differenti elementi costruttivi che caratterizzano propriamente il Neues Bauen, insieme agli elementi delle antiche tradizioni costruttive "autentiche" che permangono inevitabilmente a fianco a essi, nell'ampia visione culturale dialettica e priva di ogni atteggiamento di totalitarismo dogmatico in favore del "nuovo", propria di Mies: il riparo "pelle e ossa" – con la connessa nuova/antichissima spazialità orientaleggiante, di chiara ascendenza semperiana – ma anche il podio e il recinto murario. La figura elementare del riparo di natura propriamente “tettonica” è peraltro fatta oggetto di un processo di radicale reinterpretazione da parte di Mies. Fin dalla sala ipostila emergente del Padiglione di Barcellona, l'obiettivo miesiano è il ritrovamento della forma più appropriata di questo elemento dell’arte del costruire nella forma essenziale del “tetto con colonne”, il “tavolo”. Si tratta di una figura che rimanda alla forma elementare della costruzione trilitica, già oggetto della ricerca sperimentale di Friedrich Gilly e Karl Friedrich Schinkel, come della riflessione di Carl Bötticher e Gotffried Semper, che si rivolgevano alle origini della tettonica monumentale, per ritrovare un fondamento comparabile “per analogia” alle innovazioni costruttive contemporanee: una figura che, in tale senso, può essere interpretata quale autentico profondo motivo della costante aspirazione alla copertura piana nel Moderno, al di là delle immediate parallele influenze dell’architettura spontanea mediterranea sul “modernismo bianco” degli anni Venti del Novecento, che risalgono all’esperienza dei viaggiatori del Grand Tour del secolo precedente.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11578/271066
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