Il caso presentato è Vega (Venice gateway for science and technology), il Parco scientifico tecnologico di Venezia, comparto urbano realizzato nel corso degli anni Novanta nell’area di prima industrializzazione di Porto Marghera insediata negli anni Venti del secolo scorso, collocato in posizione strategica a ridosso della laguna di Venezia, vicino ai principali hub della mobilità, ma enclave sconnessa nei confronti dell’intorno urbano, oggi parzialmente abbandonato e sottoutilizzato. Di proprietà pubblicoprivata, isola monofunzionale dalla forte e voluta caratterizzazione a terziario avanzato che ne limita drasticamente l’evoluzione e la trasformabilità in seguito alla crisi, può essere definito come quartiere lavoratorio, utilizzato dai suoi silenti abitanti in fasce temporali ben definite. Nonostante oggi a Vega risultino insediate circa 200 tra aziende e start-up innovative ospitando circa 2000 addetti, la potenzialità che questo ambito esprime è assai più importante. Il testo che segue riflette brevemente su alcuni temi che la rigenerazione di uno spazio come Vega aggiunge ai tanti già in discussione: in primo luogo spinge a riflettere su quali lavori la città è in grado e sarà in grado di attrarre nei prossimi anni; in secondo luogo si interroga su come la presenza di funzioni altre rispetto a quelle lavorative e di spazi collettivi possa contribuire a generare valore e sviluppo intercettando altre economie; infine, sostiene la necessità di ridefinire concetti fondamentali per descrivere le nuove geografie urbane, come periferia e disagio.

Rigenerazione urbana e riattivazione economica del Parco scientifico tecnologico di Venezia

maria chiara tosi;FRANZESE, ALESSIA;PARONUZZI, MARCO
2017-01-01

Abstract

Il caso presentato è Vega (Venice gateway for science and technology), il Parco scientifico tecnologico di Venezia, comparto urbano realizzato nel corso degli anni Novanta nell’area di prima industrializzazione di Porto Marghera insediata negli anni Venti del secolo scorso, collocato in posizione strategica a ridosso della laguna di Venezia, vicino ai principali hub della mobilità, ma enclave sconnessa nei confronti dell’intorno urbano, oggi parzialmente abbandonato e sottoutilizzato. Di proprietà pubblicoprivata, isola monofunzionale dalla forte e voluta caratterizzazione a terziario avanzato che ne limita drasticamente l’evoluzione e la trasformabilità in seguito alla crisi, può essere definito come quartiere lavoratorio, utilizzato dai suoi silenti abitanti in fasce temporali ben definite. Nonostante oggi a Vega risultino insediate circa 200 tra aziende e start-up innovative ospitando circa 2000 addetti, la potenzialità che questo ambito esprime è assai più importante. Il testo che segue riflette brevemente su alcuni temi che la rigenerazione di uno spazio come Vega aggiunge ai tanti già in discussione: in primo luogo spinge a riflettere su quali lavori la città è in grado e sarà in grado di attrarre nei prossimi anni; in secondo luogo si interroga su come la presenza di funzioni altre rispetto a quelle lavorative e di spazi collettivi possa contribuire a generare valore e sviluppo intercettando altre economie; infine, sostiene la necessità di ridefinire concetti fondamentali per descrivere le nuove geografie urbane, come periferia e disagio.
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