Non c’è più natura nei paesaggi contemporanei ma solo storie e tracce della modificazione della geografia. Il paesaggio diviene materiale del progetto architettonico, quando verso la fine del ‘500, smette di essere un luogo simbolico, idealizzato e la natura non è più un semplice fondale dell’architettura. L’ambiente naturale diviene così un elemento che si confronta in maniera dialettica con l’artificio, è in se operabile e il progetto si incarica di assumerlo per dare nuove forme fisiche all’ambiente. Lo sviluppo di questo nuovo atteggiamento conduce verso la concezione del paesaggio come “forma del territorio”, con ciò esso diventa un materiale che l’architettura è in grado di usare, al fine di determinare nuove geografie, di costruire nuovi e significativi luoghi in cui l’uomo possa vivere. Solo l’artificio riconduce a realtà l’apparenza ingannevole della natura. Solo attraverso il progetto essa è misurabile ed è possibile costruire con essa e attraverso di essa relazioni significative con il territorio nel suo complesso. In questo modo e in maniera sincronica è possibile cogliere la profondità delle trasformazioni, la somma dei palinsesti che l’attività umana ha depositato nella profondità del tempo, la stratificazione delle culture che, anche in modo conflittuale e niente affatto lineare, hanno contribuito a trasformare una geografia in un paesaggio. Il progetto è necessario in quanto forma di conoscenza. Esso si incarica di costruire un rapporto significativo con il luogo, ne riconosce le differenze in modo da poter fissare una forma di verità specifica. Il progetto è anche la presa di coscienza della sua condizione di relatività nei confronti della storia e la natura di un territorio e solo a partire da questa accettazione può indicare delle scelte consapevoli e attraverso di esso è possibile esprimere un giudizio, operare delle selezioni, infine, determinare nuove gerarchie e ordinare le osservazioni che vengono fatte su di un luogo. Ma la conoscenza non si fonda solo su ciò che è evidente o esclusivamente contestuale ma anche su ciò che non risulta immediatamente percepibile, che le storie hanno spesso cancellato e che solo il progetto consente di svelare come una nuova forma di realtà. Il contributo, attraverso il commento di tre tesi di laurea, di cui sono stato relatore, mette in luce il complesso rapporto esistente tra il progetto di architettura e la struttura del paesaggio

Artificio e Natura

ROCCHETTO, STEFANO
2008-01-01

Abstract

Non c’è più natura nei paesaggi contemporanei ma solo storie e tracce della modificazione della geografia. Il paesaggio diviene materiale del progetto architettonico, quando verso la fine del ‘500, smette di essere un luogo simbolico, idealizzato e la natura non è più un semplice fondale dell’architettura. L’ambiente naturale diviene così un elemento che si confronta in maniera dialettica con l’artificio, è in se operabile e il progetto si incarica di assumerlo per dare nuove forme fisiche all’ambiente. Lo sviluppo di questo nuovo atteggiamento conduce verso la concezione del paesaggio come “forma del territorio”, con ciò esso diventa un materiale che l’architettura è in grado di usare, al fine di determinare nuove geografie, di costruire nuovi e significativi luoghi in cui l’uomo possa vivere. Solo l’artificio riconduce a realtà l’apparenza ingannevole della natura. Solo attraverso il progetto essa è misurabile ed è possibile costruire con essa e attraverso di essa relazioni significative con il territorio nel suo complesso. In questo modo e in maniera sincronica è possibile cogliere la profondità delle trasformazioni, la somma dei palinsesti che l’attività umana ha depositato nella profondità del tempo, la stratificazione delle culture che, anche in modo conflittuale e niente affatto lineare, hanno contribuito a trasformare una geografia in un paesaggio. Il progetto è necessario in quanto forma di conoscenza. Esso si incarica di costruire un rapporto significativo con il luogo, ne riconosce le differenze in modo da poter fissare una forma di verità specifica. Il progetto è anche la presa di coscienza della sua condizione di relatività nei confronti della storia e la natura di un territorio e solo a partire da questa accettazione può indicare delle scelte consapevoli e attraverso di esso è possibile esprimere un giudizio, operare delle selezioni, infine, determinare nuove gerarchie e ordinare le osservazioni che vengono fatte su di un luogo. Ma la conoscenza non si fonda solo su ciò che è evidente o esclusivamente contestuale ma anche su ciò che non risulta immediatamente percepibile, che le storie hanno spesso cancellato e che solo il progetto consente di svelare come una nuova forma di realtà. Il contributo, attraverso il commento di tre tesi di laurea, di cui sono stato relatore, mette in luce il complesso rapporto esistente tra il progetto di architettura e la struttura del paesaggio
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