Il mondo di Poggi. L’officina del design e delle arti, firmata da Roberto Dulio, Fabio Marino e Stefano Andrea Poli, è dedicata alla vicenda della Successori Carlo Poggi, azienda di Pavia produttrice di mobili di serie e su misura. L’impresa è così denominata nel primissimo secondo dopoguerra da Roberto (1924) e Ezio Poggi (1928-62), in seguito alla morte prematura del padre Carlo (1896-1949), fondatore negli anni Trenta della Luigi Poggi & Figli destinata alla produzione di arredi tradizionali su commissione e, a sua volta, riconversione della piccola bottega di falegnameria paterna. Figli d’arte, quindi, che per far fronte al rapido mutare del contesto economico e produttivo nazionale si trovano ad affrontare la necessità di traghettare l’intero processo aziendale – dal progetto alla produzione, dalla distribuzione alla comunicazione – dalla dimensione artigianale a quella industriale. Una scelta che sostengono coinvolgendo architetti-designer e grafici, ossia chi è in grado di occuparsi di progettazione per l’industria per riconfigurare i propri prodotti e i modi per promuoverli. L’azienda si trasforma perciò in un laboratorio semi-meccanizzato – in bilico fra produzione di grande serie ed esecuzione su commissione, similmente a molte altre specie se “periferiche” all’area della Brianza che fu in Italia il centro dei processi di vera e propria industrializzazione del settore – accompagnata dall’architetto milanese Franco Albini (1905-77), legato ai Poggi da un sodalizio quasi esclusivo durato quasi trent’anni. Si inaugura così nel 1950 uno di quei rapporti fra progettisti e imprenditori riconosciuti dalla storiografia come cifra distintiva dei risultati più fecondi del design italiano. Gli imprenditori, in particolare Roberto Poggi, vengono quindi spinti dal progettista, attraverso i suoi progetti, a far proprie le logiche dell’organizzazione standardizzata e seriale. Dall’incontro fra queste due personalità si affina un metodo di lavoro fondato sulla scrupolosa interpretazione di un materiale tradizionale e sulla sperimentazione delle sue qualità costruttive, nutrito attraverso un dialogo virtuoso che incamera anche stimoli provenienti dalle pratiche artistiche, come esito di un comune interesse. Concependo entrambi il proprio lavoro come sintesi delle arti – sulla scia di un filone che caratterizza l’operare di altri architetti-designer italiani, si pensi a Gio Ponti o a Ico Parisi – tale rapporto, che trova nell’ufficio tecnico aziendale il luogo del confronto, genera alcuni fra i pezzi più noti del furniture italiano progettati dallo stesso Albini e Franca Helg, da Corrado Levi, Ugo La Pietra, Vico Magistretti, Renzo Piano, Edoardo Vittoria, Marco Zanuso o Umberto Riva.

Il mondo di Poggi. L’officina del design e delle arti.

Fiorella Bulegato
2020-01-01

Abstract

Il mondo di Poggi. L’officina del design e delle arti, firmata da Roberto Dulio, Fabio Marino e Stefano Andrea Poli, è dedicata alla vicenda della Successori Carlo Poggi, azienda di Pavia produttrice di mobili di serie e su misura. L’impresa è così denominata nel primissimo secondo dopoguerra da Roberto (1924) e Ezio Poggi (1928-62), in seguito alla morte prematura del padre Carlo (1896-1949), fondatore negli anni Trenta della Luigi Poggi & Figli destinata alla produzione di arredi tradizionali su commissione e, a sua volta, riconversione della piccola bottega di falegnameria paterna. Figli d’arte, quindi, che per far fronte al rapido mutare del contesto economico e produttivo nazionale si trovano ad affrontare la necessità di traghettare l’intero processo aziendale – dal progetto alla produzione, dalla distribuzione alla comunicazione – dalla dimensione artigianale a quella industriale. Una scelta che sostengono coinvolgendo architetti-designer e grafici, ossia chi è in grado di occuparsi di progettazione per l’industria per riconfigurare i propri prodotti e i modi per promuoverli. L’azienda si trasforma perciò in un laboratorio semi-meccanizzato – in bilico fra produzione di grande serie ed esecuzione su commissione, similmente a molte altre specie se “periferiche” all’area della Brianza che fu in Italia il centro dei processi di vera e propria industrializzazione del settore – accompagnata dall’architetto milanese Franco Albini (1905-77), legato ai Poggi da un sodalizio quasi esclusivo durato quasi trent’anni. Si inaugura così nel 1950 uno di quei rapporti fra progettisti e imprenditori riconosciuti dalla storiografia come cifra distintiva dei risultati più fecondi del design italiano. Gli imprenditori, in particolare Roberto Poggi, vengono quindi spinti dal progettista, attraverso i suoi progetti, a far proprie le logiche dell’organizzazione standardizzata e seriale. Dall’incontro fra queste due personalità si affina un metodo di lavoro fondato sulla scrupolosa interpretazione di un materiale tradizionale e sulla sperimentazione delle sue qualità costruttive, nutrito attraverso un dialogo virtuoso che incamera anche stimoli provenienti dalle pratiche artistiche, come esito di un comune interesse. Concependo entrambi il proprio lavoro come sintesi delle arti – sulla scia di un filone che caratterizza l’operare di altri architetti-designer italiani, si pensi a Gio Ponti o a Ico Parisi – tale rapporto, che trova nell’ufficio tecnico aziendale il luogo del confronto, genera alcuni fra i pezzi più noti del furniture italiano progettati dallo stesso Albini e Franca Helg, da Corrado Levi, Ugo La Pietra, Vico Magistretti, Renzo Piano, Edoardo Vittoria, Marco Zanuso o Umberto Riva.
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