Nella lettura del paesaggio naturale, e pure di quello antropizzato, sembra che un colore sia predominante nelle menti di buona parte della popolazione: il verde. Questo colore sembra essere quello che nel pensiero di ogni essere umano rappresenta estensivamente la natura per il semplice fatto di essere considerato, a torto o a ragione a seconda dei luoghi della terra, il colore più presente in natura, perlomeno nelle terre emerse. Mare, monti, deserti sono contraddistinti da specifici colori che competono con il verde, ma questi sembrano essere incapaci di realizzare la medesima sensazione di naturale tranquillità. Pure nel revival delle opere che si richiamano alla natura si assiste al suo richiamo culturale, abbreviativo, di significazione, cercando però, ogni volta che si realizzano i manufatti di evitare il suo impiego. Forse vi è troppo verde in natura e perciò si tende a evitarlo nei manufatti. Forse ha una pessima reputazione, tanto che alle nostre latitudini significa povertà, carenza, mancanza, o peggio rimanda a qualcosa di velenoso. Sul versante delle architetture, in particolare, tale colore sembra essere lasciato debitamente in disparte. Altre cromie dominano il pensiero dei costruttori, e non solo di costoro. Gli edifici, perlomeno alle nostre latitudini, raramente sono dipinti di verde. Atri colori sono favoriti, considerati più rappresentativi del mondo costruito. Rosso, giallo, bianco, marron, crema, sono i colori che possiamo rilevare in moltissime applicazioni. In particolare nelle edificazioni il colore verde è centellinato, usato solo in particolari luoghi e culture, come il suo vicino blu. Quale potrebbe essere il motivo di tale cromo fobia nei confronti del verde all’interno del mosaico paesistico culturale? Quanto segue cercherà di rispondere a tale quesito, divenuto pressante in seguito all’ondata socioculturale che si avviluppa sempre più intorno a parole come ecologia, sostenibilità, eco compatibilità e così via.

VERDE CONTRO

ZENNARO, PIETRO
2008-01-01

Abstract

Nella lettura del paesaggio naturale, e pure di quello antropizzato, sembra che un colore sia predominante nelle menti di buona parte della popolazione: il verde. Questo colore sembra essere quello che nel pensiero di ogni essere umano rappresenta estensivamente la natura per il semplice fatto di essere considerato, a torto o a ragione a seconda dei luoghi della terra, il colore più presente in natura, perlomeno nelle terre emerse. Mare, monti, deserti sono contraddistinti da specifici colori che competono con il verde, ma questi sembrano essere incapaci di realizzare la medesima sensazione di naturale tranquillità. Pure nel revival delle opere che si richiamano alla natura si assiste al suo richiamo culturale, abbreviativo, di significazione, cercando però, ogni volta che si realizzano i manufatti di evitare il suo impiego. Forse vi è troppo verde in natura e perciò si tende a evitarlo nei manufatti. Forse ha una pessima reputazione, tanto che alle nostre latitudini significa povertà, carenza, mancanza, o peggio rimanda a qualcosa di velenoso. Sul versante delle architetture, in particolare, tale colore sembra essere lasciato debitamente in disparte. Altre cromie dominano il pensiero dei costruttori, e non solo di costoro. Gli edifici, perlomeno alle nostre latitudini, raramente sono dipinti di verde. Atri colori sono favoriti, considerati più rappresentativi del mondo costruito. Rosso, giallo, bianco, marron, crema, sono i colori che possiamo rilevare in moltissime applicazioni. In particolare nelle edificazioni il colore verde è centellinato, usato solo in particolari luoghi e culture, come il suo vicino blu. Quale potrebbe essere il motivo di tale cromo fobia nei confronti del verde all’interno del mosaico paesistico culturale? Quanto segue cercherà di rispondere a tale quesito, divenuto pressante in seguito all’ondata socioculturale che si avviluppa sempre più intorno a parole come ecologia, sostenibilità, eco compatibilità e così via.
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