L’idea dell’abitare, in Italia, è da tempo avvertita in modo separato da due culture, ormai lontanissime tra loro: quella degli addetti ai lavori, di chi progetta e produce i luoghi del risedere, da un lato e quella di chi, dall’altro lato, in questi luoghi vive. Intendiamo perciò porre l’accento non tanto sugli attuali temi del dibattito disciplinare, quanto su un aspetto ritenuto – a torto – marginale: l’immaginario estetico dell’utenza. Quali siano le aspettative, quale sia l’idea del bello che, in fine, si è andata consolidando. Poco si sente e si legge a riguardo, come se la nostra cultura volesse distogliere lo sguardo da una realtà che non può più essere ignorata. In modo pervasivo, da oltre trenta anni, in tutto il territorio nazionale, si è andato codificando una precisa idea dell’abitare, definita con propri canoni costruttivi e morfologici, affermata con una costanza ed una precisione di linguaggio che solo la distratta supponenza di una cultura disciplinare narcisistica e onfaloscopica ha ritenuto di poter trascurare. Di fatto dobbiamo riconoscere che la casa con archetti e timpani con colonne e parapetti rustici con inserti in ferro, con merli e cornici, colorata e debitamente listata, illuminata da sferici lampioni e arredata con mobili in massello di legno, la casa che si avvale dei paraphernalia del post Modern, utilizzandone i cascami e avvalendosi di manovalanze multietniche che conservano un vago ricordo di regole d’arte ormai desueta, ebbene questa idea di casa, questa idea di bello è quella che ha stravinto.

La Casa bella nella cultura popolare

GIANI, ESTHER;CARNEVALE, GIANCARLO
2012-01-01

Abstract

L’idea dell’abitare, in Italia, è da tempo avvertita in modo separato da due culture, ormai lontanissime tra loro: quella degli addetti ai lavori, di chi progetta e produce i luoghi del risedere, da un lato e quella di chi, dall’altro lato, in questi luoghi vive. Intendiamo perciò porre l’accento non tanto sugli attuali temi del dibattito disciplinare, quanto su un aspetto ritenuto – a torto – marginale: l’immaginario estetico dell’utenza. Quali siano le aspettative, quale sia l’idea del bello che, in fine, si è andata consolidando. Poco si sente e si legge a riguardo, come se la nostra cultura volesse distogliere lo sguardo da una realtà che non può più essere ignorata. In modo pervasivo, da oltre trenta anni, in tutto il territorio nazionale, si è andato codificando una precisa idea dell’abitare, definita con propri canoni costruttivi e morfologici, affermata con una costanza ed una precisione di linguaggio che solo la distratta supponenza di una cultura disciplinare narcisistica e onfaloscopica ha ritenuto di poter trascurare. Di fatto dobbiamo riconoscere che la casa con archetti e timpani con colonne e parapetti rustici con inserti in ferro, con merli e cornici, colorata e debitamente listata, illuminata da sferici lampioni e arredata con mobili in massello di legno, la casa che si avvale dei paraphernalia del post Modern, utilizzandone i cascami e avvalendosi di manovalanze multietniche che conservano un vago ricordo di regole d’arte ormai desueta, ebbene questa idea di casa, questa idea di bello è quella che ha stravinto.
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