Non ha più la corsa slanciata d’un tempo, la locomotiva del Nord-Est. Ha corso velocemente, ma non ha saputo nello stesso tempo adeguare il motore alle nuove esigenze della competizione. Oggi le aree produttive e distrettuali di più antica formazione hanno subito processi di parziale dismissione o rilocalizzazione. Le imprese che non attraversano segnali di grave crisi, spesso già internazionalizzate e con una dimensione aziendale consistente, hanno scelto di trasferire la produzione all’estero, sperando in vantaggi sotto l’aspetto dell’ambiente fiscale e amministrativo. Molti imprenditori continuano a sentirsi abbandonati dallo Stato e lamentano la mancanza di riforme strutturali. Nelle aree del Nord-Est che sono state soggette al processo di internazionalizzazione, il sistema economico ha dimostrato un certo grado di flessibilità nell’adattarsi ai cambiamenti della domanda di lavoro, ma il futuro permane incerto. Nessuno avrebbe potuto immaginare che l’area traino del dinamismo economico del Paese, soprattutto nell’export e nei prodotti del made in Italy, potesse avviarsi verso una spirale di crescente debolezza. La coscienza di aver sviluppato forme di successo dal punto di vista imprenditoriale ha fatto sì che si sia creata una sorta di presunzione di essere indenni da problemi, che ha generato isolamento e incapacità nel cogliere segnali di cambiamento provenienti dal mercato. Il “piccolo è bello” non basta più. La sfida principale si gioca sul fronte dell’internazionalizzazione: da un lato, le aziende sono chiamate a proiettarsi sempre con maggior decisione sui mercati internazionali, scegliendo strategie di prodotto coerenti con lo sviluppo della domanda mondiale; dall’altro associazioni, enti ed istituzioni sono chiamati ad un grande sforzo per accompagnare queste imprese nel loro tragitto offrendo loro agevolazioni e servizi finanziari, di marketing, logistici, ecc. Le nuove sfide imposte dalla globalizzazione dei mercati inducono a ritenere che la lunga fase spontaneistica della vita dei distretti si avvii alla conclusione: il periodo che si apre dovrà comportare un potenziamento che passi attraverso adeguate misure di politiche pubbliche. A partire dai primi anni Novanta, e più recentemente con la crisi economica degli ultimi anni, le imprese che hanno incrementato le proprie attività, quando non hanno scelto la strada di trasferire la produzione all’estero, si sono spesso spostate all’interno di nuove aree industriali (talvolta anche in altre aree città o altri territori) di più recente realizzazione, in lotti di maggiori dimensioni, meglio serviti dal punto di vista logistico. Per il loro carattere estensivo i paesaggi della piccola e media impresa ci pongono importanti questioni in termini progettuali. Si tratta di parti di territorio nelle quali si mescolano funzioni e processi produttivi, residenza e servizi. Forse uno dei pochi luoghi che riesce a riprodurre quella stratificazione funzionale che era propria della città storica, a dimostrare la possibilità di un effettivo superamento della logica dello zoning.

Il Nord-Est, nuove domande in tempi di crisi, “piccolo è bello” non basta più

GASTALDI, FRANCESCO
2013-01-01

Abstract

Non ha più la corsa slanciata d’un tempo, la locomotiva del Nord-Est. Ha corso velocemente, ma non ha saputo nello stesso tempo adeguare il motore alle nuove esigenze della competizione. Oggi le aree produttive e distrettuali di più antica formazione hanno subito processi di parziale dismissione o rilocalizzazione. Le imprese che non attraversano segnali di grave crisi, spesso già internazionalizzate e con una dimensione aziendale consistente, hanno scelto di trasferire la produzione all’estero, sperando in vantaggi sotto l’aspetto dell’ambiente fiscale e amministrativo. Molti imprenditori continuano a sentirsi abbandonati dallo Stato e lamentano la mancanza di riforme strutturali. Nelle aree del Nord-Est che sono state soggette al processo di internazionalizzazione, il sistema economico ha dimostrato un certo grado di flessibilità nell’adattarsi ai cambiamenti della domanda di lavoro, ma il futuro permane incerto. Nessuno avrebbe potuto immaginare che l’area traino del dinamismo economico del Paese, soprattutto nell’export e nei prodotti del made in Italy, potesse avviarsi verso una spirale di crescente debolezza. La coscienza di aver sviluppato forme di successo dal punto di vista imprenditoriale ha fatto sì che si sia creata una sorta di presunzione di essere indenni da problemi, che ha generato isolamento e incapacità nel cogliere segnali di cambiamento provenienti dal mercato. Il “piccolo è bello” non basta più. La sfida principale si gioca sul fronte dell’internazionalizzazione: da un lato, le aziende sono chiamate a proiettarsi sempre con maggior decisione sui mercati internazionali, scegliendo strategie di prodotto coerenti con lo sviluppo della domanda mondiale; dall’altro associazioni, enti ed istituzioni sono chiamati ad un grande sforzo per accompagnare queste imprese nel loro tragitto offrendo loro agevolazioni e servizi finanziari, di marketing, logistici, ecc. Le nuove sfide imposte dalla globalizzazione dei mercati inducono a ritenere che la lunga fase spontaneistica della vita dei distretti si avvii alla conclusione: il periodo che si apre dovrà comportare un potenziamento che passi attraverso adeguate misure di politiche pubbliche. A partire dai primi anni Novanta, e più recentemente con la crisi economica degli ultimi anni, le imprese che hanno incrementato le proprie attività, quando non hanno scelto la strada di trasferire la produzione all’estero, si sono spesso spostate all’interno di nuove aree industriali (talvolta anche in altre aree città o altri territori) di più recente realizzazione, in lotti di maggiori dimensioni, meglio serviti dal punto di vista logistico. Per il loro carattere estensivo i paesaggi della piccola e media impresa ci pongono importanti questioni in termini progettuali. Si tratta di parti di territorio nelle quali si mescolano funzioni e processi produttivi, residenza e servizi. Forse uno dei pochi luoghi che riesce a riprodurre quella stratificazione funzionale che era propria della città storica, a dimostrare la possibilità di un effettivo superamento della logica dello zoning.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11578/159891
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