Il tema dell’immagine nella cultura occidentale si palesa come centrale sin da epoche remote: il cardine prospettico e l’esigenza del realismo visivo hanno permeato di sé secoli di produzione iconografi ca, stabilendo un canone cui l’artista e, più in generale, colui che rappresenta si è sentito vicariamente vincolato. Ma l’immagine così costruita riesce ad assumere, nel complesso arco della storia della rappresentazione, un particolare signifi cato obliquo allorquando si pone in una condizione liminare, in cui non sempre appare chiaramente il suo signifi cato: scatenando meccanismi associativi, suscitando rimandi all’altro da sé, essa riesce a condurci in prossimità di una soglia oltre la quale compare epifanicamente il perturbante. Fruizioni stenopeiche, deformazioni improvvise, viraggi cromatici o semplicemente riduzioni “ad arte” di alcuni elementi di riconoscibilità ottica stravolgono la narrazione lineare e continua, associabile criticamente alla prospettiva, introducendo uno iato fruitivo e percettivo che consente di scardinarne il senso. Su questo gap semantico, presente tanto nelle espressioni fi gurative del passato che in quelle contemporanee, si misurano gli interventi raccolti in questo volume: da osservatori disciplinari diversifi cati, gli autori offrono spunti di rifl essione che spaziano dall’uso della prospettiva nell’opera di Duchamp, alla dimensione immaginativa e percettiva dell’immagine; dal ruolo che assenza e ombra giocano come elementi attivi nell’opera di Jorge Oteiza e di Claudio Parmiggiani, all’estetica della sparizione nella land art contemporanea; dall’idea di percorso mistico nella luce, per concludersi con un esame critico sullo statuto delle depravazioni prospettiche e sulla natura liminale del vuoto nella cultura estremo-orientale.
Danzando sul baratro: prospettiva come scacco della visione
DE ROSA, AGOSTINO
2014-01-01
Abstract
Il tema dell’immagine nella cultura occidentale si palesa come centrale sin da epoche remote: il cardine prospettico e l’esigenza del realismo visivo hanno permeato di sé secoli di produzione iconografi ca, stabilendo un canone cui l’artista e, più in generale, colui che rappresenta si è sentito vicariamente vincolato. Ma l’immagine così costruita riesce ad assumere, nel complesso arco della storia della rappresentazione, un particolare signifi cato obliquo allorquando si pone in una condizione liminare, in cui non sempre appare chiaramente il suo signifi cato: scatenando meccanismi associativi, suscitando rimandi all’altro da sé, essa riesce a condurci in prossimità di una soglia oltre la quale compare epifanicamente il perturbante. Fruizioni stenopeiche, deformazioni improvvise, viraggi cromatici o semplicemente riduzioni “ad arte” di alcuni elementi di riconoscibilità ottica stravolgono la narrazione lineare e continua, associabile criticamente alla prospettiva, introducendo uno iato fruitivo e percettivo che consente di scardinarne il senso. Su questo gap semantico, presente tanto nelle espressioni fi gurative del passato che in quelle contemporanee, si misurano gli interventi raccolti in questo volume: da osservatori disciplinari diversifi cati, gli autori offrono spunti di rifl essione che spaziano dall’uso della prospettiva nell’opera di Duchamp, alla dimensione immaginativa e percettiva dell’immagine; dal ruolo che assenza e ombra giocano come elementi attivi nell’opera di Jorge Oteiza e di Claudio Parmiggiani, all’estetica della sparizione nella land art contemporanea; dall’idea di percorso mistico nella luce, per concludersi con un esame critico sullo statuto delle depravazioni prospettiche e sulla natura liminale del vuoto nella cultura estremo-orientale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.