Si può parlare di architettura e retorica solo se si convenziona che l’architettura possa essere linguaggio e si riconosce ai progetti, alle opere, ai manufatti una qualità testuale. La linguistica testuale cioè quel settore della linguistica che studia non il linguaggio in sé come entità astratta, ma il testo inteso come processo intenzionale di impiego del linguaggio al fine di comprenderne la genesi ma anche le funzioni che ne determinano coesione e coerenza afferma che a) un linguaggio non viene usato per se stesso ma per ottenere un qualche effetto, b) che in quanto tale esso “non può essere sganciato come una struttura pura dalle finalità che motivano il soggetto” che lo mette in funzione e dalla situazione con la quale il soggetto intende interagire; c) che a partire da queste premesse “l’accettabilità di un testo non è solo una questione di corretta o buona formazione sintattica delle sue parti, ma si deve anche introdurre la questione dell’ appropriatezza” (J. S. SCHMIDT, Teoria del Testo. Bologna, 1982). Se a tutto ciò si riconosce un valore, bisogna allora anche essere consapevoli che un testo, qualsiasi sia la sua natura, non si precisa come un semplice processo di impiego del linguaggio, ma come un processo decisionale che obbliga il parlante - se vuole essere efficace - a operare continue scelte e performance fra le diverse possibilità di formare il testo offerte dal sistema linguistico e richieste dalla situazione. La retorica in quanto arte che si prefigge la persuasione attraverso la perfezione dell’opera intesa come appropriatezza è anche la scienza che per prima e per sua stessa necessità si impone l’obiettivo di studiare, razionalizzare, comprendere i momenti costitutivi di generazione di un testo. Considerando che l’esperienza architettonica non è generata dall’edificio come oggetto in sè ma è sempre situazionale (contestuale) e che la questione dell’appropriatezza è da sempre – per lo più sotto la doppia denominazione di decoro/carattere – una questione integrante anche del pensiero architettonico, l’apparato critico-strumentale che a partire da tali concetti la retorica ha messo a punto può rivelarsi di una certa utilità per descrivere la genesi di un testo architettonico, la sua processualità. In questa prospettiva, la lettura retorica del fatto architettonico, nel caso specifico rappresentato dalla versione A del progetto redatto dal gruppo Terragni, Lingeri, Vietti, Carminati, Saliva nel '34 in occasione del Concorso Nazionale per la costruzione Palazzo Littorio e della Mostra della Rivoluzione Fascista in Via dell’Impero a Roma, assumendo come punto di partenza le tre principali categorie generative che nella retorica regolano la produzione del testo – inventio (scelta tematica), dispositio (ordine strategico dell’espansione tematica), elocutio ( concretizzazione e caratterizzazione stilistica dei temi) - si precisa come ricerca e definizione dei dispositivi architettonici che assolvono la funzione ‘retorica’ di orientarne, caratterizzarne, regolarne, operativamente il processo generativo.

Architettura e retorica nell'opera di Giuseppe Terragni.

GALLO, ANTONELLA
2004-01-01

Abstract

Si può parlare di architettura e retorica solo se si convenziona che l’architettura possa essere linguaggio e si riconosce ai progetti, alle opere, ai manufatti una qualità testuale. La linguistica testuale cioè quel settore della linguistica che studia non il linguaggio in sé come entità astratta, ma il testo inteso come processo intenzionale di impiego del linguaggio al fine di comprenderne la genesi ma anche le funzioni che ne determinano coesione e coerenza afferma che a) un linguaggio non viene usato per se stesso ma per ottenere un qualche effetto, b) che in quanto tale esso “non può essere sganciato come una struttura pura dalle finalità che motivano il soggetto” che lo mette in funzione e dalla situazione con la quale il soggetto intende interagire; c) che a partire da queste premesse “l’accettabilità di un testo non è solo una questione di corretta o buona formazione sintattica delle sue parti, ma si deve anche introdurre la questione dell’ appropriatezza” (J. S. SCHMIDT, Teoria del Testo. Bologna, 1982). Se a tutto ciò si riconosce un valore, bisogna allora anche essere consapevoli che un testo, qualsiasi sia la sua natura, non si precisa come un semplice processo di impiego del linguaggio, ma come un processo decisionale che obbliga il parlante - se vuole essere efficace - a operare continue scelte e performance fra le diverse possibilità di formare il testo offerte dal sistema linguistico e richieste dalla situazione. La retorica in quanto arte che si prefigge la persuasione attraverso la perfezione dell’opera intesa come appropriatezza è anche la scienza che per prima e per sua stessa necessità si impone l’obiettivo di studiare, razionalizzare, comprendere i momenti costitutivi di generazione di un testo. Considerando che l’esperienza architettonica non è generata dall’edificio come oggetto in sè ma è sempre situazionale (contestuale) e che la questione dell’appropriatezza è da sempre – per lo più sotto la doppia denominazione di decoro/carattere – una questione integrante anche del pensiero architettonico, l’apparato critico-strumentale che a partire da tali concetti la retorica ha messo a punto può rivelarsi di una certa utilità per descrivere la genesi di un testo architettonico, la sua processualità. In questa prospettiva, la lettura retorica del fatto architettonico, nel caso specifico rappresentato dalla versione A del progetto redatto dal gruppo Terragni, Lingeri, Vietti, Carminati, Saliva nel '34 in occasione del Concorso Nazionale per la costruzione Palazzo Littorio e della Mostra della Rivoluzione Fascista in Via dell’Impero a Roma, assumendo come punto di partenza le tre principali categorie generative che nella retorica regolano la produzione del testo – inventio (scelta tematica), dispositio (ordine strategico dell’espansione tematica), elocutio ( concretizzazione e caratterizzazione stilistica dei temi) - si precisa come ricerca e definizione dei dispositivi architettonici che assolvono la funzione ‘retorica’ di orientarne, caratterizzarne, regolarne, operativamente il processo generativo.
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