La forma di ogni edificio è sempre il risultato di un complesso sistema di equilibri, ma nell’architettura industriale le ragioni dell’uso e quelle della economia (di costruzione, di manutenzione), prevalgono su quelle del comfort, sulle aspirazioni estetiche. Vi sono edifici, tra quelli ancora oggi esistenti a Porto Marghera che, seppur in abbandono, rivelano una loro straordinaria qualità. Proprio nell’interruzione dell’uso, nella sospensione che precede quasi sempre l’abbattimento e solo raramente il riutilizzo, ebbene proprio in questa condizione di attesa, di straniamento, gli edifici industriali appaiono come oggetti di valore insospettabile. Innanzi tutto la scala: le dimensioni di un silos, ad esempio, o di un capannone vuoto, rimandano a spazialità eccezionali, come quelle di una cattedrale, di una sala assembleare. Il grande vano unico, il vuoto segnato dal ripetersi delle nervature (ad esempio in uno dei tanti edifici lineari), la scarsa illuminazione naturale, la proporzione degli elementi strutturali, le grandi luci libere tra gli appoggi, rendono questi spazi interni singolari, quasi imponenti nel suggerire potenziali recuperi e riabilitazioni. Se poi consideriamo la qualità di queste costruzioni restiamo sorpresi: a volte si tratta di edifici realizzati ancora negli anni Settanta o addirittura successivi, quindi non possiamo rifugiarci nelle considerazioni – un po’ scontate – che tendevano ad attribuire superiori abilità alla mano d’opera di un tempo lontano.

La forma necessaria di un paesaggio industrale: Porto Marghera e Venezia

GIANI, ESTHER;CARNEVALE, GIANCARLO
2010-01-01

Abstract

La forma di ogni edificio è sempre il risultato di un complesso sistema di equilibri, ma nell’architettura industriale le ragioni dell’uso e quelle della economia (di costruzione, di manutenzione), prevalgono su quelle del comfort, sulle aspirazioni estetiche. Vi sono edifici, tra quelli ancora oggi esistenti a Porto Marghera che, seppur in abbandono, rivelano una loro straordinaria qualità. Proprio nell’interruzione dell’uso, nella sospensione che precede quasi sempre l’abbattimento e solo raramente il riutilizzo, ebbene proprio in questa condizione di attesa, di straniamento, gli edifici industriali appaiono come oggetti di valore insospettabile. Innanzi tutto la scala: le dimensioni di un silos, ad esempio, o di un capannone vuoto, rimandano a spazialità eccezionali, come quelle di una cattedrale, di una sala assembleare. Il grande vano unico, il vuoto segnato dal ripetersi delle nervature (ad esempio in uno dei tanti edifici lineari), la scarsa illuminazione naturale, la proporzione degli elementi strutturali, le grandi luci libere tra gli appoggi, rendono questi spazi interni singolari, quasi imponenti nel suggerire potenziali recuperi e riabilitazioni. Se poi consideriamo la qualità di queste costruzioni restiamo sorpresi: a volte si tratta di edifici realizzati ancora negli anni Settanta o addirittura successivi, quindi non possiamo rifugiarci nelle considerazioni – un po’ scontate – che tendevano ad attribuire superiori abilità alla mano d’opera di un tempo lontano.
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