Caos, turbolenza e nuvole dovrebbero essere aspetti dei quali diffidare, o perlomeno stare molto attenti, tranne quando essi rappresentano alcuni assunti fondamentali della nostra vita contemporanea. Tutte le regole vigenti solo qualche tempo fa sembrano essere state polverizzate sotto la pressione della contemporaneità. L’ambiente antropizzato contemporaneo non può tendere ad obbedire a condizioni che propendono per l’uso di colori “puristi” (bianco o acromatici come nelle opere dei SANAA, Meyer, ecc.) o geometrie semplicistiche, se non a volte banali, che preferiscono la linearità, regolarità, certezza delle regole, bensì propende perché queste ultime siano fatte a pezzi. Una società che si sostanzia dentro uno stato di crisi costante non esplicita alcun processo regolare, ma si nutre di complessità e di riposizionamenti. Le regole sono un intralcio alla mutazione costante. I colori che si riferiscono al nostro paesaggio contemporaneo sono ambivalenti. Essi sono freddi, grigi o blu, poco amichevoli e distaccati. Da una parte essi si riferiscono agli edifici rivestiti di lastre di vetro o a pelli metalliche, che rappresentano il dominio tecnologico sul progetto di architettura (Gehry, Foster, Ned Kahn, ecc.). Quindi una parte della contemporaneità sembra essere asettica, dove la sopravvivenza degli organismi è fortemente messa a rischio. Ma questo non è il solo messaggio che proviene dal mondo contemporaneo. Il paesaggio tecnologico è accuratamente mascherato sotto rivestimenti di facciata capaci di produrre qualunque effetto, fortemente colorati di giorno e di notte. Il messaggio prioritario che esce da questi nuovi landmark è funzionale alla privazione del tempo necessario per pensare e consentire a una moltitudine di umanità di spendere la propria esistenza all’interno di rigide regole difficili da rispettare. Pertanto la trasgressione è divenuta regola. Questo paesaggio di città colorate e illuminate costituisce un’evidenza per un altro modo di progettare e usare il colore, dove il paesaggio cromatico, qui definito come Chromoland, riserva una grande enfasi all’uso culturale del colore e della luce (come fano Herzog&DeMeuron, Sauerbruch&Hutton, Miralles&Tagliabue, etc). Ma a latere vi sono le manifestazioni di protesta che vanno dagli hacker, ai graffitari, writers, e progettisti anomali, se così si possono chiamare. Quindi i colore e la luce costituiscono un motivo di comunicazione impareggiabile per l’epoca della comunicazione globale. Un nuovo modo di usare il colore è assunto da molte ideologie per rappresentare i loro ideali (ad es. il green design: simulano la parte sottotono dei colori naturali). Insomma il paesaggio cromatico contemporaneo è capace di sintetizzare i processi evolutivi che sottendono il nostro Zeitgeist, lo spirito del nostro tempo. Il paper sintetizzerà alcuni risultati ottenuti all’interno dell’Unità di ricerca Colore e luce in architettura dell’Università Iuav di Venezia riguardanti alcune tematiche suaccennate.
CHROMOLAND. IL COLORE CONTEMPORANEO
ZENNARO, PIETRO
2014-01-01
Abstract
Caos, turbolenza e nuvole dovrebbero essere aspetti dei quali diffidare, o perlomeno stare molto attenti, tranne quando essi rappresentano alcuni assunti fondamentali della nostra vita contemporanea. Tutte le regole vigenti solo qualche tempo fa sembrano essere state polverizzate sotto la pressione della contemporaneità. L’ambiente antropizzato contemporaneo non può tendere ad obbedire a condizioni che propendono per l’uso di colori “puristi” (bianco o acromatici come nelle opere dei SANAA, Meyer, ecc.) o geometrie semplicistiche, se non a volte banali, che preferiscono la linearità, regolarità, certezza delle regole, bensì propende perché queste ultime siano fatte a pezzi. Una società che si sostanzia dentro uno stato di crisi costante non esplicita alcun processo regolare, ma si nutre di complessità e di riposizionamenti. Le regole sono un intralcio alla mutazione costante. I colori che si riferiscono al nostro paesaggio contemporaneo sono ambivalenti. Essi sono freddi, grigi o blu, poco amichevoli e distaccati. Da una parte essi si riferiscono agli edifici rivestiti di lastre di vetro o a pelli metalliche, che rappresentano il dominio tecnologico sul progetto di architettura (Gehry, Foster, Ned Kahn, ecc.). Quindi una parte della contemporaneità sembra essere asettica, dove la sopravvivenza degli organismi è fortemente messa a rischio. Ma questo non è il solo messaggio che proviene dal mondo contemporaneo. Il paesaggio tecnologico è accuratamente mascherato sotto rivestimenti di facciata capaci di produrre qualunque effetto, fortemente colorati di giorno e di notte. Il messaggio prioritario che esce da questi nuovi landmark è funzionale alla privazione del tempo necessario per pensare e consentire a una moltitudine di umanità di spendere la propria esistenza all’interno di rigide regole difficili da rispettare. Pertanto la trasgressione è divenuta regola. Questo paesaggio di città colorate e illuminate costituisce un’evidenza per un altro modo di progettare e usare il colore, dove il paesaggio cromatico, qui definito come Chromoland, riserva una grande enfasi all’uso culturale del colore e della luce (come fano Herzog&DeMeuron, Sauerbruch&Hutton, Miralles&Tagliabue, etc). Ma a latere vi sono le manifestazioni di protesta che vanno dagli hacker, ai graffitari, writers, e progettisti anomali, se così si possono chiamare. Quindi i colore e la luce costituiscono un motivo di comunicazione impareggiabile per l’epoca della comunicazione globale. Un nuovo modo di usare il colore è assunto da molte ideologie per rappresentare i loro ideali (ad es. il green design: simulano la parte sottotono dei colori naturali). Insomma il paesaggio cromatico contemporaneo è capace di sintetizzare i processi evolutivi che sottendono il nostro Zeitgeist, lo spirito del nostro tempo. Il paper sintetizzerà alcuni risultati ottenuti all’interno dell’Unità di ricerca Colore e luce in architettura dell’Università Iuav di Venezia riguardanti alcune tematiche suaccennate.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.