L'articolo muove dall'assunzione che il diversificato sviluppo territoriale del Nord industriale e quello dell’asta del Po non condividano affatto lo stesso destino. Non si tratta solo di storia recente, portata alla ribalta dall’enfasi che i mezzi di comunicazione dedicano alle cosiddette ‘calamità naturali’. Al contrario, i processi e le politiche economiche di sviluppo territoriale e quelli di gestione dei corsi d’acqua si sono evoluti in modi assai divergenti. Lo sviluppo economico dell’Italia postunitaria ha avuto bisogno dei corsi d’acqua per derivare l’energia necessaria agli emergenti processi di industrializzazione nazionale; le politiche agrarie, attuate attraverso grandi interventi di bonifica, hanno sottratto terre umide e paludi ai fiumi per sostenere gli interessi dei latifondisti. Come vedremo brevemente di seguito, tutto ciò è avvenuto spesso attraverso logiche corporative e predatorie, perché lo sviluppo economico e infrastrutturale della Padania è avvenuto tenendosi sempre a debita distanza da un elemento naturale che era percepito più come un problema generale che come una risorsa plurima. Nella seconda parte di questo contributo cercheremo di districare l’intrecciato groviglio di motivazioni che ci restituiscono lo stato attuale del fiume e ci aiutano a comprendere le cause per le quali lo sviluppo economico, sociale e industriale della Megalopoli padana è avvenuto talvolta per mezzo del Po, molto spesso malgrado il Po, ma raramente a favore del Po. Una sintetica ricostruzione delle vicende appare necessaria per considerare con il dovuto realismo i problemi che si incontrano per la formulazione di una politica integrata per il bacino idrografico del fiume Po – un modo di governance territoriale – entro un quadro esplicativo capace di tenere conto delle ragioni storiche che innervano i processi politici, economici e sociali che si sono succeduti nel tempo lungo le sponde del principale corso d’acqua nazionale.

La governance di un territorio plurale. Sviluppo locale e nuove soggettività nella Media Valle del Po

BORELLI, GUIDO
2009-01-01

Abstract

L'articolo muove dall'assunzione che il diversificato sviluppo territoriale del Nord industriale e quello dell’asta del Po non condividano affatto lo stesso destino. Non si tratta solo di storia recente, portata alla ribalta dall’enfasi che i mezzi di comunicazione dedicano alle cosiddette ‘calamità naturali’. Al contrario, i processi e le politiche economiche di sviluppo territoriale e quelli di gestione dei corsi d’acqua si sono evoluti in modi assai divergenti. Lo sviluppo economico dell’Italia postunitaria ha avuto bisogno dei corsi d’acqua per derivare l’energia necessaria agli emergenti processi di industrializzazione nazionale; le politiche agrarie, attuate attraverso grandi interventi di bonifica, hanno sottratto terre umide e paludi ai fiumi per sostenere gli interessi dei latifondisti. Come vedremo brevemente di seguito, tutto ciò è avvenuto spesso attraverso logiche corporative e predatorie, perché lo sviluppo economico e infrastrutturale della Padania è avvenuto tenendosi sempre a debita distanza da un elemento naturale che era percepito più come un problema generale che come una risorsa plurima. Nella seconda parte di questo contributo cercheremo di districare l’intrecciato groviglio di motivazioni che ci restituiscono lo stato attuale del fiume e ci aiutano a comprendere le cause per le quali lo sviluppo economico, sociale e industriale della Megalopoli padana è avvenuto talvolta per mezzo del Po, molto spesso malgrado il Po, ma raramente a favore del Po. Una sintetica ricostruzione delle vicende appare necessaria per considerare con il dovuto realismo i problemi che si incontrano per la formulazione di una politica integrata per il bacino idrografico del fiume Po – un modo di governance territoriale – entro un quadro esplicativo capace di tenere conto delle ragioni storiche che innervano i processi politici, economici e sociali che si sono succeduti nel tempo lungo le sponde del principale corso d’acqua nazionale.
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