Il capitolo traccia la storia della nascita del giardino pensile dalle origini alle fasi di teorizzazione delle sue potenzialità tecniche e formali negli anni del Movimento Moderno. La storia antica ci ha lasciato testimonianza dell’esistenza dei giardini pensili come eccezioni sorprendenti, divenuti nei secoli sempre più diffusi, sorta di hortus conclusus a cielo aperto, fino a trasformarsi con il Movimento Moderno in uno spazio da disegnare per il nuovo cittadino della modernità e consentirgli un rapporto con la natura che la vita urbana gli aveva sottratto. Un riscatto che ha diversi interpreti: per Le Corbusier è occasione di progetto di architetture, immerse nel paesaggio o urbane, in cui declina una “nuova estetica del costruire”, recuperando lo spazio sottratto dall’intera superficie costruita; per Hennebique e Perret la dimostrazione delle potenzialità del calcestruzzo armato, e per Luigi Figini la reinterpretazione del cortile-patio. Il tetto piano reso possibile dalla diffusione del calcestruzzo non rimarrà a lungo protetto da piante e fiori per rigenerare la stanchezza del lavoratore e della sua famiglia, restituendogli quel po’ di vegetazione che il cemento sta togliendo alle città. La casa che restringe le sue dimensioni troverà in terrazze e balconi, e ancora più sui tetti, quegli spazi funzionali che la contrazione le ha tolto e presto arriveranno gli impianti tecnologici, con le loro ingombranti protuberanze, a nutrirsi di ogni superficie disponibile, colonizzando le coperture. 8 Ma dopo l’oblio degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, gli ultimi due decenni sono contraddistinti da un nuovo interesse per l’integrazione della vegetazione nel progetto architettonico. Coperture e facciate sono diventate superfici da inverdire e coltivare in nome della sostenibilità del pianeta.

Piccola storia dei giardini pensili

TATANO, VALERIA
2014-01-01

Abstract

Il capitolo traccia la storia della nascita del giardino pensile dalle origini alle fasi di teorizzazione delle sue potenzialità tecniche e formali negli anni del Movimento Moderno. La storia antica ci ha lasciato testimonianza dell’esistenza dei giardini pensili come eccezioni sorprendenti, divenuti nei secoli sempre più diffusi, sorta di hortus conclusus a cielo aperto, fino a trasformarsi con il Movimento Moderno in uno spazio da disegnare per il nuovo cittadino della modernità e consentirgli un rapporto con la natura che la vita urbana gli aveva sottratto. Un riscatto che ha diversi interpreti: per Le Corbusier è occasione di progetto di architetture, immerse nel paesaggio o urbane, in cui declina una “nuova estetica del costruire”, recuperando lo spazio sottratto dall’intera superficie costruita; per Hennebique e Perret la dimostrazione delle potenzialità del calcestruzzo armato, e per Luigi Figini la reinterpretazione del cortile-patio. Il tetto piano reso possibile dalla diffusione del calcestruzzo non rimarrà a lungo protetto da piante e fiori per rigenerare la stanchezza del lavoratore e della sua famiglia, restituendogli quel po’ di vegetazione che il cemento sta togliendo alle città. La casa che restringe le sue dimensioni troverà in terrazze e balconi, e ancora più sui tetti, quegli spazi funzionali che la contrazione le ha tolto e presto arriveranno gli impianti tecnologici, con le loro ingombranti protuberanze, a nutrirsi di ogni superficie disponibile, colonizzando le coperture. 8 Ma dopo l’oblio degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, gli ultimi due decenni sono contraddistinti da un nuovo interesse per l’integrazione della vegetazione nel progetto architettonico. Coperture e facciate sono diventate superfici da inverdire e coltivare in nome della sostenibilità del pianeta.
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