Il contributo rilegge il progetto non realizzato dei BBPR per il Restauro e sopralzo dell'incompiuta Ca’ Venier dei Leoni per la Galleria di Peggy Guggenheim, del 1951, indagandone il tema di fondo: la giustapposizione tra il basamento bugnato in pietra d’Istria esistente e il nuovo intervento che si sovrappone a esso, sostenuto da strutture in arretramento rispetto al fronte sul Canal Grande, in modo da apparire sospeso rispetto al frammento realizzato del podio settecentesco. Il basamento murario viene evidentemente trattato come uno strato archeologico, che viene coinvolto nel nuovo progetto complessivo ma rispetto al quale il nuovo intervento intende sottolineare, tramite il distacco nello spazio, una distanza nel tempo che appare ormai storicamente incolmabile. Tale distanza viene rimarcata nella differente natura dei materiali e delle tecniche costruttive adottate per il completamento del Palazzo, nella nuova parte da realizzare in elevazione, che presenta comunque – nelle varie versioni del progetto – elementi architettonici di natura radicalmente antitetica alla costruzione massiva del basamento stereotomico esistente. Si tratta di elementi costruttivo/figurativi chiaramente riconducibili al Neues Bauen, caratterizzati da una leggera struttura – costituita da esili colonne a supporto di sottili solette orizzontali – che sostiene volumi sospesi, rivestiti da superfici tendenti alla smaterializzazione: trasparenti in vetro (con eventuali connesse schermature esterne a graticcio, come nella trama marmorea dell'ultima versione del progetto, con tessitura che rimanda ai motivi geometrici delle superfici di facciata di Palazzo Ducale), ovvero opache lapidee (comunque chiaramente rappresentate come strato di rivestimento sospeso). Appare inevitabile il confronto con una serie di figure chiave che attraversano la ricerca di una simile nuova possibile forma di composizione dialettica nel Moderno, a partire da uno dei temi fondativi dell’indagine teorico-sperimentale volta a ritrovare una compiuta espressione in forma artistica per i nuovi elementi costruttivi che si impongono nell’architettura nel corso dell’Ottocento: il tema della permanenza del recinto murario – che tende a perdere valore strutturale portante – rispetto al quale nuove intelaiature di natura propriamente tettonica (nel senso ristretto del termine, come definito da Semper in Der Stil) si affiancano in forma di sale ipostile indipendenti e incluse: si pensi alle biblioteche di Labrouste o alla riflessione teorica di Viollet-le-Duc. Queste impalcature strutturali si rendono peraltro disponibili al sostegno di pure superfici di “rivestimento” spaziale, in senso semperiano: tessili/atettonici velari di copertura e involucri di facciata smaterializzati, in forma di “tappeti sospesi”, che tendono a emergere in lieve distacco, senza toccare il podio/corte muraria cui si affiancano o sovrappongono, per manifestare la nuova autonomia costruttiva della figura del riparo "pelle e ossa". È anche il tema di una possibile differente espressione del rapporto tra basamento bugnato come “opera di natura” ed elevazione come “opera di artefice”, a fronte della quale agli ordini rinascimentali, rappresentati come fondati sulla sostruzione muraria, si sostituisce una interpretazione radicalmente nuova – e tuttavia analoga – della stessa figura tettonica. D’altro canto si tratta di temi che, proprio negli anni del progetto dei BBPR per Peggy Guggenheim, costituiscono un campo di sperimentazione per molti architetti: la centralità di queste tematiche nel secondo dopoguerra italiano mostra in particolare una diffusa rinnovata sensibilità per la figura della rovina artificiale – ancestrale preesistenza progettata, rappresentata come casuale reperto frammentario – non priva di venature tendenti all’arcaismo, al primitivismo. Il contributo è accompagnato nello stesso volume da due schede di catalogo – con la riproduzione di una serie di elaborati progettuali conservati all’Archivio Progetti Iuav e di riferimenti bibliografici specifici – dedicate rispettivamente: al progetto BBPR per Ca’ Venier dei Leoni del 1951; agli elaborati di concorso sul medesimo caso studio, presentati alla mostra "Progetto Venezia" alla III Biennale di Architettura del 1985, diretta da Aldo Rossi.

"Opera di natura" e "opera di artefice": il podio murario come strato archeologico e il tappeto sospeso

Doimo, Martino
2018-01-01

Abstract

Il contributo rilegge il progetto non realizzato dei BBPR per il Restauro e sopralzo dell'incompiuta Ca’ Venier dei Leoni per la Galleria di Peggy Guggenheim, del 1951, indagandone il tema di fondo: la giustapposizione tra il basamento bugnato in pietra d’Istria esistente e il nuovo intervento che si sovrappone a esso, sostenuto da strutture in arretramento rispetto al fronte sul Canal Grande, in modo da apparire sospeso rispetto al frammento realizzato del podio settecentesco. Il basamento murario viene evidentemente trattato come uno strato archeologico, che viene coinvolto nel nuovo progetto complessivo ma rispetto al quale il nuovo intervento intende sottolineare, tramite il distacco nello spazio, una distanza nel tempo che appare ormai storicamente incolmabile. Tale distanza viene rimarcata nella differente natura dei materiali e delle tecniche costruttive adottate per il completamento del Palazzo, nella nuova parte da realizzare in elevazione, che presenta comunque – nelle varie versioni del progetto – elementi architettonici di natura radicalmente antitetica alla costruzione massiva del basamento stereotomico esistente. Si tratta di elementi costruttivo/figurativi chiaramente riconducibili al Neues Bauen, caratterizzati da una leggera struttura – costituita da esili colonne a supporto di sottili solette orizzontali – che sostiene volumi sospesi, rivestiti da superfici tendenti alla smaterializzazione: trasparenti in vetro (con eventuali connesse schermature esterne a graticcio, come nella trama marmorea dell'ultima versione del progetto, con tessitura che rimanda ai motivi geometrici delle superfici di facciata di Palazzo Ducale), ovvero opache lapidee (comunque chiaramente rappresentate come strato di rivestimento sospeso). Appare inevitabile il confronto con una serie di figure chiave che attraversano la ricerca di una simile nuova possibile forma di composizione dialettica nel Moderno, a partire da uno dei temi fondativi dell’indagine teorico-sperimentale volta a ritrovare una compiuta espressione in forma artistica per i nuovi elementi costruttivi che si impongono nell’architettura nel corso dell’Ottocento: il tema della permanenza del recinto murario – che tende a perdere valore strutturale portante – rispetto al quale nuove intelaiature di natura propriamente tettonica (nel senso ristretto del termine, come definito da Semper in Der Stil) si affiancano in forma di sale ipostile indipendenti e incluse: si pensi alle biblioteche di Labrouste o alla riflessione teorica di Viollet-le-Duc. Queste impalcature strutturali si rendono peraltro disponibili al sostegno di pure superfici di “rivestimento” spaziale, in senso semperiano: tessili/atettonici velari di copertura e involucri di facciata smaterializzati, in forma di “tappeti sospesi”, che tendono a emergere in lieve distacco, senza toccare il podio/corte muraria cui si affiancano o sovrappongono, per manifestare la nuova autonomia costruttiva della figura del riparo "pelle e ossa". È anche il tema di una possibile differente espressione del rapporto tra basamento bugnato come “opera di natura” ed elevazione come “opera di artefice”, a fronte della quale agli ordini rinascimentali, rappresentati come fondati sulla sostruzione muraria, si sostituisce una interpretazione radicalmente nuova – e tuttavia analoga – della stessa figura tettonica. D’altro canto si tratta di temi che, proprio negli anni del progetto dei BBPR per Peggy Guggenheim, costituiscono un campo di sperimentazione per molti architetti: la centralità di queste tematiche nel secondo dopoguerra italiano mostra in particolare una diffusa rinnovata sensibilità per la figura della rovina artificiale – ancestrale preesistenza progettata, rappresentata come casuale reperto frammentario – non priva di venature tendenti all’arcaismo, al primitivismo. Il contributo è accompagnato nello stesso volume da due schede di catalogo – con la riproduzione di una serie di elaborati progettuali conservati all’Archivio Progetti Iuav e di riferimenti bibliografici specifici – dedicate rispettivamente: al progetto BBPR per Ca’ Venier dei Leoni del 1951; agli elaborati di concorso sul medesimo caso studio, presentati alla mostra "Progetto Venezia" alla III Biennale di Architettura del 1985, diretta da Aldo Rossi.
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