Dall’alluvione di Firenze in poi i termini “urgenza”, “straordinario”, “eccezionale” vengono spesso utilizzati per commentare i fatti di cronaca – dai terremoti, alle alluvioni, alle siccità – che colpiscono con cadenza regolare il territorio italiano. Ma questi termini ormai familiari, cui si associano spesso quelli di “catastrofe”, “emergenza”, “tragedia”, quando riferiti ai fenomeni che riguardano il territorio e la città, non sono mai neutri. Se impiegati all’indomani di tragedie rimandano ad un orientamento culturale che ha radici profonde. Essi fanno diversamente riferimento ad una retorica dell’emergenza dietro le cui pieghe si situano alcune diffuse politiche di governo territoriale che in Italia, almeno a partire dal secondo dopoguerra, tendono a situare il progetto di cura del territorio entro condizioni straordinarie e rimediali. L’urgenza e l’emergenza sono nemiche del progetto, della previsione e della programmazione. Secondo Prezzolini l’Italia del dopoguerra è un “paese fragile” non solo perché “un paese che lascia invadere dall'acqua di un fiumiciattolo un museo come Firenze e un cantiere come Biella” ma perché un Paese piegato dalla burocrazia, dalla mancanza di visione progettuale, dalla mediocrità della classe politica. Soprattutto le retoriche dell’emergenza tendono ad occultare il vero carattere del territorio italiano, per natura instabile, fragile e per la maggior parte della sua superficie, abitabile con grande difficoltà. Con un approccio che spesso sconfina nell’ecofobia, le retoriche dell’emergenza affidano alla natura carnefice ed imprevedibile le responsabilità per le devastazioni che colpiscono un territorio trascurato e malgovernato. Le retoriche dell’emergenza manifestano la mancanza di una visione al futuro che aveva purtuttavia caratterizzato secoli di minuziosa infrastrutturazione (e manutenzione) del Paese.

Un paese fragile

fabian lorenzo
2017-01-01

Abstract

Dall’alluvione di Firenze in poi i termini “urgenza”, “straordinario”, “eccezionale” vengono spesso utilizzati per commentare i fatti di cronaca – dai terremoti, alle alluvioni, alle siccità – che colpiscono con cadenza regolare il territorio italiano. Ma questi termini ormai familiari, cui si associano spesso quelli di “catastrofe”, “emergenza”, “tragedia”, quando riferiti ai fenomeni che riguardano il territorio e la città, non sono mai neutri. Se impiegati all’indomani di tragedie rimandano ad un orientamento culturale che ha radici profonde. Essi fanno diversamente riferimento ad una retorica dell’emergenza dietro le cui pieghe si situano alcune diffuse politiche di governo territoriale che in Italia, almeno a partire dal secondo dopoguerra, tendono a situare il progetto di cura del territorio entro condizioni straordinarie e rimediali. L’urgenza e l’emergenza sono nemiche del progetto, della previsione e della programmazione. Secondo Prezzolini l’Italia del dopoguerra è un “paese fragile” non solo perché “un paese che lascia invadere dall'acqua di un fiumiciattolo un museo come Firenze e un cantiere come Biella” ma perché un Paese piegato dalla burocrazia, dalla mancanza di visione progettuale, dalla mediocrità della classe politica. Soprattutto le retoriche dell’emergenza tendono ad occultare il vero carattere del territorio italiano, per natura instabile, fragile e per la maggior parte della sua superficie, abitabile con grande difficoltà. Con un approccio che spesso sconfina nell’ecofobia, le retoriche dell’emergenza affidano alla natura carnefice ed imprevedibile le responsabilità per le devastazioni che colpiscono un territorio trascurato e malgovernato. Le retoriche dell’emergenza manifestano la mancanza di una visione al futuro che aveva purtuttavia caratterizzato secoli di minuziosa infrastrutturazione (e manutenzione) del Paese.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11578/273676
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact