Nel contributo viene ricostruito il percorso critico-interpretativo che, nel corso di una riflessione sulle forme e sul ruolo del piano, avviata negli anni Ottanta, una fase tra le più proficue del dibattito urbanistico, ha consentito a un gruppo di studiosi e ricercatori di giungere a delineare forma e contenuto di un nuovo dispositivo di piano, in grado di ridare efficacia e legittimazione sociale all'azione urbanistica. Procedendo da una attenta riflessione sullo stato dell'arte e sui contenuti del livello medio di pianificazione, progressivamente caratterizzati da un processo di burocratizzazione, nella prospettiva della definizione di una nuova forma di piano, individuata nella pianificazione flessibile, la proposta emersa da quel dibattito aveva enucleato alcuni punti fermi. Tra questi una rinnovata capacità del progetto urbanistico di incidere sulla qualità e sugli esiti formali delle trasformazioni urbane agendo sulla struttura, attraverso la definizione delle componenti morfologico-strutturali del sistema insediato e la messa a punto di criteri relativi ai sistemi di coerenza che avrebbero dovuto legare tra loro le varie parti e queste con l'insieme. Seguiva la necessità di riconoscere, attraverso opportuni criteri di identificazione, le diverse forme di disagio sociale connesse all'abitare, all'accessibilità, alla distribuzione spaziale e alla qualità dell'infrastruttura sociale al fine di perseguire, con opportune scelte di piano, una maggiore giustizia distributiva. Viene, inoltre, sottolineato come, trascorso un decennio da quella riflessione la proposta presentata dall'INU di una nuova forma di piano, articolata in due componenti (strutturale e operativa), subirà una forte riduzione nelle pratiche urbanistiche indotte da una pletora di dispositivi legislativi regionali e darà luogo sostanzialmente a un sistema di pianificazione ridondante, più incline agli adempimenti procedurali, perciò privo di contenuti e di efficacia.

Verso la pianificazione flessibile : la proposta di nuovi dispositivi tecnici e normativi

Mazzoleni, Chiara
2018-01-01

Abstract

Nel contributo viene ricostruito il percorso critico-interpretativo che, nel corso di una riflessione sulle forme e sul ruolo del piano, avviata negli anni Ottanta, una fase tra le più proficue del dibattito urbanistico, ha consentito a un gruppo di studiosi e ricercatori di giungere a delineare forma e contenuto di un nuovo dispositivo di piano, in grado di ridare efficacia e legittimazione sociale all'azione urbanistica. Procedendo da una attenta riflessione sullo stato dell'arte e sui contenuti del livello medio di pianificazione, progressivamente caratterizzati da un processo di burocratizzazione, nella prospettiva della definizione di una nuova forma di piano, individuata nella pianificazione flessibile, la proposta emersa da quel dibattito aveva enucleato alcuni punti fermi. Tra questi una rinnovata capacità del progetto urbanistico di incidere sulla qualità e sugli esiti formali delle trasformazioni urbane agendo sulla struttura, attraverso la definizione delle componenti morfologico-strutturali del sistema insediato e la messa a punto di criteri relativi ai sistemi di coerenza che avrebbero dovuto legare tra loro le varie parti e queste con l'insieme. Seguiva la necessità di riconoscere, attraverso opportuni criteri di identificazione, le diverse forme di disagio sociale connesse all'abitare, all'accessibilità, alla distribuzione spaziale e alla qualità dell'infrastruttura sociale al fine di perseguire, con opportune scelte di piano, una maggiore giustizia distributiva. Viene, inoltre, sottolineato come, trascorso un decennio da quella riflessione la proposta presentata dall'INU di una nuova forma di piano, articolata in due componenti (strutturale e operativa), subirà una forte riduzione nelle pratiche urbanistiche indotte da una pletora di dispositivi legislativi regionali e darà luogo sostanzialmente a un sistema di pianificazione ridondante, più incline agli adempimenti procedurali, perciò privo di contenuti e di efficacia.
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