Sorte entro la prima metà del XIII secolo, le cinque emisfere che emergono dai tetti di San Marco giocano un ruolo primario nella configurazione dell’immagine complessiva della basilica. Esse tuttavia, nonostante l’apparenza, non possono essere definite cupole in senso proprio, ma vanno annoverate tra i sistemi di copertura: macchine lignee di complessa articolazione che sormontano le sottostanti calotte laterizie per proteggerle dalle intemperie, ma erette per esaltarne la visibilità per mezzo di una traslazione altimetrica delle loro forme e profili. L’allestimento primitivo dei loro legni è destinato a rimanere ignoto. Completamente distrutte nel 1419, le odierne macchine lignee mostrano distinte fisionomie di tessitura dovute ai numerosi interventi compiuti nel corso dei secoli per rimediare alle marcescenze dei legni, dei quali si offre un resoconto tratto dai documenti d’archivio che ancora si conservano. Le sovrastrutture marciane, non fosse che per la loro vetustà – prova di sperimentata efficacia strutturale – si sono imposte come sicuro riferimento per le realizzazioni successive. Tanto prediletta la “forma della cuba di mezzo di San Marco” da costituire un punto di costante ispirazione. Modello strutturale, e momento certo di suggestione architettonica, generatore delle forme e delle configurazioni spaziali esterne di quasi tutte le sovracupole lignee posteriori. Solo nel secondo Cinquecento, con San Giorgio Maggiore, il corpo ligneo delle cupole lagunari conoscerà riforme tangibili nella concezione strutturale; solamente da allora la ricerca di una maggiore semplicità realizzativa troverà sbocco concreto, producendo una diversificazione delle orditure e originando nuovi, interessanti, modelli costruttivi. Ignoto appare a tutt’oggi il modello costruttivo da cui derivano le sovracupole di San Marco. Nell’antichità classica sono probabilmente esistite cupole di costituzione lignea, ma si tratta di realizzazioni scomparse da tempo immemorabile. Volendo ricercare un loro precedente è inevitabile muovere da una sicura evidenza: le iniziali coperture marciane, costituite da semplici rivestimenti plumbei aderenti all’estradosso delle cupole murarie, appartengono a soluzioni comuni a molti altri organismi cupolati bizantini e medievali. Tale considerazione spinge a supporre che l’eventuale, ipotetico, modello d’ispirazione delle sovracupole debba essere apparso in qualche edificio religioso sorto tra la fine del XII e la prima metà del XIII secolo, vale a dire in un arco temporale compreso tra la realizzazione delle primitive coperture delle cube marciane e la loro riforma. Di nessun edificio di tal genere, per quanto si sa, è però rimasta memoria. È dunque verosimile che le macchine lignee sorte sul colmo della cappella dogale rappresentino una novità assoluta nella storia costruttiva, un’ideazione dei carpentieri locali, ai quali di certo non mancava inventiva, conoscenza del mestiere, abilità tecnica.

Le sovracupole lignee di San Marco : Dalle origini alla caduta della Repubblica

Piana, Mario
2019-01-01

Abstract

Sorte entro la prima metà del XIII secolo, le cinque emisfere che emergono dai tetti di San Marco giocano un ruolo primario nella configurazione dell’immagine complessiva della basilica. Esse tuttavia, nonostante l’apparenza, non possono essere definite cupole in senso proprio, ma vanno annoverate tra i sistemi di copertura: macchine lignee di complessa articolazione che sormontano le sottostanti calotte laterizie per proteggerle dalle intemperie, ma erette per esaltarne la visibilità per mezzo di una traslazione altimetrica delle loro forme e profili. L’allestimento primitivo dei loro legni è destinato a rimanere ignoto. Completamente distrutte nel 1419, le odierne macchine lignee mostrano distinte fisionomie di tessitura dovute ai numerosi interventi compiuti nel corso dei secoli per rimediare alle marcescenze dei legni, dei quali si offre un resoconto tratto dai documenti d’archivio che ancora si conservano. Le sovrastrutture marciane, non fosse che per la loro vetustà – prova di sperimentata efficacia strutturale – si sono imposte come sicuro riferimento per le realizzazioni successive. Tanto prediletta la “forma della cuba di mezzo di San Marco” da costituire un punto di costante ispirazione. Modello strutturale, e momento certo di suggestione architettonica, generatore delle forme e delle configurazioni spaziali esterne di quasi tutte le sovracupole lignee posteriori. Solo nel secondo Cinquecento, con San Giorgio Maggiore, il corpo ligneo delle cupole lagunari conoscerà riforme tangibili nella concezione strutturale; solamente da allora la ricerca di una maggiore semplicità realizzativa troverà sbocco concreto, producendo una diversificazione delle orditure e originando nuovi, interessanti, modelli costruttivi. Ignoto appare a tutt’oggi il modello costruttivo da cui derivano le sovracupole di San Marco. Nell’antichità classica sono probabilmente esistite cupole di costituzione lignea, ma si tratta di realizzazioni scomparse da tempo immemorabile. Volendo ricercare un loro precedente è inevitabile muovere da una sicura evidenza: le iniziali coperture marciane, costituite da semplici rivestimenti plumbei aderenti all’estradosso delle cupole murarie, appartengono a soluzioni comuni a molti altri organismi cupolati bizantini e medievali. Tale considerazione spinge a supporre che l’eventuale, ipotetico, modello d’ispirazione delle sovracupole debba essere apparso in qualche edificio religioso sorto tra la fine del XII e la prima metà del XIII secolo, vale a dire in un arco temporale compreso tra la realizzazione delle primitive coperture delle cube marciane e la loro riforma. Di nessun edificio di tal genere, per quanto si sa, è però rimasta memoria. È dunque verosimile che le macchine lignee sorte sul colmo della cappella dogale rappresentino una novità assoluta nella storia costruttiva, un’ideazione dei carpentieri locali, ai quali di certo non mancava inventiva, conoscenza del mestiere, abilità tecnica.
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