Il testo spiega le ragioni operative di otto anni di presidenza della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, nata nel 1898 come reazione alla nascita della Biennale di Venezia (1895). L'istituzione si pose da subito come contraltare locale all'internazionalità della Biennale, a favore del territorio veneziano. L'azione curatoriale e direttiva è stata interpretata come integrazione tra due sedi espositive, quattordici atelier per artisti, programmi di convegni e di conferenze, nell'alternanza e continua osmosi di artisti internazionali e maturi accanto ad artisti emergenti locali (intendendo il "locale" come colui che ha scelto di vivere o studiare a Venezia, non come nativo). L'intero periodo di presidenza (peraltro estesosi secondo gli stessi principi per altri 5 anni) ha cercato quindi di riformulare e superare la polarità tra internazionale e locale, mettendo i due poli in contatto e in una sorta di vicendevole sostegno, con attenzione anche rivolta a comunità diasporiche e artisti di paesi svantaggiati. L'attività ha comunque reinterpretato la vocazione al "locale" come attenzione al territorio, instaurando rapporti privilegiati come le università e altri centri di alta formazione, nonché prendendo in considerazione temi quali il turismo, la sostenibilità ambientale in termini di produzione agricola, la relazione centro-periferia, la realizzazione di numerosi interventi presso il Teatro La Fenice e altre entità di rilievo della cultura a Venezia. Dal punto di vista scientifico, quest'attività è stata un lungo studio practice-based che ha interferito sovente con lo studio della città di Venezia e in particolare con lo studio della Biennale di Venezia e del ruolo che in città ha avuto l'arte contemporanea come uno degli antidoti alla sua decadenza.

Non un luogo ma un sistema

Angela Vettese
2010-01-01

Abstract

Il testo spiega le ragioni operative di otto anni di presidenza della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, nata nel 1898 come reazione alla nascita della Biennale di Venezia (1895). L'istituzione si pose da subito come contraltare locale all'internazionalità della Biennale, a favore del territorio veneziano. L'azione curatoriale e direttiva è stata interpretata come integrazione tra due sedi espositive, quattordici atelier per artisti, programmi di convegni e di conferenze, nell'alternanza e continua osmosi di artisti internazionali e maturi accanto ad artisti emergenti locali (intendendo il "locale" come colui che ha scelto di vivere o studiare a Venezia, non come nativo). L'intero periodo di presidenza (peraltro estesosi secondo gli stessi principi per altri 5 anni) ha cercato quindi di riformulare e superare la polarità tra internazionale e locale, mettendo i due poli in contatto e in una sorta di vicendevole sostegno, con attenzione anche rivolta a comunità diasporiche e artisti di paesi svantaggiati. L'attività ha comunque reinterpretato la vocazione al "locale" come attenzione al territorio, instaurando rapporti privilegiati come le università e altri centri di alta formazione, nonché prendendo in considerazione temi quali il turismo, la sostenibilità ambientale in termini di produzione agricola, la relazione centro-periferia, la realizzazione di numerosi interventi presso il Teatro La Fenice e altre entità di rilievo della cultura a Venezia. Dal punto di vista scientifico, quest'attività è stata un lungo studio practice-based che ha interferito sovente con lo studio della città di Venezia e in particolare con lo studio della Biennale di Venezia e del ruolo che in città ha avuto l'arte contemporanea come uno degli antidoti alla sua decadenza.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11578/280435
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