Il tema del racconto caratterizza il progetto per il Memoriale della Shoah di Annalisa de Curtis e Guido Morpurgo, che si snoda all’interno degli spazi della stazione di Milano che accoglievano i binari lungo i quali i deportati ebrei venivano caricati nei treni diretti ai campi di concentramento. Uno spazio per lungo tempo dimenticato dalla città, che si fa memoria di tragici eventi nell’intento di rendere consapevoli, di trasmettere e di aiutare a elaborare la storia. Il progetto si muove seguendo due principali strategie: mettere a nudo la possente, spoglia e raffinata struttura in calcestruzzo, e progettare i nuovi elementi in forma totalmente autonoma, inserendoli all’interno della spazialità della struttura originaria. La perentorietà e solidità dello spazio lungo il percorso è interrotta da alcuni stacchi, da alcune fratture che «generano quasi una sensazione di panico, di pericolo», e che ci conducono sul bordo di un baratro. Lungo il percorso la variazione dimensionale degli spazi – e soprattutto delle altezze – produce una spazialità in cui la maestosità dello spazio di accesso lascia progressivamente spazio al senso di oppressione e angoscia. «Qualsiasi trasposizione cinematografica di questi eventi terribili difficilmente potrà avere la forza che spazi come questi ancora contengono», la forza dell’architettura di evocare, di trasmettere sensazioni, di farsi memoria di un evento.
Memoriale della Shoah di Milano
Guido Morpurgo;
2016-01-01
Abstract
Il tema del racconto caratterizza il progetto per il Memoriale della Shoah di Annalisa de Curtis e Guido Morpurgo, che si snoda all’interno degli spazi della stazione di Milano che accoglievano i binari lungo i quali i deportati ebrei venivano caricati nei treni diretti ai campi di concentramento. Uno spazio per lungo tempo dimenticato dalla città, che si fa memoria di tragici eventi nell’intento di rendere consapevoli, di trasmettere e di aiutare a elaborare la storia. Il progetto si muove seguendo due principali strategie: mettere a nudo la possente, spoglia e raffinata struttura in calcestruzzo, e progettare i nuovi elementi in forma totalmente autonoma, inserendoli all’interno della spazialità della struttura originaria. La perentorietà e solidità dello spazio lungo il percorso è interrotta da alcuni stacchi, da alcune fratture che «generano quasi una sensazione di panico, di pericolo», e che ci conducono sul bordo di un baratro. Lungo il percorso la variazione dimensionale degli spazi – e soprattutto delle altezze – produce una spazialità in cui la maestosità dello spazio di accesso lascia progressivamente spazio al senso di oppressione e angoscia. «Qualsiasi trasposizione cinematografica di questi eventi terribili difficilmente potrà avere la forza che spazi come questi ancora contengono», la forza dell’architettura di evocare, di trasmettere sensazioni, di farsi memoria di un evento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.