Per Rybczynski, casa significa sempre comfort e, dunque, privacy, intimità, adeguatezza. Ma con il XX secolo, la ricerca del comfort come equilibrio condiviso diventa talvolta ricerca del piacere: eversivo e sempre personale. Esso vive nella soppressione delle relazioni, si nutre di collisioni e fratture (Barthes, “Il Piacere del testo”), perciò vengono meno le tradizionali articolazioni funzionali e le gerarchie tra gli spazi. Le Corbusier apre la strada: l’attico Beistegui non è una “macchina da abitare”, ma un dispositivo “dont le but, n'est que d'amusement”. È l’inizio di un pensiero destinato a riemerge, in forme molto diverse, nell’informalità degli spazi delle utopie radicali, oppure nell’architettura disegnata di Raimund Abraham dove l’essenza dell’abitare è nello sperimentare il soffio di vento, la profondità del sottosuolo, il rapporto con gli elementi universali (The Cosmology of the House). Oggi, riemerge nella “House for doing nothing” di Aristide Antonas per reagire alle nuove domande poste dalla politica e dalla filosofia (Slavoj Zizek). A differenza dei cupi rifugi di Heidegger o Wittgenstein, la risposta sta in una casa aperta sul paesaggio, densa di dispositivi tecnologici e disposta attorno a una stanza da letto dove rimanere distesi. E non fare nulla.

Dal Comfort al piacere : quando le case non servono più ad abitare

Marco Ferrari
2020-01-01

Abstract

Per Rybczynski, casa significa sempre comfort e, dunque, privacy, intimità, adeguatezza. Ma con il XX secolo, la ricerca del comfort come equilibrio condiviso diventa talvolta ricerca del piacere: eversivo e sempre personale. Esso vive nella soppressione delle relazioni, si nutre di collisioni e fratture (Barthes, “Il Piacere del testo”), perciò vengono meno le tradizionali articolazioni funzionali e le gerarchie tra gli spazi. Le Corbusier apre la strada: l’attico Beistegui non è una “macchina da abitare”, ma un dispositivo “dont le but, n'est que d'amusement”. È l’inizio di un pensiero destinato a riemerge, in forme molto diverse, nell’informalità degli spazi delle utopie radicali, oppure nell’architettura disegnata di Raimund Abraham dove l’essenza dell’abitare è nello sperimentare il soffio di vento, la profondità del sottosuolo, il rapporto con gli elementi universali (The Cosmology of the House). Oggi, riemerge nella “House for doing nothing” di Aristide Antonas per reagire alle nuove domande poste dalla politica e dalla filosofia (Slavoj Zizek). A differenza dei cupi rifugi di Heidegger o Wittgenstein, la risposta sta in una casa aperta sul paesaggio, densa di dispositivi tecnologici e disposta attorno a una stanza da letto dove rimanere distesi. E non fare nulla.
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