Il testo propone una lettura semiotica di alcune tavole di "Atlas" l'atlante visivo assemblato dall'artista tedesco Gerhard Richter a partire dai primi anni sessanta. Lo sguardo semiotico permette di apportare un contributo originale rispetto alle letture storico-artistiche di questo oggetto che, per la sua sovrabbondanza frammentaria di documenti visivi, è stato letto per lo più come 'archivio anomico ( B. Buchloh). Al contrario, lavorando su gradi di densità diversi della figuratività, la semiotica dell'immagine di matrice greimasiana consente di rilevare l'emersione di una serie di relazioni che si tessono tra i frammenti sulle singole tavole dell'atlante e anche tra più tavole, delineando così la natura realmente cartografica di questo oggetto e, dunque, la sua effettiva natura di 'atlante' più che di mero 'archivio'. L'analisi consente così di rilevare come il montaggio visivo tra i frammenti della cultura visuale pubblicitaria degli anni Sessanta, le immagini più esplicitamente legate alla guerra e all'universo concentrazionario e, infine, i numerosi paesaggi fotografici apparentemente anonimi fotografati da Richter, restituisca la complessa e paradossale struttura temporale di ogni memoria 'traumatica'. Richter offrirebbe dunque in chiave tutta visuale una possibilità di elaborazione per lo spettatore, ossia una riflessione in forma visiva sulla mancata elaborazione memoriale nella Germania del secondo dopoguerra, quella che lo scrittore W. G. Sebald esplorerà nel suo saggio dedicato alla "storia naturale della distruzione", ossia il modo in cui lo sforzo di ricostruzione rapidissima ed ‘eroica’ delle città tedesche distrutte costituisca il rovescio di una parallela liquidazione della memoria. Contro questa “storia naturale della distruzione” lo spazio di mediazione dell’arte può farsi spazio di elaborazione memoriale. E’ il caso di Atlas che chiama lo spettatore ad un lavoro processuale, aperto ed attivo, da farsi nell’interspazio tra le immagini per veder affiorare nel paesaggio urbano il rovescio memoriale che ancora attraversa quei luoghi. L'articolo procede a questa lettura mobilitando alcuni degli apporti fondamentali della semiotica visuale (gradi di densità figurativa; semiotica plastica; strategie enunciative), della riflessione estetica sul rapporto tra immagine e testimonianza e degli studi sulle dinamiche memoriali e sul trauma.
Abitare la "storia naturale della distruzione" : memoria, elaborazione, montaggio nell'Atlas di Gerhard Richter
Mengoni, Angela
2015-01-01
Abstract
Il testo propone una lettura semiotica di alcune tavole di "Atlas" l'atlante visivo assemblato dall'artista tedesco Gerhard Richter a partire dai primi anni sessanta. Lo sguardo semiotico permette di apportare un contributo originale rispetto alle letture storico-artistiche di questo oggetto che, per la sua sovrabbondanza frammentaria di documenti visivi, è stato letto per lo più come 'archivio anomico ( B. Buchloh). Al contrario, lavorando su gradi di densità diversi della figuratività, la semiotica dell'immagine di matrice greimasiana consente di rilevare l'emersione di una serie di relazioni che si tessono tra i frammenti sulle singole tavole dell'atlante e anche tra più tavole, delineando così la natura realmente cartografica di questo oggetto e, dunque, la sua effettiva natura di 'atlante' più che di mero 'archivio'. L'analisi consente così di rilevare come il montaggio visivo tra i frammenti della cultura visuale pubblicitaria degli anni Sessanta, le immagini più esplicitamente legate alla guerra e all'universo concentrazionario e, infine, i numerosi paesaggi fotografici apparentemente anonimi fotografati da Richter, restituisca la complessa e paradossale struttura temporale di ogni memoria 'traumatica'. Richter offrirebbe dunque in chiave tutta visuale una possibilità di elaborazione per lo spettatore, ossia una riflessione in forma visiva sulla mancata elaborazione memoriale nella Germania del secondo dopoguerra, quella che lo scrittore W. G. Sebald esplorerà nel suo saggio dedicato alla "storia naturale della distruzione", ossia il modo in cui lo sforzo di ricostruzione rapidissima ed ‘eroica’ delle città tedesche distrutte costituisca il rovescio di una parallela liquidazione della memoria. Contro questa “storia naturale della distruzione” lo spazio di mediazione dell’arte può farsi spazio di elaborazione memoriale. E’ il caso di Atlas che chiama lo spettatore ad un lavoro processuale, aperto ed attivo, da farsi nell’interspazio tra le immagini per veder affiorare nel paesaggio urbano il rovescio memoriale che ancora attraversa quei luoghi. L'articolo procede a questa lettura mobilitando alcuni degli apporti fondamentali della semiotica visuale (gradi di densità figurativa; semiotica plastica; strategie enunciative), della riflessione estetica sul rapporto tra immagine e testimonianza e degli studi sulle dinamiche memoriali e sul trauma.File | Dimensione | Formato | |
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