Cinquant’anni fa, un riformismo minimalista e incrementale (Crainz 2005) ha consentito di migliorare la vita quotidiana delle persone. Attraverso la costruzione di un resistente patrimonio di beni pubblici sul quale si sono innestati servizi talvolta di altissimo livello, molte parti del nostro paese sono state emancipate dalla miseria e dalla povertà. Oggi risulta evidente la necessità di ridefinire in chiave contemporanea questo patrimonio, oltre che il concetto di interesse generale. In questo, rimodulando il paniere di servizi e attrezzature definito allora, e immaginando nuovamente l’infrastruttura pubblica attraverso cui dare risposta a bisogni attuali per garantire prestazioni diversificate. La persistenza e tenuta del decreto sugli standard, in un tempo lungo attraversato da trasformazioni importanti della società e del territorio, convive oggi con la possibilità e la sfida di una sua emancipazione, volta a incorporare ulteriori campi di intervento. Due sono gli ambiti che in questa sede si vogliono discutere. Il primo è legato al ruolo che il patrimonio di suoli acquisito attraverso l’applicazione del decreto sugli standard può svolgere in relazione ad alcune emergenze. Tra tutte, la crisi ambientale del nostro pianeta, che ha reso visibile l’insostituibilità del suolo naturale, aumentando la consapevolezza del ruolo che esso è in grado di svolgere, la sua fragilità e la necessità di limitarne il consumo attraverso azioni di cura e rigenerazione (Granata - Pileri 2012; Pileri 2016; Pavia 2019; Settis 2010). Il secondo ambito riguarda gli stili di vita legati all’uso degli spazi aperti e alle pratiche sportive attuali, gli spazi per la mobilità attiva e il loro rapporto con la salute e l’inclusione sociale, portando a interrogare gli spazi a standard per verificarne nuove e inedite potenzialità (Donaggio - Zorzi 2011; Fabian, Magnabosco, Nicosia 2017).
Tra servizi ecosistemi e mobilità attiva: gli standard come progetto di suolo
Maria Chiara Tosi
2021-01-01
Abstract
Cinquant’anni fa, un riformismo minimalista e incrementale (Crainz 2005) ha consentito di migliorare la vita quotidiana delle persone. Attraverso la costruzione di un resistente patrimonio di beni pubblici sul quale si sono innestati servizi talvolta di altissimo livello, molte parti del nostro paese sono state emancipate dalla miseria e dalla povertà. Oggi risulta evidente la necessità di ridefinire in chiave contemporanea questo patrimonio, oltre che il concetto di interesse generale. In questo, rimodulando il paniere di servizi e attrezzature definito allora, e immaginando nuovamente l’infrastruttura pubblica attraverso cui dare risposta a bisogni attuali per garantire prestazioni diversificate. La persistenza e tenuta del decreto sugli standard, in un tempo lungo attraversato da trasformazioni importanti della società e del territorio, convive oggi con la possibilità e la sfida di una sua emancipazione, volta a incorporare ulteriori campi di intervento. Due sono gli ambiti che in questa sede si vogliono discutere. Il primo è legato al ruolo che il patrimonio di suoli acquisito attraverso l’applicazione del decreto sugli standard può svolgere in relazione ad alcune emergenze. Tra tutte, la crisi ambientale del nostro pianeta, che ha reso visibile l’insostituibilità del suolo naturale, aumentando la consapevolezza del ruolo che esso è in grado di svolgere, la sua fragilità e la necessità di limitarne il consumo attraverso azioni di cura e rigenerazione (Granata - Pileri 2012; Pileri 2016; Pavia 2019; Settis 2010). Il secondo ambito riguarda gli stili di vita legati all’uso degli spazi aperti e alle pratiche sportive attuali, gli spazi per la mobilità attiva e il loro rapporto con la salute e l’inclusione sociale, portando a interrogare gli spazi a standard per verificarne nuove e inedite potenzialità (Donaggio - Zorzi 2011; Fabian, Magnabosco, Nicosia 2017).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.