La ricerca prende avvio dall’emergenza come concetto e condizione della pratica progettuale e si concretizza nell’attraversamento fisico e simbolico di territori in stato di emergenza. Nel percorrere questi territori, solo apparentemente marginali e di confine, ci si immerge in «situazioni» che appartengono sia all’emergenza come transizione, sia in pratiche quotidiane vissute con partecipazione emotiva. Nel primo caso, un punto di vista interno al flusso contraddittorio della situazione d’emergenza, permeabile e precario, restituisce dignità alle persone: da vittime esse diventano agenti, generatori di possibilità progettuali condivise. Nel secondo caso, le pratiche vissute fanno emergere un livello interiore, oltre dimensioni ritenute ‘razionali’. L’emergenza viene così intesa come esperienza di ‘destino comune’ sia che venga ‘rappresentata’ o vissuta. Il concetto di emergenza è stato esplorato con l’aiuto della ecologia sociale (ES) per relazionare il vissuto con l’interpretazione, per costruire tensioni fra ipotesi ed evidenze. Si è trattato di un posizionamento trans-disciplinare che ha consentito di osservare in modo articolato esperienze in cui le specifiche condizioni progettuali dell’emergenza costruiscono (autonomamente) territori ‘comunalisti’. Ho scelto un sentiero che ha percorso territori ritenuti marginali, entrando in relazione intellettuale e fisica con persone e collettivi auto-organizzati. Essi operano secondo direttrici tracciate da bisogni e ‘domande di vita’, confrontandosi criticamente con le tendenze egemoniche e gerarchiche del neoliberismo, alla ricerca di soluzioni localmente «appropriate» e dal respiro collettivo: maturate, cioè, all’interno delle assemblee e legittimate dal consenso. L’ideologia di Öcalan, su cui poggia il movimento di liberazione curdo, ha metabolizzato ES; il suo approccio olistico ha trovato in Medio Oriente (MO) un territorio di sperimentazione concreta in cui le donne sono diventate ‘eliche’ del cambiamento. Le donne del movimento curdo organizzano formazioni in cui il dialogo intellettuale è fuso con l’esperienza concreta, dove sono recuperati e connessi i saperi, dedicando tempo alla comprensione della polarità femminile. La riscoperta del territorio marginale per eccellenza, il corpo della donna, da cui sono partite tutte le colonizzazioni, attiva un cambiamento dalla portata storica non solo per il MO. Accademie informali fondate sulle montagne del Kurdistan e poi diffusesi in Europa, MO, Americhe; accademie spontanee all’ombra delle querce, davanti ad un çay, lungo un corso d’acqua, creano esperienze di formazione lontane dai centri formali, edificano un mondo pluri-verso (Borghi 2020). Formazione è cambiamento, è costruzione di società. Nei campi di Jineoloji le donne scrivono insieme la storia, condividono leggende locali di cui mettono in luce i legami con la cultura neolitica della Grande Madre, praticano una pedagogia influenzata dalle esperienze di Freire, producono co-narrazione e cultura. Creatività e libertà, due concetti che emergono dai casi studio come fattori propulsivi della trasformazione della società e delle persone: possibilità di estendere il proprio immaginario oltre le barriere che fino a poco prima sembravano invalicabili; prendere coscienza della responsabilità individuale (morale/etica) nelle relazioni (con tutti gli organismi come fattori propulsivi della trasformazione della società e delle persone: possibilità di estendere il proprio immaginario oltre le barriere che fino a poco prima sembravano invalicabili; prendere coscienza della responsabilità individuale (morale/etica) nelle relazioni (con tutti gli organismi). Ciò implica sostenibilità e giustizia.
Ricostruire con amore. Un approccio auto-determinato all’emergenza Confederalismo Democratico in Kurdistan / Cioni, Fabiana. - (2021 Sep 27). [10.25432/cioni-fabiana_phd2021-09-27]
Ricostruire con amore. Un approccio auto-determinato all’emergenza Confederalismo Democratico in Kurdistan
CIONI, FABIANA
2021-09-27
Abstract
La ricerca prende avvio dall’emergenza come concetto e condizione della pratica progettuale e si concretizza nell’attraversamento fisico e simbolico di territori in stato di emergenza. Nel percorrere questi territori, solo apparentemente marginali e di confine, ci si immerge in «situazioni» che appartengono sia all’emergenza come transizione, sia in pratiche quotidiane vissute con partecipazione emotiva. Nel primo caso, un punto di vista interno al flusso contraddittorio della situazione d’emergenza, permeabile e precario, restituisce dignità alle persone: da vittime esse diventano agenti, generatori di possibilità progettuali condivise. Nel secondo caso, le pratiche vissute fanno emergere un livello interiore, oltre dimensioni ritenute ‘razionali’. L’emergenza viene così intesa come esperienza di ‘destino comune’ sia che venga ‘rappresentata’ o vissuta. Il concetto di emergenza è stato esplorato con l’aiuto della ecologia sociale (ES) per relazionare il vissuto con l’interpretazione, per costruire tensioni fra ipotesi ed evidenze. Si è trattato di un posizionamento trans-disciplinare che ha consentito di osservare in modo articolato esperienze in cui le specifiche condizioni progettuali dell’emergenza costruiscono (autonomamente) territori ‘comunalisti’. Ho scelto un sentiero che ha percorso territori ritenuti marginali, entrando in relazione intellettuale e fisica con persone e collettivi auto-organizzati. Essi operano secondo direttrici tracciate da bisogni e ‘domande di vita’, confrontandosi criticamente con le tendenze egemoniche e gerarchiche del neoliberismo, alla ricerca di soluzioni localmente «appropriate» e dal respiro collettivo: maturate, cioè, all’interno delle assemblee e legittimate dal consenso. L’ideologia di Öcalan, su cui poggia il movimento di liberazione curdo, ha metabolizzato ES; il suo approccio olistico ha trovato in Medio Oriente (MO) un territorio di sperimentazione concreta in cui le donne sono diventate ‘eliche’ del cambiamento. Le donne del movimento curdo organizzano formazioni in cui il dialogo intellettuale è fuso con l’esperienza concreta, dove sono recuperati e connessi i saperi, dedicando tempo alla comprensione della polarità femminile. La riscoperta del territorio marginale per eccellenza, il corpo della donna, da cui sono partite tutte le colonizzazioni, attiva un cambiamento dalla portata storica non solo per il MO. Accademie informali fondate sulle montagne del Kurdistan e poi diffusesi in Europa, MO, Americhe; accademie spontanee all’ombra delle querce, davanti ad un çay, lungo un corso d’acqua, creano esperienze di formazione lontane dai centri formali, edificano un mondo pluri-verso (Borghi 2020). Formazione è cambiamento, è costruzione di società. Nei campi di Jineoloji le donne scrivono insieme la storia, condividono leggende locali di cui mettono in luce i legami con la cultura neolitica della Grande Madre, praticano una pedagogia influenzata dalle esperienze di Freire, producono co-narrazione e cultura. Creatività e libertà, due concetti che emergono dai casi studio come fattori propulsivi della trasformazione della società e delle persone: possibilità di estendere il proprio immaginario oltre le barriere che fino a poco prima sembravano invalicabili; prendere coscienza della responsabilità individuale (morale/etica) nelle relazioni (con tutti gli organismi come fattori propulsivi della trasformazione della società e delle persone: possibilità di estendere il proprio immaginario oltre le barriere che fino a poco prima sembravano invalicabili; prendere coscienza della responsabilità individuale (morale/etica) nelle relazioni (con tutti gli organismi). Ciò implica sostenibilità e giustizia.File | Dimensione | Formato | |
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