Pier Luigi Nervi (1891-1979), ingegnere geniale e poetico interprete del calcestruzzo armato sottile, conformò la sua azione progettuale alla permanente attualità della figura umana come parametro creativo della costruzione e codice di controllo delle forze segrete della materia. I suoi capolavori più celebri, dal palazzetto dello Sport (1956-57) per le Olimpiadi del 1960 di Roma alla cartiera Burgo (1961-‘64) di Mantova, lasciano affiorare in controluce le silhouette antropomorfiche che hanno guidato la figurazione architettonica e strutturale. Questa non è un’oziosa premessa. L’opera di Nervi, orientata dal principio della massima economia di materia e di forze, congiunto alla più efficace eloquenza espressiva, rappresenta in termini esemplari l’ideologia architettonica della modernità costruttiva e figurativa consentita dal calcestruzzo armato. Ci si attenderebbe dunque che le sue opere fossero improntate a un’astrazione distillata e inderogabile: ma così non è. Anche nell’azione di Nervi, apparentemente guidata dalla necessità tecnica del cemento armato, la misura espressiva si fonda sulla divina proporzione del corpo umano. Di contro, non è certo per caso che il più sofisticato campione del razionalismo inglese, il georgiano Berthold Lubetkin (1901-1990), nel complesso residenziale di Highpoint II (1935-‘38) affidi ai calchi delle Cariatidi dell’Eretteo il sostegno della pensilina d’ingresso ai lussuosi appartamenti londinesi. Due progettisti diversissimi per formazione e per scelte costruttive e formali, lontani geograficamente e culturalmente, ancorano al medesimo principio ‘naturalistico’ e antropomorfico la loro azione progettuale. Una scelta questa tutt’altro che polverosamente erudita: al contrario essa tinge una millenaria tradizione aulica delle sfumature ironiche e segretamente ludiche che il Surrealismo ha depositato sulla cultura europea del secolo breve. La figura umana non è ricorrente solo nelle architettura del Liberty al tramonto (si vedano tra i tanti esempi il Nuovo Parlamento italiano di Ernesto Basile; la stazione di Praga di Josef Fanta o quella di Helsinki di Eeliel Saarinen, tutte opere del primo decennio del XX secolo), ma caratterizza con gagliarda persuasività anche i progetti più innovatori delle avanguardie russo-sovietiche. Le architetture rivoluzionarie di Konstantin Melnikov, dal progetto del garage per 1000 auto (1925) a Parigi a quello per il Ministero dell’Industria pesante (1934) sulla Piazza Rossa di Mosca, esaltano la potenza eroica dei volumi architettonici con lo sforzo esibito di figure umane che, mentre controllano la misura, diventano protagoniste concettuali e figurative dell’edificio. Da questa constatazione discende la tesi, che qui viene molto sinteticamente argomentata, della permanente e pervasiva vitalità dell’antropomorfismo e dell’antropocentrismo nell’architettura del XX secolo.

Les supports anthropomorphes dans l’architecture du 20. siècle

Marandola, Marzia
2018-01-01

Abstract

Pier Luigi Nervi (1891-1979), ingegnere geniale e poetico interprete del calcestruzzo armato sottile, conformò la sua azione progettuale alla permanente attualità della figura umana come parametro creativo della costruzione e codice di controllo delle forze segrete della materia. I suoi capolavori più celebri, dal palazzetto dello Sport (1956-57) per le Olimpiadi del 1960 di Roma alla cartiera Burgo (1961-‘64) di Mantova, lasciano affiorare in controluce le silhouette antropomorfiche che hanno guidato la figurazione architettonica e strutturale. Questa non è un’oziosa premessa. L’opera di Nervi, orientata dal principio della massima economia di materia e di forze, congiunto alla più efficace eloquenza espressiva, rappresenta in termini esemplari l’ideologia architettonica della modernità costruttiva e figurativa consentita dal calcestruzzo armato. Ci si attenderebbe dunque che le sue opere fossero improntate a un’astrazione distillata e inderogabile: ma così non è. Anche nell’azione di Nervi, apparentemente guidata dalla necessità tecnica del cemento armato, la misura espressiva si fonda sulla divina proporzione del corpo umano. Di contro, non è certo per caso che il più sofisticato campione del razionalismo inglese, il georgiano Berthold Lubetkin (1901-1990), nel complesso residenziale di Highpoint II (1935-‘38) affidi ai calchi delle Cariatidi dell’Eretteo il sostegno della pensilina d’ingresso ai lussuosi appartamenti londinesi. Due progettisti diversissimi per formazione e per scelte costruttive e formali, lontani geograficamente e culturalmente, ancorano al medesimo principio ‘naturalistico’ e antropomorfico la loro azione progettuale. Una scelta questa tutt’altro che polverosamente erudita: al contrario essa tinge una millenaria tradizione aulica delle sfumature ironiche e segretamente ludiche che il Surrealismo ha depositato sulla cultura europea del secolo breve. La figura umana non è ricorrente solo nelle architettura del Liberty al tramonto (si vedano tra i tanti esempi il Nuovo Parlamento italiano di Ernesto Basile; la stazione di Praga di Josef Fanta o quella di Helsinki di Eeliel Saarinen, tutte opere del primo decennio del XX secolo), ma caratterizza con gagliarda persuasività anche i progetti più innovatori delle avanguardie russo-sovietiche. Le architetture rivoluzionarie di Konstantin Melnikov, dal progetto del garage per 1000 auto (1925) a Parigi a quello per il Ministero dell’Industria pesante (1934) sulla Piazza Rossa di Mosca, esaltano la potenza eroica dei volumi architettonici con lo sforzo esibito di figure umane che, mentre controllano la misura, diventano protagoniste concettuali e figurative dell’edificio. Da questa constatazione discende la tesi, che qui viene molto sinteticamente argomentata, della permanente e pervasiva vitalità dell’antropomorfismo e dell’antropocentrismo nell’architettura del XX secolo.
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