Il periodo che va dal 2006 al 2021 abbraccia quindici anni di continua sperimentazione didattica. Questo percorso prende il via nell’A.A. 2006-2007 presso la Facoltà di Architettura di Siracusa e continua, dall’A.A. 2014-2015, presso l’Università IUAV di Venezia. La volontà di fare un bilancio di questa lunga e intensa esperienza ha portato alla riflessione contenuta in questo libro. Essa si rende necessaria per focalizzare le questioni di maggior interesse disciplinare e didattico e renderle così disponibili per future riflessioni e sviluppi. Ripercorrendo le diverse tappe di questo cammino formativo emerge, a uno sguardo più attento, una chiara predilezione per l’uso di dispositivi, di pratiche e di strumenti didattici sempre rivolti alla comprensione dello spazio tridimensionale. Uno di questi dispositivi, senza dubbio quello utilizzato con maggiore frequenza e con una chiara volontà di sperimentazione, è il modello fisico tridimensionale. All’interno dei Laboratori di progetto tenuti presso l’Università IUAV di Venezia a partire dal 2014, il modello assume un ruolo centrale come dispositivo di sperimentazione continua sul tema dello spazio. Attraverso il doppio registro di analogia e astrazione, seguendo un approccio che, a secondo dei casi, si può definire di matrice olistica o di indirizzo riduzionistico, si persegue l’obiettivo imprescindibile di “afferrare lo spazio”, di comprenderlo al fine di riprodurlo. Un'esperienza didattica che procede secondo un criterio di astrazione rappresentato attraverso il dispositivo tridimensionale del modello, è quella che abbiamo avuto modo di realizzare all’interno del workshop di progettazione denominato W.A.Ve., che si tiene ogni anno presso l’Università IUAV di Venezia. La particolare formula di questo seminario, intensiva e articolata nel tempo di tre settimane consecutive, offre l’occasione, a prescindere dagli specifici contenuti progettuali, di sperimentare formule didattiche interessanti. Sia per il W.A.Ve. 2016, concentrato sulla riconversione dell’area industriale di Porto Marghera, sia per il W.A.Ve. 2017, dedicato alla ricostruzione della Siria è stato scelto un identico approccio didattico che consiste, quasi esclusivamente, nella realizzazione di modelli tridimensionali concreti in gesso. L’intera esperienza di laboratorio prevede l’uso di questa materia e si realizza utilizzando le mani. Questa attività di manipolazione non è rivolta alla mera produzione di oggetti ma rappresenta un vero e proprio esercizio di carattere progettuale. Il primo tentativo di mettere a punto un'idea di spazio analogico, invece, risale all’A.A. 2018-2019 ed è stato effettuato all’interno del Corso di Teorie della Progettazione Architettonica Contemporanea del primo anno del Corso di Studi Triennale in Architettura.Ogni studente, nell’arco di una settimana intensiva di lavoro prevista alla chiusura del semestre, ha prodotto una scatola della misura di 50x50x100 centimetri, nella realtà corrispondenti a uno spazio di 5x5x10 metri, all’interno della quale ha sviluppato un programma residenziale minimo distribuito su due livelli. Il tema dello spazio doppio e della relazione tra il livello inferiore e il livello superiore era dato come vincolo progettuale. Per favorire una forte relazione analogica tra lo strumento di sperimentazione progettuale e il potenziale spazio reale è usato utilizzato proprio il modello tridimensionale in scala 1:10. Questo dispositivo, come si è già detto, consente allo studente di stare “dentro” lo spazio che sta immaginando con il proprio corpo, poiché ognuno può lavorare con la testa e con le mani all’interno della scatola. In questo modo, oltre a sperimentare in tempo reale l’effetto spaziale di ogni variazione progettuale effettuata, viene simulata in modo diretto e ancora una volta analogico l’azione della luce naturale sullo spazio immaginato. L’introduzione della proporzione corporea data dal profilo antropomorfico della figura umana e l’accennato ingombro e disposizione degli arredi completano l’ambiente analogico. La seconda sperimentazione sull’idea di spazio analogico è la più recente e risale all’A.A. 2019-2020, effettuata all’interno del Corso di Progettazione Architettonica del terzo anno del Corso di Studi Triennale in Architettura. Il metodo utilizzato è ancora una volta quello già descritto ma, cambiando sia il contesto didattico in cui si è svolto l’esercizio sia il programma, sono stati messi a punto alcune modifiche e miglioramenti nella concezione del dispositivo. Il risultato non è paragonabile alle fredde e stereotipate immagini ottenute con l’utilizzo delle tecniche digitali di modellazione tridimensionale e di rendering ma acquisisce quella naturale profondità e ricchezza spaziale che solo la restituzione analogica può dare. Anche in questo caso l’efficacia dell’esercizio è testimoniata da numeri ancora migliori. Su venti scatole prodotte, tutti i venti lavori raggiungono un eccellente risultato progettuale. Questa ulteriore esperienza conferma come l’utilizzo dell’approccio analogico e dei dispositivi che ne fanno uso rappresenta, sia nella pratica sia nella didattica del progetto di architettura, uno dei più efficaci esercizi di prefigurazione spaziale.

Dallo spazio astratto allo spazio analogico. Il modello come dispositivo di prefigurazione spaziale

Francesco Cacciatore
2021-01-01

Abstract

Il periodo che va dal 2006 al 2021 abbraccia quindici anni di continua sperimentazione didattica. Questo percorso prende il via nell’A.A. 2006-2007 presso la Facoltà di Architettura di Siracusa e continua, dall’A.A. 2014-2015, presso l’Università IUAV di Venezia. La volontà di fare un bilancio di questa lunga e intensa esperienza ha portato alla riflessione contenuta in questo libro. Essa si rende necessaria per focalizzare le questioni di maggior interesse disciplinare e didattico e renderle così disponibili per future riflessioni e sviluppi. Ripercorrendo le diverse tappe di questo cammino formativo emerge, a uno sguardo più attento, una chiara predilezione per l’uso di dispositivi, di pratiche e di strumenti didattici sempre rivolti alla comprensione dello spazio tridimensionale. Uno di questi dispositivi, senza dubbio quello utilizzato con maggiore frequenza e con una chiara volontà di sperimentazione, è il modello fisico tridimensionale. All’interno dei Laboratori di progetto tenuti presso l’Università IUAV di Venezia a partire dal 2014, il modello assume un ruolo centrale come dispositivo di sperimentazione continua sul tema dello spazio. Attraverso il doppio registro di analogia e astrazione, seguendo un approccio che, a secondo dei casi, si può definire di matrice olistica o di indirizzo riduzionistico, si persegue l’obiettivo imprescindibile di “afferrare lo spazio”, di comprenderlo al fine di riprodurlo. Un'esperienza didattica che procede secondo un criterio di astrazione rappresentato attraverso il dispositivo tridimensionale del modello, è quella che abbiamo avuto modo di realizzare all’interno del workshop di progettazione denominato W.A.Ve., che si tiene ogni anno presso l’Università IUAV di Venezia. La particolare formula di questo seminario, intensiva e articolata nel tempo di tre settimane consecutive, offre l’occasione, a prescindere dagli specifici contenuti progettuali, di sperimentare formule didattiche interessanti. Sia per il W.A.Ve. 2016, concentrato sulla riconversione dell’area industriale di Porto Marghera, sia per il W.A.Ve. 2017, dedicato alla ricostruzione della Siria è stato scelto un identico approccio didattico che consiste, quasi esclusivamente, nella realizzazione di modelli tridimensionali concreti in gesso. L’intera esperienza di laboratorio prevede l’uso di questa materia e si realizza utilizzando le mani. Questa attività di manipolazione non è rivolta alla mera produzione di oggetti ma rappresenta un vero e proprio esercizio di carattere progettuale. Il primo tentativo di mettere a punto un'idea di spazio analogico, invece, risale all’A.A. 2018-2019 ed è stato effettuato all’interno del Corso di Teorie della Progettazione Architettonica Contemporanea del primo anno del Corso di Studi Triennale in Architettura.Ogni studente, nell’arco di una settimana intensiva di lavoro prevista alla chiusura del semestre, ha prodotto una scatola della misura di 50x50x100 centimetri, nella realtà corrispondenti a uno spazio di 5x5x10 metri, all’interno della quale ha sviluppato un programma residenziale minimo distribuito su due livelli. Il tema dello spazio doppio e della relazione tra il livello inferiore e il livello superiore era dato come vincolo progettuale. Per favorire una forte relazione analogica tra lo strumento di sperimentazione progettuale e il potenziale spazio reale è usato utilizzato proprio il modello tridimensionale in scala 1:10. Questo dispositivo, come si è già detto, consente allo studente di stare “dentro” lo spazio che sta immaginando con il proprio corpo, poiché ognuno può lavorare con la testa e con le mani all’interno della scatola. In questo modo, oltre a sperimentare in tempo reale l’effetto spaziale di ogni variazione progettuale effettuata, viene simulata in modo diretto e ancora una volta analogico l’azione della luce naturale sullo spazio immaginato. L’introduzione della proporzione corporea data dal profilo antropomorfico della figura umana e l’accennato ingombro e disposizione degli arredi completano l’ambiente analogico. La seconda sperimentazione sull’idea di spazio analogico è la più recente e risale all’A.A. 2019-2020, effettuata all’interno del Corso di Progettazione Architettonica del terzo anno del Corso di Studi Triennale in Architettura. Il metodo utilizzato è ancora una volta quello già descritto ma, cambiando sia il contesto didattico in cui si è svolto l’esercizio sia il programma, sono stati messi a punto alcune modifiche e miglioramenti nella concezione del dispositivo. Il risultato non è paragonabile alle fredde e stereotipate immagini ottenute con l’utilizzo delle tecniche digitali di modellazione tridimensionale e di rendering ma acquisisce quella naturale profondità e ricchezza spaziale che solo la restituzione analogica può dare. Anche in questo caso l’efficacia dell’esercizio è testimoniata da numeri ancora migliori. Su venti scatole prodotte, tutti i venti lavori raggiungono un eccellente risultato progettuale. Questa ulteriore esperienza conferma come l’utilizzo dell’approccio analogico e dei dispositivi che ne fanno uso rappresenta, sia nella pratica sia nella didattica del progetto di architettura, uno dei più efficaci esercizi di prefigurazione spaziale.
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