Nel progetto del 1924 di una villa in mattoni per Potsdam, Mies van der Rohe sperimenta una nuova forma di spazialità continua, definita da delimitazioni che si presentano come pure superfici, qui corrispondendo però nel contempo a veri e propri muri (differentemente dalle astratte ma nel contempo ambiguamente portanti pareti delle "contro-costruzioni" De Stijl), in stretto riferimento ai principi della "architettura del rivestimento" di Hendrik Petrus Berlage. Se il progetto di Mies del 1924 è stato spesso specificamente avvicinato al dipinto di Theo van Doesburg “Danza russa” del 1918, meno spesso è stato d'altro canto ricondotto alle ancor più immediate ascendenze schinkeliane, nella composizione estremamente dinamica, costituita da L disposte in complesse simmetrie bilanciate, che si estendono nel paesaggio a circoscrivere spazi a corte aperta definiti da setti murari liberi. Tuttavia la villa in mattoni di Mies del 1924 è prima di tutto un approfondito ragionamento sull'architettura e riflessione teorica di Berlage, il maestro elettivo cui Mies inizia a fare riferimento già prima di lasciare lo studio di Behrens nel 1912. Notoriamente la concezione spaziale e tettonica di Berlage – pur parlando per tutta la vita di Gottfried Semper e di "architettura del rivestimento" – si differenziava rispetto alla teoria semperiana in quanto, pur aderendo al principio di definizione dello spazio tramite pure "superfici" essenzialmente bidimensionali, tali superfici dovevano nel contempo rimanere "muri", mostrando esplicitamente l'apparecchiatura costruttiva muraria. Berlage rileggeva infatti le implicazioni spaziali delle pareti di rivestimento della teoria semperiana sostanzialmente in riferimento alla critica a Der Stil da parte di August Schmarsow che aveva criticato la teoria della Bekleidung di Semper in quanto, a suo parere, risultava insufficientemente interessata alla profondità dello spazio, ponendo un’enfasi eccessiva sulla gli attributi decorativi delle superfici fittamente ornate con motivi tessili dell’arte del rivestimento, sottovalutando la capacità astratta dell’architettura di “creare lo spazio”. Alla fine degli anni Venti, Mies giunge a precisare l'aspirazione a una nuova libera concezione spaziale, che era emersa in particolare nel progetto della villa in mattoni del 1924, alla luce del modello dell’edificio “pelle e ossa”, che egli stesso aveva enunciato nei testi correlati ai progetti per i grattacieli per Berlino dei primi anni Venti, tuttavia prevalentemente in relazione al rapporto tra involucro smaterializzato di "rivestimento" spaziale e intelaiatura strutturale di sostegno, più che dal punto di vista della conformazione dello spazio interno. Per la prima volta, nel padiglione di Barcellona (1928-29) e nel piano di soggiorno della casa Tugendhat a Brno (1928-30), Mies può realizzare, in edifici interamente di nuova costruzione, una compiuta nuova architettura dialettica, nella quale compare una rivoluzionaria – ma antichissima – libera spazialità interna orientaleggiante, definita da "tappeti sospesi" atettonici di evidente ascendenza semperiana, che si affiancano a un riparo di natura tettonica che rende possibile il dispiegarsi di questa nuova concezione spaziale; si tratta di pure superfici, più o meno immediatamente leggibili come pareti tessili: elementi senza oneri di sostegno costruttivo, autonomamente dediti a dare forma e carattere allo spazio interno. E' il compiuto ritrovamento nell'architettura occidentale dello stesso concetto di "spazio" come valore architettonico autonomo – come l'aveva definito Semper nel paragrafo del suo trattato incompiuto Der Stil, del 1860-63, che si intitola “Il principio formale più antico fondato sul concetto di spazio nell’architettura è indipendente dalla costruzione” – che nella Baukunst miesiana avviene tuttavia non cancellando l'antica spazialità residuale-interstiziale dei podi e recinti di natura muraria, che continuano ad affiancarsi all’edificio "pelle e ossa", proprio del Neues Bauen. A partire da queste esperienze, Mies svilupperà la propria ricerca teorico-sperimentale sulla casa a corte durante gli anni Trenta, in particolare attraverso le relative esercitazioni didattiche assegnate agli studenti al Bauhaus, che troveranno continuità anche nel suo successivo insegnamento all'IIT a Chicago. L'indagine teorico-sperimentale di Mies sulla casa a corte implica una nuova forma di composizione di autonomi elementi fondamentali: l'elemento di natura stereotomica del podio-terrapieno plasticamente modellato e del recinto murario (Mauer); l'elemento di natura propriamente "tettonica" dell'intelaiatura di sostegno del riparo "pelle e ossa", nella conformazione essenziale del "tavolo"; l'elemento tendente alla smaterializzazione delle pareti "atettoniche" di articolazione e delimitazione spaziale, connesse al "tetto con colonne" (Säulendach): pure superfici tessili (Wand) di rivestimento. Si tratta di figure della composizione proprie del Neues Bauen, ovvero connesse alla permanenza di più antiche tradizioni costruttive e insediative, con le relative complesse relazioni dialettiche tra differenti componenti della costruzione e connesse diverse forme di spazialità. In Mies si può leggere tutta la complessità dialettica dei quattro distinti elementi della Baukunst nella teoria semperiana, che – nel tentativo di trovare un nuovo compimento in forma artistica per rispondere alla crisi ottocentesca, indotta dall'imporsi materiale del "Nuovo Costruire" – non mira in modo reazionario a restaurare alcun "centro" perduto, inscindibile "unità", "sintesi" o "superamento", né tanto meno a imporre un'univoca forma di spazialità. Confronti: Schinkel, Semper, Schmarsow, Chicago School, Wright, Behrens, Berlage, Loos, De Stijl, Reich, Häring, Behrendt, Zevi, Sedlmayr, Kahn, Tafuri, condizione strettamente contemporanea.
Spazio
Doimo, Martino
2021-01-01
Abstract
Nel progetto del 1924 di una villa in mattoni per Potsdam, Mies van der Rohe sperimenta una nuova forma di spazialità continua, definita da delimitazioni che si presentano come pure superfici, qui corrispondendo però nel contempo a veri e propri muri (differentemente dalle astratte ma nel contempo ambiguamente portanti pareti delle "contro-costruzioni" De Stijl), in stretto riferimento ai principi della "architettura del rivestimento" di Hendrik Petrus Berlage. Se il progetto di Mies del 1924 è stato spesso specificamente avvicinato al dipinto di Theo van Doesburg “Danza russa” del 1918, meno spesso è stato d'altro canto ricondotto alle ancor più immediate ascendenze schinkeliane, nella composizione estremamente dinamica, costituita da L disposte in complesse simmetrie bilanciate, che si estendono nel paesaggio a circoscrivere spazi a corte aperta definiti da setti murari liberi. Tuttavia la villa in mattoni di Mies del 1924 è prima di tutto un approfondito ragionamento sull'architettura e riflessione teorica di Berlage, il maestro elettivo cui Mies inizia a fare riferimento già prima di lasciare lo studio di Behrens nel 1912. Notoriamente la concezione spaziale e tettonica di Berlage – pur parlando per tutta la vita di Gottfried Semper e di "architettura del rivestimento" – si differenziava rispetto alla teoria semperiana in quanto, pur aderendo al principio di definizione dello spazio tramite pure "superfici" essenzialmente bidimensionali, tali superfici dovevano nel contempo rimanere "muri", mostrando esplicitamente l'apparecchiatura costruttiva muraria. Berlage rileggeva infatti le implicazioni spaziali delle pareti di rivestimento della teoria semperiana sostanzialmente in riferimento alla critica a Der Stil da parte di August Schmarsow che aveva criticato la teoria della Bekleidung di Semper in quanto, a suo parere, risultava insufficientemente interessata alla profondità dello spazio, ponendo un’enfasi eccessiva sulla gli attributi decorativi delle superfici fittamente ornate con motivi tessili dell’arte del rivestimento, sottovalutando la capacità astratta dell’architettura di “creare lo spazio”. Alla fine degli anni Venti, Mies giunge a precisare l'aspirazione a una nuova libera concezione spaziale, che era emersa in particolare nel progetto della villa in mattoni del 1924, alla luce del modello dell’edificio “pelle e ossa”, che egli stesso aveva enunciato nei testi correlati ai progetti per i grattacieli per Berlino dei primi anni Venti, tuttavia prevalentemente in relazione al rapporto tra involucro smaterializzato di "rivestimento" spaziale e intelaiatura strutturale di sostegno, più che dal punto di vista della conformazione dello spazio interno. Per la prima volta, nel padiglione di Barcellona (1928-29) e nel piano di soggiorno della casa Tugendhat a Brno (1928-30), Mies può realizzare, in edifici interamente di nuova costruzione, una compiuta nuova architettura dialettica, nella quale compare una rivoluzionaria – ma antichissima – libera spazialità interna orientaleggiante, definita da "tappeti sospesi" atettonici di evidente ascendenza semperiana, che si affiancano a un riparo di natura tettonica che rende possibile il dispiegarsi di questa nuova concezione spaziale; si tratta di pure superfici, più o meno immediatamente leggibili come pareti tessili: elementi senza oneri di sostegno costruttivo, autonomamente dediti a dare forma e carattere allo spazio interno. E' il compiuto ritrovamento nell'architettura occidentale dello stesso concetto di "spazio" come valore architettonico autonomo – come l'aveva definito Semper nel paragrafo del suo trattato incompiuto Der Stil, del 1860-63, che si intitola “Il principio formale più antico fondato sul concetto di spazio nell’architettura è indipendente dalla costruzione” – che nella Baukunst miesiana avviene tuttavia non cancellando l'antica spazialità residuale-interstiziale dei podi e recinti di natura muraria, che continuano ad affiancarsi all’edificio "pelle e ossa", proprio del Neues Bauen. A partire da queste esperienze, Mies svilupperà la propria ricerca teorico-sperimentale sulla casa a corte durante gli anni Trenta, in particolare attraverso le relative esercitazioni didattiche assegnate agli studenti al Bauhaus, che troveranno continuità anche nel suo successivo insegnamento all'IIT a Chicago. L'indagine teorico-sperimentale di Mies sulla casa a corte implica una nuova forma di composizione di autonomi elementi fondamentali: l'elemento di natura stereotomica del podio-terrapieno plasticamente modellato e del recinto murario (Mauer); l'elemento di natura propriamente "tettonica" dell'intelaiatura di sostegno del riparo "pelle e ossa", nella conformazione essenziale del "tavolo"; l'elemento tendente alla smaterializzazione delle pareti "atettoniche" di articolazione e delimitazione spaziale, connesse al "tetto con colonne" (Säulendach): pure superfici tessili (Wand) di rivestimento. Si tratta di figure della composizione proprie del Neues Bauen, ovvero connesse alla permanenza di più antiche tradizioni costruttive e insediative, con le relative complesse relazioni dialettiche tra differenti componenti della costruzione e connesse diverse forme di spazialità. In Mies si può leggere tutta la complessità dialettica dei quattro distinti elementi della Baukunst nella teoria semperiana, che – nel tentativo di trovare un nuovo compimento in forma artistica per rispondere alla crisi ottocentesca, indotta dall'imporsi materiale del "Nuovo Costruire" – non mira in modo reazionario a restaurare alcun "centro" perduto, inscindibile "unità", "sintesi" o "superamento", né tanto meno a imporre un'univoca forma di spazialità. Confronti: Schinkel, Semper, Schmarsow, Chicago School, Wright, Behrens, Berlage, Loos, De Stijl, Reich, Häring, Behrendt, Zevi, Sedlmayr, Kahn, Tafuri, condizione strettamente contemporanea.File | Dimensione | Formato | |
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