Una fitta e apparentemente inestricabile trama di confini si è stratificata sul territorio nel corso dei secoli. Se considerati caso per caso, tuttavia, quei segni raccontano una altrettanto variata moltitudine di trasformazioni: margini e confini non sono mai delimitazioni univoche, né stabili. Gli ineludibili processi di adattamento cui sono sottoposti testimoniano chiaramente come l’azione di tracciarli – o analogamente distruggerli – siano sempre espressione di più ampi processi di natura culturale. L’occasione di fissare alcuni tratti di questi processi è offerta dal richiamo a due vicende, solo apparentemente distanti da noi: la storia della linea Mason-Dixon, uno dei più famosi confini rettilinei, idealmente “oggettivo”, tracciati nel continente americano in epoca illuminista e divenuta in seguito simbolo di distinzione tra opposte concezioni di libertà e giustizia; in secondo luogo, il confronto tra i sogni di “un mondo senza più frontiere” nell’occidente del secondo dopoguerra (dall’Europa unita al ’68) e la recente retorica nella propaganda di Daesh come “distruttore dei confini”, dove l’espressione è associata piuttosto a un’idea di annullamento delle differenze.
Using Ideas as My Maps : I confini come forma simbolica
Iorio, Andrea
2020-01-01
Abstract
Una fitta e apparentemente inestricabile trama di confini si è stratificata sul territorio nel corso dei secoli. Se considerati caso per caso, tuttavia, quei segni raccontano una altrettanto variata moltitudine di trasformazioni: margini e confini non sono mai delimitazioni univoche, né stabili. Gli ineludibili processi di adattamento cui sono sottoposti testimoniano chiaramente come l’azione di tracciarli – o analogamente distruggerli – siano sempre espressione di più ampi processi di natura culturale. L’occasione di fissare alcuni tratti di questi processi è offerta dal richiamo a due vicende, solo apparentemente distanti da noi: la storia della linea Mason-Dixon, uno dei più famosi confini rettilinei, idealmente “oggettivo”, tracciati nel continente americano in epoca illuminista e divenuta in seguito simbolo di distinzione tra opposte concezioni di libertà e giustizia; in secondo luogo, il confronto tra i sogni di “un mondo senza più frontiere” nell’occidente del secondo dopoguerra (dall’Europa unita al ’68) e la recente retorica nella propaganda di Daesh come “distruttore dei confini”, dove l’espressione è associata piuttosto a un’idea di annullamento delle differenze.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.