Questo saggio intende discutere il rapporto tra epistemologia e rappresentazione nel mondo contemporaneo, complicato dall’affermarsi di modalità di conoscenza sempre più svincolate da modelli, a vantaggio di approcci demandati alla correlazione di quantità di dati gestibili soltanto da reti di potenti calcolatori. I diagrammi impiegati per raffigurare modelli epistemologici sono tradizionalmente assimilati alla categoria delle mappe, così come spesso accade per le rappresentazioni di nozioni, concetti, sistemi o configurazioni che di per sé sfuggirebbero al senso umano della vista. Affidare alle macchine operazioni un tempo possibili solo per le intelligenze umane, come quella di tradurre un testo da una lingua a un’altra, costringe a confrontarsi con problemi che sembrano preannunciare una nuova, questa volta definitiva, ‘fine della rappresentazione’. Autori provenienti da ambiti diversi mostrano tuttavia come sia possibile, oltre che necessario, adottare nuove strategie per affrontare il problema di relazionarsi con la complessità insondabile del non-umano: si pensi al lavoro sulle reti di Albert-László Barabási, agli studi sulle ‘cartografie del tempo’, ai modelli basati su linee e meshwork proposti da Tim Ingold, all’approccio critico di James Bridle, alle raffigurazioni proposte da Reza Negarestani per la sua epistemologia delle intelligenze artificiali, alle installazioni di Florian Hecker, in cui elementi di sintesi digitale stravolgono l’attività neurale umana, alle ‘cartografie potenziali’ di Frédérique Aït-Touati, Alexandra Arènes e Axelle Grégoire, alla mappa ‘anatomica’ del sistema espanso di Amazon Echo proposta da Kate Crawford e Vladan Joler ecc. Sebbene discendano in larga parte dalla tradizione ottico-prospettica, queste strategie sperimentano innovazioni su alcuni dei ‘parametri’ tipici dei ‘regimi scopici’ sviluppatisi a partire dalla modernità: l’eliminazione della cornice della rappresentazione, l’interattività dell’osservatore (non più statico e monoculare), la molteplicità dei livelli compresenti, la multisensorialità (le informazioni posso- no essere rappresentate anche sui registri dell’udibile, dell’aptico ecc.). Esse prefigurano sistemi di rappresentazione in cui convivono informazioni percepite direttamente dal sensorio umano con quelle raccolte da sensori artificiali, ove scompare la soluzione di continuità tra l’occhio ‘di dio’ del cartografo e quello ‘incarnato’ dell’uomo o della fotocamera, in cui il digital twin del mondo fenomenico media i comportamenti delle intelligenze umane e di quelle artificiali. Le mappe a venire potrebbero dunque essere sempre più spesso una sorta di ‘paesaggio aumentato’, o di info-paesaggio, necessario per progettare relazioni infrastrutturali sempre più complesse. Non potranno mai coincidere con il territorio, ma i modelli su cui si fondano saranno sempre più estesi e interattivi. This chapter aims at discussing the relationship between epistemology and representation in today’s world; at the present time, this millennial relationship is complicated by scientific approaches more and more independent from conceptual models, relying instead on the correlation of enormous quantities of data processed by algorithms and artificial intelligences running on powerful computers and servers. The diagrams deployed to represent epistemological models can be considered as maps, such as it often happens with representations of notions, concepts, systems, or configurations whose forms would transcend human sight. Assigning to machines tasks that were once possible only for human subjects – e.g.: that of translating a text from a language to another – forces us to confront problems that apparently announce a new, final ‘end of representation’. But scholars and professionals from different fields are looking for new strategies to deal with the unfathomable complexity of the non- human. I here inscribe in this search, e.g.: Albert- László Barabási’s models of networks; Rosenberg and Grafton’s historical survey on the ‘cartographies of time’; Tim Ingold’s anthropological approach based on lines and meshwork; James Bridle’s invitation to choose, adopt and update appropriate metaphors; Reza Negarestani’s visual and playful representations of his AI epistemology; Florian Hecker’s installations, where synthetically generated aural stimuli are capable of subverting human neural activity; Frédérique Aït-Touati, Alexandra Arènes and Axelle Grégoire’s ‘potential cartographies’; Kate Crawford and Vladan Joler’s ‘anatomic’ map of Amazon Echo’s expanded system. Despite largely descending from an optical and perspectival cultural tradition, these strategies are innovative because they update some of the ‘parameters’ that are typical the of scopic regimes of Modernity and Post-Modernity: the disappearing frame of representation, the observer’s interactivity (no more only static nor monocular), the multiple co-present layers, multisensorial systems (information can be represented also in the audible, in the haptic, etc.). They foreshadow representational systems where information perceived by our senses coexist with that processed from data collected by artificial sensors: the ‘eye of god’ of cartographers, the embodied eyes of humans and the embedded ‘eyes’ of cameras share the same continuum: the place where reality meets the digital twin of the phenomenal world, the interface. Here, human and artificial intelligences not only meet but are also mediated. Maps of the near future, therefore, could be more and more like a sort of ‘augmented landscape’, or info-scape, useful not only to understand but also to design infrastructural connections of growing complexity. They could never be the territory, but the models on which they are based will be more and more detailed, extended and interactive. They will be crucial not only to understand new epistemologies, but also to shape them.
Rappresentazione e nuove epistemologie: tra mappe e visual thinking
Bergamo, Francesco
2022-01-01
Abstract
Questo saggio intende discutere il rapporto tra epistemologia e rappresentazione nel mondo contemporaneo, complicato dall’affermarsi di modalità di conoscenza sempre più svincolate da modelli, a vantaggio di approcci demandati alla correlazione di quantità di dati gestibili soltanto da reti di potenti calcolatori. I diagrammi impiegati per raffigurare modelli epistemologici sono tradizionalmente assimilati alla categoria delle mappe, così come spesso accade per le rappresentazioni di nozioni, concetti, sistemi o configurazioni che di per sé sfuggirebbero al senso umano della vista. Affidare alle macchine operazioni un tempo possibili solo per le intelligenze umane, come quella di tradurre un testo da una lingua a un’altra, costringe a confrontarsi con problemi che sembrano preannunciare una nuova, questa volta definitiva, ‘fine della rappresentazione’. Autori provenienti da ambiti diversi mostrano tuttavia come sia possibile, oltre che necessario, adottare nuove strategie per affrontare il problema di relazionarsi con la complessità insondabile del non-umano: si pensi al lavoro sulle reti di Albert-László Barabási, agli studi sulle ‘cartografie del tempo’, ai modelli basati su linee e meshwork proposti da Tim Ingold, all’approccio critico di James Bridle, alle raffigurazioni proposte da Reza Negarestani per la sua epistemologia delle intelligenze artificiali, alle installazioni di Florian Hecker, in cui elementi di sintesi digitale stravolgono l’attività neurale umana, alle ‘cartografie potenziali’ di Frédérique Aït-Touati, Alexandra Arènes e Axelle Grégoire, alla mappa ‘anatomica’ del sistema espanso di Amazon Echo proposta da Kate Crawford e Vladan Joler ecc. Sebbene discendano in larga parte dalla tradizione ottico-prospettica, queste strategie sperimentano innovazioni su alcuni dei ‘parametri’ tipici dei ‘regimi scopici’ sviluppatisi a partire dalla modernità: l’eliminazione della cornice della rappresentazione, l’interattività dell’osservatore (non più statico e monoculare), la molteplicità dei livelli compresenti, la multisensorialità (le informazioni posso- no essere rappresentate anche sui registri dell’udibile, dell’aptico ecc.). Esse prefigurano sistemi di rappresentazione in cui convivono informazioni percepite direttamente dal sensorio umano con quelle raccolte da sensori artificiali, ove scompare la soluzione di continuità tra l’occhio ‘di dio’ del cartografo e quello ‘incarnato’ dell’uomo o della fotocamera, in cui il digital twin del mondo fenomenico media i comportamenti delle intelligenze umane e di quelle artificiali. Le mappe a venire potrebbero dunque essere sempre più spesso una sorta di ‘paesaggio aumentato’, o di info-paesaggio, necessario per progettare relazioni infrastrutturali sempre più complesse. Non potranno mai coincidere con il territorio, ma i modelli su cui si fondano saranno sempre più estesi e interattivi. This chapter aims at discussing the relationship between epistemology and representation in today’s world; at the present time, this millennial relationship is complicated by scientific approaches more and more independent from conceptual models, relying instead on the correlation of enormous quantities of data processed by algorithms and artificial intelligences running on powerful computers and servers. The diagrams deployed to represent epistemological models can be considered as maps, such as it often happens with representations of notions, concepts, systems, or configurations whose forms would transcend human sight. Assigning to machines tasks that were once possible only for human subjects – e.g.: that of translating a text from a language to another – forces us to confront problems that apparently announce a new, final ‘end of representation’. But scholars and professionals from different fields are looking for new strategies to deal with the unfathomable complexity of the non- human. I here inscribe in this search, e.g.: Albert- László Barabási’s models of networks; Rosenberg and Grafton’s historical survey on the ‘cartographies of time’; Tim Ingold’s anthropological approach based on lines and meshwork; James Bridle’s invitation to choose, adopt and update appropriate metaphors; Reza Negarestani’s visual and playful representations of his AI epistemology; Florian Hecker’s installations, where synthetically generated aural stimuli are capable of subverting human neural activity; Frédérique Aït-Touati, Alexandra Arènes and Axelle Grégoire’s ‘potential cartographies’; Kate Crawford and Vladan Joler’s ‘anatomic’ map of Amazon Echo’s expanded system. Despite largely descending from an optical and perspectival cultural tradition, these strategies are innovative because they update some of the ‘parameters’ that are typical the of scopic regimes of Modernity and Post-Modernity: the disappearing frame of representation, the observer’s interactivity (no more only static nor monocular), the multiple co-present layers, multisensorial systems (information can be represented also in the audible, in the haptic, etc.). They foreshadow representational systems where information perceived by our senses coexist with that processed from data collected by artificial sensors: the ‘eye of god’ of cartographers, the embodied eyes of humans and the embedded ‘eyes’ of cameras share the same continuum: the place where reality meets the digital twin of the phenomenal world, the interface. Here, human and artificial intelligences not only meet but are also mediated. Maps of the near future, therefore, could be more and more like a sort of ‘augmented landscape’, or info-scape, useful not only to understand but also to design infrastructural connections of growing complexity. They could never be the territory, but the models on which they are based will be more and more detailed, extended and interactive. They will be crucial not only to understand new epistemologies, but also to shape them.File | Dimensione | Formato | |
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