La rinnovata recente attenzione per i paesaggi agrari ereditati ripropone il problema delle fonti più adeguate a documentarne la consistenza e a ricostruirne i processi di trasformazione. Già nel 1961 Emilio Sereni poneva in posizione privilegiata a questo fine i catasti e più in generale i dati fiscali, precisando al tempo stesso le difficoltà che ne impedivano un uso sistematico. Oggi, anche grazie alle innovazioni tecnologiche dell’era digitale, alcuni di questi ostacoli, come ad esempio la difficoltà di consultazione, stanno riducendosi e ne allargano l’uso nei campi disciplinari più diversi, anche grazie all’uso dei sistemi informativi geografici (GIS). Si riapre dunque il problema, già sollevato a suo tempo da studiosi come Lucio Gambi e Luigi Zangheri, delle cautele necessarie nel loro impiego, che deve essere accompagnato da un’ottima conoscenza del contesto storico e geografico di produzione, della articolazione interna di questa fonte e dei suoi limiti intrinseci, legati anche alla sua dimensione essenzialmente regionale. A partire da queste considerazioni, il contributo propone una riflessione critico-metodologica sull’uso delle serie prodotte dall’operazione catastale ottocentesca nelle province venete come fonte geografico-storica. La riflessione è illustrata attraverso alcuni esempi concreti, tratti da una ormai ventennale esperienza di ricerca nel campo dei GIS e negli archivi regionali, provinciali e comunali che conservano i documenti prodotti dalle operazioni censuarie ottocentesche.
I catasti storici delle province venete come fonte per la geostoria del paesaggio agrario = Historical cadastres of the venetian provinces as a source for the history of agricultural landscape
	
	
	
		
		
		
		
		
	
	
	
	
	
	
	
	
		
		
		
		
		
			
			
			
		
		
		
		
			
			
				
				
					
					
					
					
						
							
						
						
					
				
				
				
				
				
				
				
				
				
				
				
			
			
		
		
		
		
	
Viviana Ferrario
			2023-01-01
Abstract
La rinnovata recente attenzione per i paesaggi agrari ereditati ripropone il problema delle fonti più adeguate a documentarne la consistenza e a ricostruirne i processi di trasformazione. Già nel 1961 Emilio Sereni poneva in posizione privilegiata a questo fine i catasti e più in generale i dati fiscali, precisando al tempo stesso le difficoltà che ne impedivano un uso sistematico. Oggi, anche grazie alle innovazioni tecnologiche dell’era digitale, alcuni di questi ostacoli, come ad esempio la difficoltà di consultazione, stanno riducendosi e ne allargano l’uso nei campi disciplinari più diversi, anche grazie all’uso dei sistemi informativi geografici (GIS). Si riapre dunque il problema, già sollevato a suo tempo da studiosi come Lucio Gambi e Luigi Zangheri, delle cautele necessarie nel loro impiego, che deve essere accompagnato da un’ottima conoscenza del contesto storico e geografico di produzione, della articolazione interna di questa fonte e dei suoi limiti intrinseci, legati anche alla sua dimensione essenzialmente regionale. A partire da queste considerazioni, il contributo propone una riflessione critico-metodologica sull’uso delle serie prodotte dall’operazione catastale ottocentesca nelle province venete come fonte geografico-storica. La riflessione è illustrata attraverso alcuni esempi concreti, tratti da una ormai ventennale esperienza di ricerca nel campo dei GIS e negli archivi regionali, provinciali e comunali che conservano i documenti prodotti dalle operazioni censuarie ottocentesche.| File | Dimensione | Formato | |
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