Il libro osserva l’architettura privilegiando una prospettiva angolare, concentrandosi su quanto avviene lungo gli spigoli degli edifici, linee silenziose nelle rappresentazioni dei prospetti, che acquistano voce con la terza dimensione, emergendo dalle facciate come elementi dotati di spessore, forma e capacità di invadere parte della costruzione che li comprende. Il primo capitolo inquadra il tema dell’angolo come questione architettonica, partendo dall’etimologica del termine latino «angulus», direttamente legato alla parola italiana, e di quello greco «γωνία», quest’ultimo latore di imprevedibili suggestioni. Anche i sinonimi e i derivati di ‘angolo’ sono in grado di aprire strade inedite, perché se ‘canto’, ‘cantone’, ‘cantuccio’ e ‘scantonare’ appartengono a un vocabolario noto, meno consueta per noi risulta l’espressione ‘tagliacantone’, tanto più se viene usata per definire Borromini e la sua abitudine a risolvere gli angoli mediante il ricorso agli arrotondamenti, non senza una qualche sottolineatura critica da parte di chi quel termine ha scelto: il rivale di sempre, Bernini. Il dibattito sul conflitto angolare nel mondo greco è l’origine del tema stesso e punto di avvio di ogni considerazione successiva. Nato tra il VII e il VI secolo a.C., quando le necessità di rispettare la disposizione del triglifo sull’asse della colonna, e al contempo sull’angolo dell’edificio, entrano in contrasto nel passaggio dalla costruzione lignea a quella in pietra del tempio dorico, il problema pone una questione di coerenza tra costruzione e forma che determinerà il conflitto, risolto con due opzioni diverse di cui la più diffusa risulterà essere la doppia contrazione angolare, con la suddivisione della contrazione tra gli ultimi due intercolumni adiacenti l'angolo. L’attenzione è rivolta agli angoli lapidei di cui viene tratteggiata una breve storia che ripercorre alcune tra le più note soluzioni che l’architettura ci ha consegnato, in un percorso che attraversa le opere, tra gli altri, di Bramante, Palladio e Bernini. Ma non c’è solo l’architettura aulica, perché la necessità di conferire solidità e robustezza all’apparecchiatura muraria di piccoli e grandi edifici ha dato vita a un repertorio altrettanto ricco di esempi. Per questo il Capitolo II si concentra sui cantonali, i nodi strutturali determinanti nelle costruzioni in muratura, di cui risolvono l’ammorsamento tra i muri perimetrali. Legati alle capacità artigianali delle antiche maestranze e ai litotipi disponibili nelle varie regioni d’Italia, nella loro essenzialità sono divenuti riconoscibili elementi architettonici e importanti segni urbani. Il saggio analizza due realtà: i cantonali siciliani e quelli veneziani, in gran parte di origine barocca i primi, legati a diversi momenti storici quelli della città lagunare, entrambi in grado di connotare con il loro carattere l’architettura dei luoghi. Il capitolo III costituisce una piccola deviazione rispetto al tema centrale del testo, alla ricerca di esempi di angoli realizzati con materiali diversi dalla pietra. Incroci o piegamenti dei muri pongono a ogni materiale o sistema costruttivo questioni da risolvere e temi da sviluppare. Per alcuni di essi le possibilità appartengono a un vocabolario consolidato, come avviene per il Blockbau, il tradizionale sistema a tronchi d’albero disposti orizzontalmente, per altri si tratta di individuare di volta in volta congiunture che diano coerenza formale alle potenzialità che i sistemi costruttivi offrono, come è avvenuto con il calcestruzzo plasmato da Carlo Scarpa, o per i pilastri in acciaio di Mies van der Rohe. Il capitolo IV propone una esplorazione nell’architettura contemporanea di pietra alla ricerca di esempi di opere in cui il dettaglio degli angoli, superata la necessità strutturale, abbia saputo trovare occasioni di progetto, anche quando si impiegano i rivestimenti litici, dunque proprio nel caso in cui l’angolo rischia di assumere un ruolo decorativo. Invece, più le condizioni di partenza paiono ridurre a un numero limitato le possibilità di azione, più, all’interno di ognuna di esse, trova spazio la variazione e l’interpretazione personale dell’autore. Il capitolo è completato da schede di approfondimento riferite a progetti in cui gli angoli offrono ulteriori spunti all’interno di edifici di dimensioni, funzioni e collocazioni diverse. Lo sguardo punta alle pieghe dell’architettura senza cercare risposte risolutive o lezioni da replicare. È una indagine che non intende privilegiare una soluzione rispetto a un’altra, ma mettere in evidenza quanto alcuni dei dettagli proposti siano riusciti a produrre elaborazioni originali, attraverso riletture delle regole del passato, o del tutto inedite rispetto ad esse, radicandosi entrambe nel presente. Non si tratta di una trattazione esaustiva e risente degli interessi e della formazione dell’autrice, ma di osservazioni sul campo che si vuole condividere con il lettore, il quale, a sua volta, ha certo in mente altri progetti e altri angoli, per continuare un viaggio tra architetture e spigoli che non hanno più bisogno di manifestarsi a fini difensivi, ma che continuano a raccontare mondi fantastici, “a più dimensioni”.

L'architettura negli angoli

Valeria Tatano
2023-01-01

Abstract

Il libro osserva l’architettura privilegiando una prospettiva angolare, concentrandosi su quanto avviene lungo gli spigoli degli edifici, linee silenziose nelle rappresentazioni dei prospetti, che acquistano voce con la terza dimensione, emergendo dalle facciate come elementi dotati di spessore, forma e capacità di invadere parte della costruzione che li comprende. Il primo capitolo inquadra il tema dell’angolo come questione architettonica, partendo dall’etimologica del termine latino «angulus», direttamente legato alla parola italiana, e di quello greco «γωνία», quest’ultimo latore di imprevedibili suggestioni. Anche i sinonimi e i derivati di ‘angolo’ sono in grado di aprire strade inedite, perché se ‘canto’, ‘cantone’, ‘cantuccio’ e ‘scantonare’ appartengono a un vocabolario noto, meno consueta per noi risulta l’espressione ‘tagliacantone’, tanto più se viene usata per definire Borromini e la sua abitudine a risolvere gli angoli mediante il ricorso agli arrotondamenti, non senza una qualche sottolineatura critica da parte di chi quel termine ha scelto: il rivale di sempre, Bernini. Il dibattito sul conflitto angolare nel mondo greco è l’origine del tema stesso e punto di avvio di ogni considerazione successiva. Nato tra il VII e il VI secolo a.C., quando le necessità di rispettare la disposizione del triglifo sull’asse della colonna, e al contempo sull’angolo dell’edificio, entrano in contrasto nel passaggio dalla costruzione lignea a quella in pietra del tempio dorico, il problema pone una questione di coerenza tra costruzione e forma che determinerà il conflitto, risolto con due opzioni diverse di cui la più diffusa risulterà essere la doppia contrazione angolare, con la suddivisione della contrazione tra gli ultimi due intercolumni adiacenti l'angolo. L’attenzione è rivolta agli angoli lapidei di cui viene tratteggiata una breve storia che ripercorre alcune tra le più note soluzioni che l’architettura ci ha consegnato, in un percorso che attraversa le opere, tra gli altri, di Bramante, Palladio e Bernini. Ma non c’è solo l’architettura aulica, perché la necessità di conferire solidità e robustezza all’apparecchiatura muraria di piccoli e grandi edifici ha dato vita a un repertorio altrettanto ricco di esempi. Per questo il Capitolo II si concentra sui cantonali, i nodi strutturali determinanti nelle costruzioni in muratura, di cui risolvono l’ammorsamento tra i muri perimetrali. Legati alle capacità artigianali delle antiche maestranze e ai litotipi disponibili nelle varie regioni d’Italia, nella loro essenzialità sono divenuti riconoscibili elementi architettonici e importanti segni urbani. Il saggio analizza due realtà: i cantonali siciliani e quelli veneziani, in gran parte di origine barocca i primi, legati a diversi momenti storici quelli della città lagunare, entrambi in grado di connotare con il loro carattere l’architettura dei luoghi. Il capitolo III costituisce una piccola deviazione rispetto al tema centrale del testo, alla ricerca di esempi di angoli realizzati con materiali diversi dalla pietra. Incroci o piegamenti dei muri pongono a ogni materiale o sistema costruttivo questioni da risolvere e temi da sviluppare. Per alcuni di essi le possibilità appartengono a un vocabolario consolidato, come avviene per il Blockbau, il tradizionale sistema a tronchi d’albero disposti orizzontalmente, per altri si tratta di individuare di volta in volta congiunture che diano coerenza formale alle potenzialità che i sistemi costruttivi offrono, come è avvenuto con il calcestruzzo plasmato da Carlo Scarpa, o per i pilastri in acciaio di Mies van der Rohe. Il capitolo IV propone una esplorazione nell’architettura contemporanea di pietra alla ricerca di esempi di opere in cui il dettaglio degli angoli, superata la necessità strutturale, abbia saputo trovare occasioni di progetto, anche quando si impiegano i rivestimenti litici, dunque proprio nel caso in cui l’angolo rischia di assumere un ruolo decorativo. Invece, più le condizioni di partenza paiono ridurre a un numero limitato le possibilità di azione, più, all’interno di ognuna di esse, trova spazio la variazione e l’interpretazione personale dell’autore. Il capitolo è completato da schede di approfondimento riferite a progetti in cui gli angoli offrono ulteriori spunti all’interno di edifici di dimensioni, funzioni e collocazioni diverse. Lo sguardo punta alle pieghe dell’architettura senza cercare risposte risolutive o lezioni da replicare. È una indagine che non intende privilegiare una soluzione rispetto a un’altra, ma mettere in evidenza quanto alcuni dei dettagli proposti siano riusciti a produrre elaborazioni originali, attraverso riletture delle regole del passato, o del tutto inedite rispetto ad esse, radicandosi entrambe nel presente. Non si tratta di una trattazione esaustiva e risente degli interessi e della formazione dell’autrice, ma di osservazioni sul campo che si vuole condividere con il lettore, il quale, a sua volta, ha certo in mente altri progetti e altri angoli, per continuare un viaggio tra architetture e spigoli che non hanno più bisogno di manifestarsi a fini difensivi, ma che continuano a raccontare mondi fantastici, “a più dimensioni”.
2023
9791259530370
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11578/326926
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