La città espansa Nonostante si possa collocare, con una certa precisione, la nascita della Barcellona di cultura ispanica a cavallo dell’anno mille, con altrettanta convinzione si può parlare della città catalana come di una città di fondazione recente. Ancora nel 1858, infatti, la città catalana non era altro che un ristretto agglomerato urbano cresciuto su sé stesso fin dall’epoca medioevale. Il suo contesto circostante più immediato era costituito dalla stretta striscia di pianura alluvionale delimitata a sud-est dalla distesa del mar Mediterraneo, mentre, tutt’intorno, si erano sviluppati, in maniera occasionale e non coordinata, una serie piccoli centri satellite. Il piano. Considerato tale scenario, l’imponente progetto di sviluppo del capoluogo catalano redatto da Cerdà nel 1859 non è tanto da intendere come un piano di espansione della città esistente quanto un piano di vera e propria fondazione di una città nuova, per spirito, forma e dimensione. Proprio questa rigorosa logica geometrica dell’idea di Cerdà, nonostante la sua capacità di pianificare l’evoluzione della città catalana si esaurisca con i primi decenni del XX secolo, determinerà un imprinting di ispirazione cartesiana e razionale che si depositerà a lungo nell’immaginario formale di Barcellona. Il parco. Qualche decennio dopo l’adozione di questo ambizioso piano di espansione, a Barcellona si afferma, con numerosi lavori, il genio schivo e tormentato di Antoni Gaudi. L’opera con l’impatto maggiore sulla struttura urbana della città è il cosiddetto Parc Güell. Questo luogo, così come le altre geniali architetture del cosiddetto Modernismo catalano di Gaudì, con le loro geometrie ispirate agli organismi biologici e alle forme della natura, determineranno l’imprinting più organico e irrazionale della città. Anche questa seconda memoria formale resterà impressa nella genetica architettonica di Barcellona per lungo tempo. La città moderna Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, pertanto, l’influenza esercitata dall’idea razionale di Cerdà per un verso e dall'impulso organico di Gaudì per l’altro verso, determinerà quella che si può considerare come la doppia anima creativa della città catalana. Questi due modi opposti di concepire la forma avranno una grande influenza sui migliori architetti barcellonesi del Novecento che si collocheranno, di volta in volta, all’interno dell’una o dell’altra famiglia espressiva per dare vita ai più emblematici edifici della futura città novecentesca. A causa del forte rallentamento culturale causato dalla dittatura militare, però, bisognerà aspettare fino alla fine degli anni Sessanta per osservare i risultati di questo influsso nelle esperienze professionali della generazione di architetti catalani nati nei primi due decenni del nuovo secolo come Sert, Coderch e Sostres. Il museo. L’anima razionale della città, ravvivata dall’ormai consolidata corrente del modernismo europeo, permea, senza dubbio, tutto il lavoro di José Luis Sert. Una delle sue esperienze più importanti è la collaborazione con il grande artista catalano Joan Mirò, per il quale realizzerà il noto museo dedicato alla raccolta e all’esposizione dell’opera dell’artista a Barcellona, conosciuto come Fondazione Mirò. La casa. Nello stesso periodo anche un altro grande maestro catalano, Josep Antoni Coderch i de Sentmenat, stava raccogliendo i frutti di una carriera ormai più che ventennale. L’approccio progettuale di Coderch, sempre contenuto nell’alveo della modernità, è, senza dubbio, sostenuto da un impulso di matrice più organica e irrazionale. L’esempio più emblematico di questa ricerca è il complesso di edifici denominato Las Cocheras de Sarrià, una serie di doppi blocchi di abitazione di sette livelli fuori terra, che, toccandosi sul fianco, sono combinati in tre file parallele. La città metropolitana Nel 1975, con la fine del franchismo, si apre una intensa stagione di sviluppo per la città catalana, agevolata dal nuovo clima sociale e politico che si respira in tutto il territorio iberico e, in particolare, in Catalogna, ridiventata comunità autonoma. È in questo periodo che Barcellona si scopre città metropolitana, con un bacino di influenza allargato sia lungo la direttrice che si sviluppa sulla linea di costa sia lungo la direttrice che si dilata in senso trasversale, dal mare verso il territorio interno più accidentato. Il mercato. Proprio nell’ambito di questo territorio più vasto ricade l’opera che conclude la carriera di uno degli architetti più interessanti e meno noti della sua generazione. Si tratta del Mercat de la Salut a Badalona di Josep Maria Sostres, un edificio di impronta chiaramente razionalista collocato all’interno di un’area densamente costruita di questa porzione nord-orientale di città. Il cimitero. Negli stessi anni in cui si chiude la carriera di Sostres, comincia il percorso professionale del giovane Enric Miralles. Proprio nel 1984, infatti, lo studio Miralles-Pinós vince il concorso per il nuovo cimitero di Igualada. L’edificio sembra una straordinaria opera di land art piuttosto che una costruzione intesa in senso stretto ed è situato al margine di una vasta area industriale, un sito da bonificare dal punto di vista ambientale oltre che da riqualificare dal punto di vista architettonico. La città olimpica A partire dalla fine degli anni Ottanta lo sviluppo dell’idea di Barcellona come città metropolitana dispersa si affievolisce e si determinano scelte urbanistiche contrarie dal momento in cui, nel 1986, diventa ufficiale l’assegnazione dei Giochi Olimpici del 1992 alla città catalana. L’enorme successo dell’operazione e delle sue ricadute in termini di rigenerazione urbana richiama i principali architetti internazionali a partecipare al processo di trasformazione della città. In questo quadro rientrano gli interventi realizzati da due maestri indiscussi dell’architettura contemporanea all’interno del lungomare della cosiddetta Villa Olimpica. L’osservatorio. Il primo intervento è quello di Alvaro Siza Vieira per l’Osservatorio Meteorologico della Villa Olimpica, concluso nel 1992. Si tratta di un geometrico cilindro in cemento armato di sei livelli fuori terra che contrassegna il punto conclusivo del braccio di arenile disteso sul fronte marittimo del Poblenou. La scultura. Il secondo intervento è la scultura metallica di forma anfibia che Frank Gerhy realizza nel 1993 all’interno dell’area dell’Hotel Arts, situato sul terminale nordorientale del fronte marittimo della Barceloneta, anche questo recuperato all’uso pubblico. La città contemporanea L’avventura olimpica rappresenta solo l’inizio di un ventennale processo di trasformazione della città catalana che saprà sfruttare ogni occasione per attirare capitali utili alla riconfigurazione di molte aree degradate e marginali del suo perimetro urbano. Osservando questa impressionante produzione edilizia si fa fatica, però, a ricondurla ai principi architettonici su cui si è fondata ed è cresciuta la città durante tutto il secolo scorso. All’improvviso, il capoluogo catalano sembra avere smarrito la sua doppia anima creativa, quella duplice genetica formale di matrice organica e di spirito razionale che ha contraddistinto, per oltre un secolo, la sua capacità di “fare città”.
La doppia anima della città. La Barcellona dei Maestri del Novecento tra impulso organico e idea razionale
Francesco Cacciatore
2023-01-01
Abstract
La città espansa Nonostante si possa collocare, con una certa precisione, la nascita della Barcellona di cultura ispanica a cavallo dell’anno mille, con altrettanta convinzione si può parlare della città catalana come di una città di fondazione recente. Ancora nel 1858, infatti, la città catalana non era altro che un ristretto agglomerato urbano cresciuto su sé stesso fin dall’epoca medioevale. Il suo contesto circostante più immediato era costituito dalla stretta striscia di pianura alluvionale delimitata a sud-est dalla distesa del mar Mediterraneo, mentre, tutt’intorno, si erano sviluppati, in maniera occasionale e non coordinata, una serie piccoli centri satellite. Il piano. Considerato tale scenario, l’imponente progetto di sviluppo del capoluogo catalano redatto da Cerdà nel 1859 non è tanto da intendere come un piano di espansione della città esistente quanto un piano di vera e propria fondazione di una città nuova, per spirito, forma e dimensione. Proprio questa rigorosa logica geometrica dell’idea di Cerdà, nonostante la sua capacità di pianificare l’evoluzione della città catalana si esaurisca con i primi decenni del XX secolo, determinerà un imprinting di ispirazione cartesiana e razionale che si depositerà a lungo nell’immaginario formale di Barcellona. Il parco. Qualche decennio dopo l’adozione di questo ambizioso piano di espansione, a Barcellona si afferma, con numerosi lavori, il genio schivo e tormentato di Antoni Gaudi. L’opera con l’impatto maggiore sulla struttura urbana della città è il cosiddetto Parc Güell. Questo luogo, così come le altre geniali architetture del cosiddetto Modernismo catalano di Gaudì, con le loro geometrie ispirate agli organismi biologici e alle forme della natura, determineranno l’imprinting più organico e irrazionale della città. Anche questa seconda memoria formale resterà impressa nella genetica architettonica di Barcellona per lungo tempo. La città moderna Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, pertanto, l’influenza esercitata dall’idea razionale di Cerdà per un verso e dall'impulso organico di Gaudì per l’altro verso, determinerà quella che si può considerare come la doppia anima creativa della città catalana. Questi due modi opposti di concepire la forma avranno una grande influenza sui migliori architetti barcellonesi del Novecento che si collocheranno, di volta in volta, all’interno dell’una o dell’altra famiglia espressiva per dare vita ai più emblematici edifici della futura città novecentesca. A causa del forte rallentamento culturale causato dalla dittatura militare, però, bisognerà aspettare fino alla fine degli anni Sessanta per osservare i risultati di questo influsso nelle esperienze professionali della generazione di architetti catalani nati nei primi due decenni del nuovo secolo come Sert, Coderch e Sostres. Il museo. L’anima razionale della città, ravvivata dall’ormai consolidata corrente del modernismo europeo, permea, senza dubbio, tutto il lavoro di José Luis Sert. Una delle sue esperienze più importanti è la collaborazione con il grande artista catalano Joan Mirò, per il quale realizzerà il noto museo dedicato alla raccolta e all’esposizione dell’opera dell’artista a Barcellona, conosciuto come Fondazione Mirò. La casa. Nello stesso periodo anche un altro grande maestro catalano, Josep Antoni Coderch i de Sentmenat, stava raccogliendo i frutti di una carriera ormai più che ventennale. L’approccio progettuale di Coderch, sempre contenuto nell’alveo della modernità, è, senza dubbio, sostenuto da un impulso di matrice più organica e irrazionale. L’esempio più emblematico di questa ricerca è il complesso di edifici denominato Las Cocheras de Sarrià, una serie di doppi blocchi di abitazione di sette livelli fuori terra, che, toccandosi sul fianco, sono combinati in tre file parallele. La città metropolitana Nel 1975, con la fine del franchismo, si apre una intensa stagione di sviluppo per la città catalana, agevolata dal nuovo clima sociale e politico che si respira in tutto il territorio iberico e, in particolare, in Catalogna, ridiventata comunità autonoma. È in questo periodo che Barcellona si scopre città metropolitana, con un bacino di influenza allargato sia lungo la direttrice che si sviluppa sulla linea di costa sia lungo la direttrice che si dilata in senso trasversale, dal mare verso il territorio interno più accidentato. Il mercato. Proprio nell’ambito di questo territorio più vasto ricade l’opera che conclude la carriera di uno degli architetti più interessanti e meno noti della sua generazione. Si tratta del Mercat de la Salut a Badalona di Josep Maria Sostres, un edificio di impronta chiaramente razionalista collocato all’interno di un’area densamente costruita di questa porzione nord-orientale di città. Il cimitero. Negli stessi anni in cui si chiude la carriera di Sostres, comincia il percorso professionale del giovane Enric Miralles. Proprio nel 1984, infatti, lo studio Miralles-Pinós vince il concorso per il nuovo cimitero di Igualada. L’edificio sembra una straordinaria opera di land art piuttosto che una costruzione intesa in senso stretto ed è situato al margine di una vasta area industriale, un sito da bonificare dal punto di vista ambientale oltre che da riqualificare dal punto di vista architettonico. La città olimpica A partire dalla fine degli anni Ottanta lo sviluppo dell’idea di Barcellona come città metropolitana dispersa si affievolisce e si determinano scelte urbanistiche contrarie dal momento in cui, nel 1986, diventa ufficiale l’assegnazione dei Giochi Olimpici del 1992 alla città catalana. L’enorme successo dell’operazione e delle sue ricadute in termini di rigenerazione urbana richiama i principali architetti internazionali a partecipare al processo di trasformazione della città. In questo quadro rientrano gli interventi realizzati da due maestri indiscussi dell’architettura contemporanea all’interno del lungomare della cosiddetta Villa Olimpica. L’osservatorio. Il primo intervento è quello di Alvaro Siza Vieira per l’Osservatorio Meteorologico della Villa Olimpica, concluso nel 1992. Si tratta di un geometrico cilindro in cemento armato di sei livelli fuori terra che contrassegna il punto conclusivo del braccio di arenile disteso sul fronte marittimo del Poblenou. La scultura. Il secondo intervento è la scultura metallica di forma anfibia che Frank Gerhy realizza nel 1993 all’interno dell’area dell’Hotel Arts, situato sul terminale nordorientale del fronte marittimo della Barceloneta, anche questo recuperato all’uso pubblico. La città contemporanea L’avventura olimpica rappresenta solo l’inizio di un ventennale processo di trasformazione della città catalana che saprà sfruttare ogni occasione per attirare capitali utili alla riconfigurazione di molte aree degradate e marginali del suo perimetro urbano. Osservando questa impressionante produzione edilizia si fa fatica, però, a ricondurla ai principi architettonici su cui si è fondata ed è cresciuta la città durante tutto il secolo scorso. All’improvviso, il capoluogo catalano sembra avere smarrito la sua doppia anima creativa, quella duplice genetica formale di matrice organica e di spirito razionale che ha contraddistinto, per oltre un secolo, la sua capacità di “fare città”.File | Dimensione | Formato | |
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