La tesi affronta il tema del rapporto tra progetto di architettura e città, con l’intento di dimostrare che nella lettura della specificità dei caratteri di un luogo risiede la più efficace chiave interpretativa per “abitare” la scena urbana attraverso il progetto. Nel perseguire questo obiettivo, la tesi è supportata da argomentazioni di natura compositiva che si sviluppano nell’ambito di un ben circoscritto e strumentale campo di indagine: la reinterpretazione progettuale che Stefania Filo Speziale (1905-1988, architetto e docente universitario di Composizione architettonica) dà, attraverso la sua opera realizzata, di quei caratteri che rendono Napoli una città “teatrale”. In particolare, la ricerca si concentra sull’analisi critica di tre progetti che consentono di mettere in luce le modalità operative attraverso le quali Filo Speziale legge e rielabora gli aspetti di teatralità propri della conformazione orografica e della storia della città di Napoli, traducendoli in un linguaggio architettonico di tersa modernità. Tra le prime opere realizzate da Filo Speziale, la Porta Nord della Mostra d’Oltremare (1937-40) si configura significativamente come un “dispositivo relazionale” che, in forma di quinta scenica, raccoglie e introietta le sollecitazioni progettuali insite nel luogo in cui si radica. Ma è soprattutto in Palazzo Della Morte (1951-57) e in Palazzo Filo (1953-55) che, a partire dagli elementi di individualità urbana enucleati da Pane in "Napoli imprevista" (1949), la tesi rintraccia la reinvenzione, in chiave moderna, di alcuni elementi architettonici e tipo-morfologici che conferiscono a Napoli il suo specifico carattere di teatralità. Le settecentesche scale aperte, i chiostri conventuali, le terrazze piane e le “soglie” del centro antico sono i temi che Stefania Filo Speziale rielabora nell'ambito della residenza urbana, trasformando l’insediamento abitativo in una “macchina teatrale”, in bilico tra natura e artificio. Napoli è senz’altro il campo fisico e geografico entro il quale prende concretamente corpo l’agire compositivo di Filo Speziale, ma la scena urbana napoletana è al tempo stesso, e con eccezionale vigore, l’ineludibile campo semantico su cui convergono i suoi studi e i suoi interessi. Il rapporto architettura–città, filtrato attraverso la chiave interpretativa della “teatralità” nell’opera di Filo Speziale, appare pertanto straordinariamente attuale proprio perché si dispiega nel progetto attraverso due livelli d’azione e di significato tra loro strettamente interrelati. Da un lato l’architettura si ancora alla città, cucendosi sulla sua orografia e costruendo molteplici occasioni di riconfigurazione della scena urbana, attraverso un caleidoscopio di dispositivi “relazionali” e “teatrali” (le scale aperte, il chiostro, le passerelle aeree…), declinati attraverso un linguaggio “moderno” pienamente mediterraneo. Dall’altro l’architettura si radica alla storia e alla forma della città, rielaborandone i caratteri più eccezionali, come quella poliedrica idea di “porosità” messa in luce da Walter Benjamin, propriamente espressa nell’inestricabile relazione tra spazi aperti e spazi chiusi, nella commistione tra luoghi pubblici e privati, nel rapporto tra città di sopra e città di sotto. In questo quadro, la città è un “laboratorio di verifica sperimentale”, tanto nell’esperienza didattica all’Università – su cui la tesi compie un’approfondita indagine volta a mettere in luce il ruolo di Filo Speziale quale rilevante figura del panorama accademico italiano del Novecento –, quanto, anzitutto, nella concreta pratica progettuale, inequivocabilmente pronta a confrontarsi con la complessità, l’asprezza e, al tempo stesso, la straordinaria ricchezza che solo la realtà può offrire.

Un teatro da abitare: Napoli nei progetti di Stefania Filo Speziale / Cocozza, Mattia. - (2023 Jun 14). [10.25432/cocozza-mattia_phd2023-06-14]

Un teatro da abitare: Napoli nei progetti di Stefania Filo Speziale

COCOZZA, MATTIA
2023-06-14

Abstract

La tesi affronta il tema del rapporto tra progetto di architettura e città, con l’intento di dimostrare che nella lettura della specificità dei caratteri di un luogo risiede la più efficace chiave interpretativa per “abitare” la scena urbana attraverso il progetto. Nel perseguire questo obiettivo, la tesi è supportata da argomentazioni di natura compositiva che si sviluppano nell’ambito di un ben circoscritto e strumentale campo di indagine: la reinterpretazione progettuale che Stefania Filo Speziale (1905-1988, architetto e docente universitario di Composizione architettonica) dà, attraverso la sua opera realizzata, di quei caratteri che rendono Napoli una città “teatrale”. In particolare, la ricerca si concentra sull’analisi critica di tre progetti che consentono di mettere in luce le modalità operative attraverso le quali Filo Speziale legge e rielabora gli aspetti di teatralità propri della conformazione orografica e della storia della città di Napoli, traducendoli in un linguaggio architettonico di tersa modernità. Tra le prime opere realizzate da Filo Speziale, la Porta Nord della Mostra d’Oltremare (1937-40) si configura significativamente come un “dispositivo relazionale” che, in forma di quinta scenica, raccoglie e introietta le sollecitazioni progettuali insite nel luogo in cui si radica. Ma è soprattutto in Palazzo Della Morte (1951-57) e in Palazzo Filo (1953-55) che, a partire dagli elementi di individualità urbana enucleati da Pane in "Napoli imprevista" (1949), la tesi rintraccia la reinvenzione, in chiave moderna, di alcuni elementi architettonici e tipo-morfologici che conferiscono a Napoli il suo specifico carattere di teatralità. Le settecentesche scale aperte, i chiostri conventuali, le terrazze piane e le “soglie” del centro antico sono i temi che Stefania Filo Speziale rielabora nell'ambito della residenza urbana, trasformando l’insediamento abitativo in una “macchina teatrale”, in bilico tra natura e artificio. Napoli è senz’altro il campo fisico e geografico entro il quale prende concretamente corpo l’agire compositivo di Filo Speziale, ma la scena urbana napoletana è al tempo stesso, e con eccezionale vigore, l’ineludibile campo semantico su cui convergono i suoi studi e i suoi interessi. Il rapporto architettura–città, filtrato attraverso la chiave interpretativa della “teatralità” nell’opera di Filo Speziale, appare pertanto straordinariamente attuale proprio perché si dispiega nel progetto attraverso due livelli d’azione e di significato tra loro strettamente interrelati. Da un lato l’architettura si ancora alla città, cucendosi sulla sua orografia e costruendo molteplici occasioni di riconfigurazione della scena urbana, attraverso un caleidoscopio di dispositivi “relazionali” e “teatrali” (le scale aperte, il chiostro, le passerelle aeree…), declinati attraverso un linguaggio “moderno” pienamente mediterraneo. Dall’altro l’architettura si radica alla storia e alla forma della città, rielaborandone i caratteri più eccezionali, come quella poliedrica idea di “porosità” messa in luce da Walter Benjamin, propriamente espressa nell’inestricabile relazione tra spazi aperti e spazi chiusi, nella commistione tra luoghi pubblici e privati, nel rapporto tra città di sopra e città di sotto. In questo quadro, la città è un “laboratorio di verifica sperimentale”, tanto nell’esperienza didattica all’Università – su cui la tesi compie un’approfondita indagine volta a mettere in luce il ruolo di Filo Speziale quale rilevante figura del panorama accademico italiano del Novecento –, quanto, anzitutto, nella concreta pratica progettuale, inequivocabilmente pronta a confrontarsi con la complessità, l’asprezza e, al tempo stesso, la straordinaria ricchezza che solo la realtà può offrire.
14-giu-2023
35
ARCHITETTURA, CITTA' E DESIGN
Un teatro da abitare: Napoli nei progetti di Stefania Filo Speziale / Cocozza, Mattia. - (2023 Jun 14). [10.25432/cocozza-mattia_phd2023-06-14]
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Descrizione: Un teatro da abitare: Napoli nei progetti di Stefania Filo Speziale
Tipologia: Tesi di dottorato
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