Il contributo si propone di introdurre il tema dell’abitare in ottica trasformativa, rileggendo il mostruoso come qualità spaziale generativa deistituzionalizzante. Lo spazio domestico viene inteso come corpo da liberare tramite il distacco dalla costrizione di ruoli che la suddivisione architettonica ha imposto (m2ft, 2019) per riaccedere al perturbante come strategia progettuale (Metta, 2022), al selvatico come attitudine in cui il domestico si svincola dall’addomesticamento che coinvolge le sue forme. La casa si attesta come spazio emancipatorio e generativo, di negoziazione e rivendicazione di spazi e corpi attraverso l’apertura a una instabilità che sfrutta l’immaginario per trasformare il reale. Sulla scorta del concetto di fantastic institutions (Vanhee, 2021) la lettura delle implicazioni istituzionali dell’ambiente casa apre alla possibilità di lavorare su un suo capovolgimento fantastico, in cui lo spazio casa possa essere riconfigurato come instabilità fertile per nuove strategie del vivere. Si suggerisce lo sviluppo di tale movimento attraverso la pratica artistica, spazio privilegiato per riappropriarsi dell’istituzione in modo radicale (Caleo, 2021) e per tutelare un abitare che goda delle azioni collettive partecipate come punto di forza e nodo politico per il suo mutamento. Si intende fare riferimento a progetti che tematizzano i limiti del domestico - Womanhouse, Judy Chicago, Miriam Schapiro (1972); withDrawing Room, DS+R (1987); Mainichi, Mattie Brice, (2012); Sweet Parliament Home, Andrés Jaque Architects, (2016) - e posizionare la trattazione come replica alla mancanza/inadeguatezza di politiche pubbliche di cui il diritto alla casa soffre. Riappropriarsi dello statuto di corpi giustificati a contare quanto gli spazi che attraversano come un’invasione, una istigazione alla presenza in quanto corpi in spazi incarnati.
Rimbalzare dall'interno. Abitare mostruoso per un domestico futuribile
Rizzi, Valentina
2023-01-01
Abstract
Il contributo si propone di introdurre il tema dell’abitare in ottica trasformativa, rileggendo il mostruoso come qualità spaziale generativa deistituzionalizzante. Lo spazio domestico viene inteso come corpo da liberare tramite il distacco dalla costrizione di ruoli che la suddivisione architettonica ha imposto (m2ft, 2019) per riaccedere al perturbante come strategia progettuale (Metta, 2022), al selvatico come attitudine in cui il domestico si svincola dall’addomesticamento che coinvolge le sue forme. La casa si attesta come spazio emancipatorio e generativo, di negoziazione e rivendicazione di spazi e corpi attraverso l’apertura a una instabilità che sfrutta l’immaginario per trasformare il reale. Sulla scorta del concetto di fantastic institutions (Vanhee, 2021) la lettura delle implicazioni istituzionali dell’ambiente casa apre alla possibilità di lavorare su un suo capovolgimento fantastico, in cui lo spazio casa possa essere riconfigurato come instabilità fertile per nuove strategie del vivere. Si suggerisce lo sviluppo di tale movimento attraverso la pratica artistica, spazio privilegiato per riappropriarsi dell’istituzione in modo radicale (Caleo, 2021) e per tutelare un abitare che goda delle azioni collettive partecipate come punto di forza e nodo politico per il suo mutamento. Si intende fare riferimento a progetti che tematizzano i limiti del domestico - Womanhouse, Judy Chicago, Miriam Schapiro (1972); withDrawing Room, DS+R (1987); Mainichi, Mattie Brice, (2012); Sweet Parliament Home, Andrés Jaque Architects, (2016) - e posizionare la trattazione come replica alla mancanza/inadeguatezza di politiche pubbliche di cui il diritto alla casa soffre. Riappropriarsi dello statuto di corpi giustificati a contare quanto gli spazi che attraversano come un’invasione, una istigazione alla presenza in quanto corpi in spazi incarnati.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.