“These fragments I have shored against my ruins”: ecco la soluzione proposta da T.S.Eliot, accettando tutta la crudeltà di un Aprile desolato, ma comunque gravido di promesse. Gli scarti del processo di sviluppo e trasformazione del territorio possono forse essere – in analogia col metodo e la poetica suggeriti da Eliot – i frammenti di un discorso-paesaggio da sovrascrivere sovradisegnare nello spazio-tempo di luoghi che appaiono oggi rifiutati. Quel che possiamo fare – sembra suggerire la Waste Land di Eliot – è disegnare un processo (con tutte le variabilità e adattività possibili) che costruisca relazioni (spazio-temporali) fra quei frammenti-scarti: un merz-bau dadaista à la Schwitters 15 o un proun costruttivista di El Lisitzkij, più che un quadro cubista, dove ad un metodo scompositivo si preferisca un metodo compositivo, dove il divenire e quindi la dinamica temporale, il mutamento, sia attentamente considerato e incorporato e tuttavia non tanto in funzione “analitica” ma propriamente in funzione “proiettiva”,“progettuale”. Ma per far questo – sembra ammonire il metodo di Eliot – non è sufficiente il controllo del processo ri-compositivo e di trasformazione; occorre darsi un’istanza di ordine finale. Occorre riscoprire il “metodo mitico”, trasferendo nella realtà sensibile – ovvero nel paesaggio – anche gli stati d’animo, le emozioni…, e inseguendo il mito. “Per usare una formula espressiva di Lévi-Strauss: ‘Il pensiero selvaggio non distingue il momento dell’osservazione da quello dell’interpretazione’…. L’adozione del sistema mitico permette a Eliot di realizzare un programma poetico volto a sanare la frattura tra giudizi di fatto e giudizi di valore, per instaurare al suo posto una forma di comunicazione e percezione in cui i due momenti siano indistinguibili” – così scrive Franco Moretti a proposito di The Waste Land . E continua: “Il primo capitolo del Pensiero selvaggio è a questo proposito, illuminante; e l’analogia tra costruzione mitica e bricolage si può ragionevolmente estendere a The Waste Land. Come il bricoleur, Eliot estrae alcuni elementi (in genere frasi o versi) da insiemi organizzati di varia natura, e sceglie precisamente quegli elementi che siano in grado di assolvere a una nuova funzione – più o meno lontana da quella originaria – in quella nuova struttura che è The Waste Land.” “La caratteristica del pensiero mitico, come del bricolage sul piano pratico – scriveva Lévi-Strauss – è di elaborare insiemi strutturati, ma utilizzando residui e frammenti di eventi … testimoni fossili della storia di un individuo o di una società”. “Il frammento – conclude Moretti - diventa una funzione: quel che ci colpisce non è più il suo essere avulso e mutilo, ma il fatto che esso possiede un significato e un ruolo ben preciso, e contribuisce efficacemente a edificare un nuovo insieme organizzato….” Quindi: non resta che raccogliere “fragments I have shored against my ruins”, come cercava di fare anche Robert Smithson nelle sue peregrinazioni fra i “monumenti” di Passaic , trovare le radici cui afferrarsi, anche viaggiando nel junkspace della postmodernità. Così forse da questi paesaggi desolati possono nascere ancora lillà. Costruire - più che un racconto - un montaggio (ipertestuale) di cose e di immagini capaci di raccontare non più in sequenza cronologica ma in un quadro spaziale simultaneo e continuamente in evoluzione: un palinsesto su cui continuamente si cancella e si riscrive ma sul quale le tracce permangono a costruire una continuità: tracce di cultura, strati geo-archeologici, che rappresentano la nostra eredità. Forse questo è il mito, costruito dall’accumulo di cultura dotta e di cultura materiale, che in Eliot è l’accumulo della cultura letteraria occidentale e orientale, mischiato alla quotidianità: qualcosa di simile a quel mito che Piranesi perseguiva disegnando antichità per costruire scenari incredibilmente precorritori della modernità. Un progetto di paesaggio è senz’altro un viaggio e un progetto narrativo, ma forse – ancor più, e in specie in un contesto di lacerti e di frammenti come quelli di cui stiamo parlando – è un progetto di narrazione ipertestuale come quella appena descritta, con un fine ultimo che allude a un nuovo ordine, per quanto complesso 24. Questo è dunque il paesaggio della laguna, paese arcaico e futuribile assieme, questo è anche il paesaggio delle Valli Veronesi, paese arcaico e futuribile assieme. Paesaggi in cui la banalità corrente del presente ancora non ha fatto aggio sul passato e sul futuro, in cui la periferizzazione non è tanto quella “diffusa” di Vitaliano Trevisan , ma una periferizzazione in cui fin qui hanno prevalso l’abbandono e l’emarginazione piuttosto che lo sviluppo economico-insediativo. Territori del possibile, dunque, dove è ancora possibile scrivere senza dover necessariamente e troppo cancellare. Usando prioritariamente gli spazi bianchi e poi magari anche gli altri scarti più materiali. Un merz-bau meno accatastato, nei cui interstizi possono continuare a germogliare il primo, il secondo e il terzo paesaggio , strappando lillà da terra morta.

The Waste Land-scape. Fragments of Thought for a Hypothesis of Landscape as Palimpsest

BOCCHI, RENATO
2011-01-01

Abstract

“These fragments I have shored against my ruins”: ecco la soluzione proposta da T.S.Eliot, accettando tutta la crudeltà di un Aprile desolato, ma comunque gravido di promesse. Gli scarti del processo di sviluppo e trasformazione del territorio possono forse essere – in analogia col metodo e la poetica suggeriti da Eliot – i frammenti di un discorso-paesaggio da sovrascrivere sovradisegnare nello spazio-tempo di luoghi che appaiono oggi rifiutati. Quel che possiamo fare – sembra suggerire la Waste Land di Eliot – è disegnare un processo (con tutte le variabilità e adattività possibili) che costruisca relazioni (spazio-temporali) fra quei frammenti-scarti: un merz-bau dadaista à la Schwitters 15 o un proun costruttivista di El Lisitzkij, più che un quadro cubista, dove ad un metodo scompositivo si preferisca un metodo compositivo, dove il divenire e quindi la dinamica temporale, il mutamento, sia attentamente considerato e incorporato e tuttavia non tanto in funzione “analitica” ma propriamente in funzione “proiettiva”,“progettuale”. Ma per far questo – sembra ammonire il metodo di Eliot – non è sufficiente il controllo del processo ri-compositivo e di trasformazione; occorre darsi un’istanza di ordine finale. Occorre riscoprire il “metodo mitico”, trasferendo nella realtà sensibile – ovvero nel paesaggio – anche gli stati d’animo, le emozioni…, e inseguendo il mito. “Per usare una formula espressiva di Lévi-Strauss: ‘Il pensiero selvaggio non distingue il momento dell’osservazione da quello dell’interpretazione’…. L’adozione del sistema mitico permette a Eliot di realizzare un programma poetico volto a sanare la frattura tra giudizi di fatto e giudizi di valore, per instaurare al suo posto una forma di comunicazione e percezione in cui i due momenti siano indistinguibili” – così scrive Franco Moretti a proposito di The Waste Land . E continua: “Il primo capitolo del Pensiero selvaggio è a questo proposito, illuminante; e l’analogia tra costruzione mitica e bricolage si può ragionevolmente estendere a The Waste Land. Come il bricoleur, Eliot estrae alcuni elementi (in genere frasi o versi) da insiemi organizzati di varia natura, e sceglie precisamente quegli elementi che siano in grado di assolvere a una nuova funzione – più o meno lontana da quella originaria – in quella nuova struttura che è The Waste Land.” “La caratteristica del pensiero mitico, come del bricolage sul piano pratico – scriveva Lévi-Strauss – è di elaborare insiemi strutturati, ma utilizzando residui e frammenti di eventi … testimoni fossili della storia di un individuo o di una società”. “Il frammento – conclude Moretti - diventa una funzione: quel che ci colpisce non è più il suo essere avulso e mutilo, ma il fatto che esso possiede un significato e un ruolo ben preciso, e contribuisce efficacemente a edificare un nuovo insieme organizzato….” Quindi: non resta che raccogliere “fragments I have shored against my ruins”, come cercava di fare anche Robert Smithson nelle sue peregrinazioni fra i “monumenti” di Passaic , trovare le radici cui afferrarsi, anche viaggiando nel junkspace della postmodernità. Così forse da questi paesaggi desolati possono nascere ancora lillà. Costruire - più che un racconto - un montaggio (ipertestuale) di cose e di immagini capaci di raccontare non più in sequenza cronologica ma in un quadro spaziale simultaneo e continuamente in evoluzione: un palinsesto su cui continuamente si cancella e si riscrive ma sul quale le tracce permangono a costruire una continuità: tracce di cultura, strati geo-archeologici, che rappresentano la nostra eredità. Forse questo è il mito, costruito dall’accumulo di cultura dotta e di cultura materiale, che in Eliot è l’accumulo della cultura letteraria occidentale e orientale, mischiato alla quotidianità: qualcosa di simile a quel mito che Piranesi perseguiva disegnando antichità per costruire scenari incredibilmente precorritori della modernità. Un progetto di paesaggio è senz’altro un viaggio e un progetto narrativo, ma forse – ancor più, e in specie in un contesto di lacerti e di frammenti come quelli di cui stiamo parlando – è un progetto di narrazione ipertestuale come quella appena descritta, con un fine ultimo che allude a un nuovo ordine, per quanto complesso 24. Questo è dunque il paesaggio della laguna, paese arcaico e futuribile assieme, questo è anche il paesaggio delle Valli Veronesi, paese arcaico e futuribile assieme. Paesaggi in cui la banalità corrente del presente ancora non ha fatto aggio sul passato e sul futuro, in cui la periferizzazione non è tanto quella “diffusa” di Vitaliano Trevisan , ma una periferizzazione in cui fin qui hanno prevalso l’abbandono e l’emarginazione piuttosto che lo sviluppo economico-insediativo. Territori del possibile, dunque, dove è ancora possibile scrivere senza dover necessariamente e troppo cancellare. Usando prioritariamente gli spazi bianchi e poi magari anche gli altri scarti più materiali. Un merz-bau meno accatastato, nei cui interstizi possono continuare a germogliare il primo, il secondo e il terzo paesaggio , strappando lillà da terra morta.
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