A partire dalla legge n. 248 del 1865 le provincie sono obbligate a mantenere i “mentecatti poveri” avviando un processo di costruzione e/o conversione degli ospedali esistenti in “asili”, con una vasta copertura del territorio nazionale (uno per provincia). Questa azione politica accende il dibattito sulle tipologie architettoniche costituendo nella Italia Postunitaria un tentativo di costruire un modello che potesse determinare il ruolo della architettura come “macchina terapeutica”. La relazione tra malattia mentale e architettura si trasferisce nel piano del progetto nella adozione dei “small-village type” (manicomio-villaggio) e della tipologia “no-restraints”. Gli istituti mentali nascono come ‘piccole città indipendenti’, completamente autosufficienti e senza alcuna relazione con l’intorno urbano in una simulazione di libertà sottolineata da viali alberati, giardini e da una condizione estetica rurale combinata con le esigenze dello staff medico di vivere vicino ai centri abitati. A partire dal processo iniziato con la legge 180/1978 con la dismissione sul territorio nazionale degli OPP si genera una nuova misura di spazio urbano, nato per essere autonomo e chiuso in sé stesso, diventa frammento di architettura che partecipa della città ma essendone però di fatto negato. La posizione e le caratteristiche architettoniche così come la estensione di questi luoghi li rende naturalmente eletti a patrimoni di memoria e natura, così come sono stati classificati dal report della Fondazione Benetton del 1999. L’attuale condizione sul territorio nazionale è diversificata, alternando casi di abbandono a casi di riuso che possono essere letti in un orizzonte critico. La sessione intende riflettere sulla condizione attuale di questi luoghi: in che misura il progetto può misurarsi con la duplice esigenza di trasmissione della memoria degli ex ospedali psichiatrici con il loro essere frammenti urbani? Con quali strumenti e metodi possono essere coniugati nel riuso il valore tangibile e intangibile degli spazi? Quale è la misura della trasmissione della memoria dell’isolamento urbano in una strategia di valorizzazione e apertura del patrimonio architettonico, oggi in stato di abbandono? Questi luoghi intesi come relitti urbani possono essere considerati risorse strategiche per la città e la società contemporanea?

Gli ex Ospedali Psichiatrici. Luoghi in bilico tra memoria e oblio. Una rilettura operativa e strategica per la città contemporanea = The former Psychiatric Hospitals. Places poised between memory and oblivion. An operational and strategic reinterpretation for the contemporary city.

Sorbo, Emanuela
2024-01-01

Abstract

A partire dalla legge n. 248 del 1865 le provincie sono obbligate a mantenere i “mentecatti poveri” avviando un processo di costruzione e/o conversione degli ospedali esistenti in “asili”, con una vasta copertura del territorio nazionale (uno per provincia). Questa azione politica accende il dibattito sulle tipologie architettoniche costituendo nella Italia Postunitaria un tentativo di costruire un modello che potesse determinare il ruolo della architettura come “macchina terapeutica”. La relazione tra malattia mentale e architettura si trasferisce nel piano del progetto nella adozione dei “small-village type” (manicomio-villaggio) e della tipologia “no-restraints”. Gli istituti mentali nascono come ‘piccole città indipendenti’, completamente autosufficienti e senza alcuna relazione con l’intorno urbano in una simulazione di libertà sottolineata da viali alberati, giardini e da una condizione estetica rurale combinata con le esigenze dello staff medico di vivere vicino ai centri abitati. A partire dal processo iniziato con la legge 180/1978 con la dismissione sul territorio nazionale degli OPP si genera una nuova misura di spazio urbano, nato per essere autonomo e chiuso in sé stesso, diventa frammento di architettura che partecipa della città ma essendone però di fatto negato. La posizione e le caratteristiche architettoniche così come la estensione di questi luoghi li rende naturalmente eletti a patrimoni di memoria e natura, così come sono stati classificati dal report della Fondazione Benetton del 1999. L’attuale condizione sul territorio nazionale è diversificata, alternando casi di abbandono a casi di riuso che possono essere letti in un orizzonte critico. La sessione intende riflettere sulla condizione attuale di questi luoghi: in che misura il progetto può misurarsi con la duplice esigenza di trasmissione della memoria degli ex ospedali psichiatrici con il loro essere frammenti urbani? Con quali strumenti e metodi possono essere coniugati nel riuso il valore tangibile e intangibile degli spazi? Quale è la misura della trasmissione della memoria dell’isolamento urbano in una strategia di valorizzazione e apertura del patrimonio architettonico, oggi in stato di abbandono? Questi luoghi intesi come relitti urbani possono essere considerati risorse strategiche per la città e la società contemporanea?
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