I cambiamenti climatici hanno portato e stanno continuando a portare – in modo sempre più evidente ed estremo – situazioni di crisi, e a una naturale reazione collettiva di sgomento, verso qualcosa che ogni volta risulta inaspettato. I cambiamenti climatici trovano una loro oggettività, andando ad analizzare i principali fattori che portano al loro manifestarsi. Tra questi, la temperatura, che a livello globale è mediamente superiore di almeno 1°C rispetto all’epoca preindustriale: gli effetti ricadono su diversi aspetti, come ad esempio la meteorologia, l’innalzamento del livello dei mari, il dissesto idrogeologico e l’incremento degli incendi boschivi, con conseguente stress per l’ambiente, la biodiversità e la società (Spano et al., 2020). La regione Mediterranea, in particolare, è considerata uno dei principali hot spot di questo andamento, con un incremento del riscaldamento che supera del 20% quello medio globale. L’Italia non ne è di certo estranea: nel trentennio 1981-2010 si è osservato un anomalo aumento della temperatura media annua dell’atmosfera di 1,1°C rispetto al periodo 1971-2000, con conseguenti anomalie per quanto riguarda le precipitazioni, generalmente meno frequenti ma più soggette a episodi estremi; un andamento, che si stima tenderà a inasprirsi nel corso del secolo (Ibidem). All’innalzamento delle temperature atmosferiche corrisponde giocoforza un aumento di quelle marine: le proiezioni fornite dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) indicano un generale aumento delle temperature marine superficiali in tutto il bacino del Mediterraneo. In particolare, per quanto riguarda l’Adriatico Settentrionale, è previsto che nel trentennio 2021-2050 ci sarà un aumento medio di 1,58°C rispetto al periodo 1981-2010 (Spano et al., 2020). L’innalzamento delle temperature marine non rimane un problema circoscritto a sé stesso: il fenomeno fisico della dilatazione termica (che si esprime con l’aumento di volume di un corpo con l’aumento della temperatura) porta a un aumento volumetrico del mare che, in una dinamica combinata allo scioglimento dei ghiacci continentali, ne fa aumentare il livello. Nella fattispecie, per quanto riguarda l’Alto Adriatico, di particolare interesse è il caso di Venezia, dove l’incremento medio del livello del mare è stato stimato di 2,5 millimetri annui negli ultimi 150 anni: non è trascurabile, nell’analisi di questo andamento, il fenomeno di subsidenza del suolo, dovuto principalmente all’eccessivo impatto antropico sul territorio (Zanchettin et al, 2021). Un’analisi storica analoga è stata compiuta a Trieste, in cui sono stati presi in considerazione i dati rilevati dal mareografo di Molo Sartorio, nel periodo 1869-2021: pur non raggiungendo lo stesso grado di allarmismo riscontrato a Venezia, è stato osservato un incremento del livello del mare di circa 1,45 millimetri annui (Raicich, 2023). Tra i principali imputati responsabili della crisi climatica e ambientale degli ultimi decenni c’è senza dubbio l’aumento delle emissioni di gas climalteranti, come i gas serra, in primis l’anidride carbonica, le cui emissioni sono dovute alla massiccia produzione energetica da fonti fossili, oltre che dalla contemporanea tendenza al sacrificio delle zone verdi, fondamentali per l’accumulo di questo gas. Dagli anni ’90 la politica internazionale ha preso in considerazione con una convinzione maggiore la questione climatico-ambientale, affidando soprattutto al locale i passi concreti per raggiungere gli obiettivi globali di diminuzione drastica delle emissioni; in particolare, dopo l’adozione del Pacchetto Europeo su clima ed energia del 2008, la Commissione Europea ha istituito il Patto dei Sindaci, un’iniziativa atta a riunire in una rete permanente le città che intendono avviare un insieme coordinato di iniziative per la lotta ai cambiamenti climatici. Al fine di tradurre il loro impegno politico in progetti concreti, i firmatari si impegnano a sviluppare un proprio Piano d’Azione per l’energia sostenibile e il clima (PAESC), in cui sono delineate le azioni che intendono avviare. Nella stesura del PAESC è previsto che siano coinvolti soggetti politici ed esperti del settore, enti di ricerca e la comunità scientifica locale. Tuttavia, la politica non è l’unica dimensione dove poter operare concretamente nell’ambito della lotta ai cambiamenti climatici; è molto importante riuscire a preservare, al contempo, la ricchezza paesaggistica e storica, in modo che la sua evidenza possa anche infondere alla cittadinanza stessa la coscienza di quanto essenziale sia la tutela dell’ambiente, non solo in termini di bellezza naturale ma anche di sicurezza socioeconomica. In questo senso, dagli anni ’70 esiste un Programma dell’Unesco, il Programma Man and Biosphere, che prevede l’istituzione di zone di particolare interesse ambientale, le Riserve della Biosfera, dove storicamente il rapporto tra società, economia e ambiente è sempre stato di reciproco vantaggio.

Sull’urgenza dell’adattamento ai cambiamenti climatici delle riserve della biosfera dell’Adriatico. Il caso studio di Miramare, Trieste

Massimiliano Granceri Bradaschia
Writing – Review & Editing
2024-01-01

Abstract

I cambiamenti climatici hanno portato e stanno continuando a portare – in modo sempre più evidente ed estremo – situazioni di crisi, e a una naturale reazione collettiva di sgomento, verso qualcosa che ogni volta risulta inaspettato. I cambiamenti climatici trovano una loro oggettività, andando ad analizzare i principali fattori che portano al loro manifestarsi. Tra questi, la temperatura, che a livello globale è mediamente superiore di almeno 1°C rispetto all’epoca preindustriale: gli effetti ricadono su diversi aspetti, come ad esempio la meteorologia, l’innalzamento del livello dei mari, il dissesto idrogeologico e l’incremento degli incendi boschivi, con conseguente stress per l’ambiente, la biodiversità e la società (Spano et al., 2020). La regione Mediterranea, in particolare, è considerata uno dei principali hot spot di questo andamento, con un incremento del riscaldamento che supera del 20% quello medio globale. L’Italia non ne è di certo estranea: nel trentennio 1981-2010 si è osservato un anomalo aumento della temperatura media annua dell’atmosfera di 1,1°C rispetto al periodo 1971-2000, con conseguenti anomalie per quanto riguarda le precipitazioni, generalmente meno frequenti ma più soggette a episodi estremi; un andamento, che si stima tenderà a inasprirsi nel corso del secolo (Ibidem). All’innalzamento delle temperature atmosferiche corrisponde giocoforza un aumento di quelle marine: le proiezioni fornite dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) indicano un generale aumento delle temperature marine superficiali in tutto il bacino del Mediterraneo. In particolare, per quanto riguarda l’Adriatico Settentrionale, è previsto che nel trentennio 2021-2050 ci sarà un aumento medio di 1,58°C rispetto al periodo 1981-2010 (Spano et al., 2020). L’innalzamento delle temperature marine non rimane un problema circoscritto a sé stesso: il fenomeno fisico della dilatazione termica (che si esprime con l’aumento di volume di un corpo con l’aumento della temperatura) porta a un aumento volumetrico del mare che, in una dinamica combinata allo scioglimento dei ghiacci continentali, ne fa aumentare il livello. Nella fattispecie, per quanto riguarda l’Alto Adriatico, di particolare interesse è il caso di Venezia, dove l’incremento medio del livello del mare è stato stimato di 2,5 millimetri annui negli ultimi 150 anni: non è trascurabile, nell’analisi di questo andamento, il fenomeno di subsidenza del suolo, dovuto principalmente all’eccessivo impatto antropico sul territorio (Zanchettin et al, 2021). Un’analisi storica analoga è stata compiuta a Trieste, in cui sono stati presi in considerazione i dati rilevati dal mareografo di Molo Sartorio, nel periodo 1869-2021: pur non raggiungendo lo stesso grado di allarmismo riscontrato a Venezia, è stato osservato un incremento del livello del mare di circa 1,45 millimetri annui (Raicich, 2023). Tra i principali imputati responsabili della crisi climatica e ambientale degli ultimi decenni c’è senza dubbio l’aumento delle emissioni di gas climalteranti, come i gas serra, in primis l’anidride carbonica, le cui emissioni sono dovute alla massiccia produzione energetica da fonti fossili, oltre che dalla contemporanea tendenza al sacrificio delle zone verdi, fondamentali per l’accumulo di questo gas. Dagli anni ’90 la politica internazionale ha preso in considerazione con una convinzione maggiore la questione climatico-ambientale, affidando soprattutto al locale i passi concreti per raggiungere gli obiettivi globali di diminuzione drastica delle emissioni; in particolare, dopo l’adozione del Pacchetto Europeo su clima ed energia del 2008, la Commissione Europea ha istituito il Patto dei Sindaci, un’iniziativa atta a riunire in una rete permanente le città che intendono avviare un insieme coordinato di iniziative per la lotta ai cambiamenti climatici. Al fine di tradurre il loro impegno politico in progetti concreti, i firmatari si impegnano a sviluppare un proprio Piano d’Azione per l’energia sostenibile e il clima (PAESC), in cui sono delineate le azioni che intendono avviare. Nella stesura del PAESC è previsto che siano coinvolti soggetti politici ed esperti del settore, enti di ricerca e la comunità scientifica locale. Tuttavia, la politica non è l’unica dimensione dove poter operare concretamente nell’ambito della lotta ai cambiamenti climatici; è molto importante riuscire a preservare, al contempo, la ricchezza paesaggistica e storica, in modo che la sua evidenza possa anche infondere alla cittadinanza stessa la coscienza di quanto essenziale sia la tutela dell’ambiente, non solo in termini di bellezza naturale ma anche di sicurezza socioeconomica. In questo senso, dagli anni ’70 esiste un Programma dell’Unesco, il Programma Man and Biosphere, che prevede l’istituzione di zone di particolare interesse ambientale, le Riserve della Biosfera, dove storicamente il rapporto tra società, economia e ambiente è sempre stato di reciproco vantaggio.
2024
979-12-5953-014-1
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