Il festival, come evento culturale e politico, è intimamente legato alla dialettica tra la costruzione di comunità e la sua messa in crisi. In particolare, i festival che emergono tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli Ottanta, come quelli legati al movimento Fluxus e alla performance radicale, sono luoghi di conflitto, non solo tra diverse tradizioni artistiche, ma tra visioni contrastanti di società. Questo lavoro si concentra in particolare su due figure chiave: Jean-Jacques Lebel e Charlotte Moorman, i cui contributi nel panorama dei festival del secondo Novecento hanno ridefinito il ruolo dell’arte performativa come atto di dissenso e di trasformazione sociale. Il festival non è più concepito come una mera rassegna di eventi culturali, ma come una forma di vita temporanea, un dispositivo di energia sociale che agisce come un catalizzatore di desiderio e conflitto. La contestazione al Festival di Avignone del 1968, con la sua resistenza alle strutture istituzionali, rappresenta un esempio cruciale di come il festival possa diventare un spazio di lotta e di resistenza contro la cooptazione dell’arte. L'analisi si concentra su come il festival diventa un luogo in cui la comunità erotica e politica raccolta attorno alla sperimentazione performativa negli anni sessanta e settanta, in Europa e negli Stati Uniti, prende forma: un corpo plurale che non cerca la stabilità, ma l’intensificazione delle esperienze collettive, nella tensione tra il desiderio di libertà e le strutture sociali e politiche dominanti.
La scultura sommersa e la nascita della performance. Su “L’Enterrement de la Chose de Tinguely” di Jean-Jacques Lebel
annalisa sacchi
2025-01-01
Abstract
Il festival, come evento culturale e politico, è intimamente legato alla dialettica tra la costruzione di comunità e la sua messa in crisi. In particolare, i festival che emergono tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli Ottanta, come quelli legati al movimento Fluxus e alla performance radicale, sono luoghi di conflitto, non solo tra diverse tradizioni artistiche, ma tra visioni contrastanti di società. Questo lavoro si concentra in particolare su due figure chiave: Jean-Jacques Lebel e Charlotte Moorman, i cui contributi nel panorama dei festival del secondo Novecento hanno ridefinito il ruolo dell’arte performativa come atto di dissenso e di trasformazione sociale. Il festival non è più concepito come una mera rassegna di eventi culturali, ma come una forma di vita temporanea, un dispositivo di energia sociale che agisce come un catalizzatore di desiderio e conflitto. La contestazione al Festival di Avignone del 1968, con la sua resistenza alle strutture istituzionali, rappresenta un esempio cruciale di come il festival possa diventare un spazio di lotta e di resistenza contro la cooptazione dell’arte. L'analisi si concentra su come il festival diventa un luogo in cui la comunità erotica e politica raccolta attorno alla sperimentazione performativa negli anni sessanta e settanta, in Europa e negli Stati Uniti, prende forma: un corpo plurale che non cerca la stabilità, ma l’intensificazione delle esperienze collettive, nella tensione tra il desiderio di libertà e le strutture sociali e politiche dominanti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.