Il saggio intende indagare il cruciale ruolo assunto dalla scienza della stereotomia nell’ambito dell’architettura francese del cinquecentesco, rappresentando un formidabile strumento di controllo formale-costruttivo: il perfezionamento delle tecniche edili impieganti pietre tagliate aveva dunque come obiettivo primario quello di fornire una solidità alla costruzione paragonabile a quella ottenuta dagli edifici antichi che però utilizzavano conci di notevoli dimensioni in cui più le pietre impiegate erano massicce, più l’edificio risultava stabile e durevole. L’esatto taglio dei conci lapidei consentiva, in sede di assemblaggio, una perfetta adesione tra gli stessi, progettati e realizzati anche fuori dal cantiere, con la possibilità di ridurre al minimo anche lo spreco di materiale. Il risultato finale di quest’arte era in sostanza la produzione di pezzi in serie e il montaggio di elementi ‘prefabbricati’: per questo motivo possiamo dunque affermare che la scienza della stereotomia, già nel XVI secolo, risulta essere un vero e proprio progetto di produzione standardizzato, con tre secoli di anticipo rispetto all’architettura in ferro del XIX secolo. La stereotomia costituiva un’estrema sintesi di un approccio scientifico-progettuale che riassumeva in un’unica figura professionale istanze tecniche e umanistiche, tettoniche e artistiche e per le quali la teknè greca, ovvero ‘il fare con arte’, costituiva il fondamento di ogni attività creativa. Lo studio della stereotomia viene compiuto all’interno di questo saggio attraverso un’analisi critica del trattato di Philibert De L’Orme intitolato Premier tome d’Architecture, pubblicato a Parigi nel 1567, e segnatamente i libri III e IV. Il potenziale espressivo dell’impianto teorico del trattato delormiano è stato poi verificato nello studio analitico di alcune parti del castello di Anet in Francia, opera dello stesso autore, e edificato attorno al 1550. Esso rappresenta il primo vero segno delle innovazioni in campo progettuale introdotte da De L’Orme in una continua sperimentazione formale capace di generare la prima grande cupola di nuova concezione, una scalinata a vis di Saint-Gilles, un criptoportico impostato sulla complessità della penetrazione delle superfici voltate e, infine, la celebre trompe.
Geometria e Artificio. L’arte della stereotomia nel criptoportico del castello di Anet di Philibert de l’Orme (1549-1552).
D'ACUNTO, GIUSEPPE
2011-01-01
Abstract
Il saggio intende indagare il cruciale ruolo assunto dalla scienza della stereotomia nell’ambito dell’architettura francese del cinquecentesco, rappresentando un formidabile strumento di controllo formale-costruttivo: il perfezionamento delle tecniche edili impieganti pietre tagliate aveva dunque come obiettivo primario quello di fornire una solidità alla costruzione paragonabile a quella ottenuta dagli edifici antichi che però utilizzavano conci di notevoli dimensioni in cui più le pietre impiegate erano massicce, più l’edificio risultava stabile e durevole. L’esatto taglio dei conci lapidei consentiva, in sede di assemblaggio, una perfetta adesione tra gli stessi, progettati e realizzati anche fuori dal cantiere, con la possibilità di ridurre al minimo anche lo spreco di materiale. Il risultato finale di quest’arte era in sostanza la produzione di pezzi in serie e il montaggio di elementi ‘prefabbricati’: per questo motivo possiamo dunque affermare che la scienza della stereotomia, già nel XVI secolo, risulta essere un vero e proprio progetto di produzione standardizzato, con tre secoli di anticipo rispetto all’architettura in ferro del XIX secolo. La stereotomia costituiva un’estrema sintesi di un approccio scientifico-progettuale che riassumeva in un’unica figura professionale istanze tecniche e umanistiche, tettoniche e artistiche e per le quali la teknè greca, ovvero ‘il fare con arte’, costituiva il fondamento di ogni attività creativa. Lo studio della stereotomia viene compiuto all’interno di questo saggio attraverso un’analisi critica del trattato di Philibert De L’Orme intitolato Premier tome d’Architecture, pubblicato a Parigi nel 1567, e segnatamente i libri III e IV. Il potenziale espressivo dell’impianto teorico del trattato delormiano è stato poi verificato nello studio analitico di alcune parti del castello di Anet in Francia, opera dello stesso autore, e edificato attorno al 1550. Esso rappresenta il primo vero segno delle innovazioni in campo progettuale introdotte da De L’Orme in una continua sperimentazione formale capace di generare la prima grande cupola di nuova concezione, una scalinata a vis di Saint-Gilles, un criptoportico impostato sulla complessità della penetrazione delle superfici voltate e, infine, la celebre trompe.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.