La crisi economica ha reso tragicamente evidente la debolezza di un modello economico che ha rappresentato, nel caso della regione Veneto, il modello di sviluppo degli ultimi decenni. Migliaia di capannoni sono stati costruiti, molti di questi erano sfitti o non ancora utilizzati ancor prima della crisi economica che si è abbattuta come ben sappiamo non solo sull’Italia, costruiti grazie a interventi normativi permissivi e strumenti di pianificazione a maglie tendenzialmente larghe che hanno facilitato un’urbanizzazione massiccia prima legata al settore residenziale poi a quello produttivo. Infatti, la dispersione urbana che ha caratterizzato la trasformazione del territorio veneto a partire dagli anni ’70 ha avuto delle fasi di sviluppo diverse. Nello specifico tra gli anni ’90 e 2000 essa si caratterizza per una maggiore espansione di aree ed edifici per attività produttive non necessariamente individuate in risposta ad una domanda di spazi legati alla produzione ma bensì come forma di investimento e capitalizzazione del settore edilizio. Questa situazione è diventata all’oggi problematica: l’evidenza della crisi si materializza anche attraverso il non utilizzo degli spazi del lavoro, a questo si aggiunge un ingente patrimonio sfitto o non utilizzato (si calcola che nella regione i capannoni sfitti siano qualche migliaio) che denuncia un uso scorretto del territorio e un alto consumo di suolo. Il saggio si propone infine di delineare alcune ipotesi di intervento attraverso la definizione di azioni, politiche e strumenti pianificazione capaci di regolare i processi di trasformazione e rigenerazione di questi territori.
Riqualificare lo sprawl
FREGOLENT, LAURA
2012-01-01
Abstract
La crisi economica ha reso tragicamente evidente la debolezza di un modello economico che ha rappresentato, nel caso della regione Veneto, il modello di sviluppo degli ultimi decenni. Migliaia di capannoni sono stati costruiti, molti di questi erano sfitti o non ancora utilizzati ancor prima della crisi economica che si è abbattuta come ben sappiamo non solo sull’Italia, costruiti grazie a interventi normativi permissivi e strumenti di pianificazione a maglie tendenzialmente larghe che hanno facilitato un’urbanizzazione massiccia prima legata al settore residenziale poi a quello produttivo. Infatti, la dispersione urbana che ha caratterizzato la trasformazione del territorio veneto a partire dagli anni ’70 ha avuto delle fasi di sviluppo diverse. Nello specifico tra gli anni ’90 e 2000 essa si caratterizza per una maggiore espansione di aree ed edifici per attività produttive non necessariamente individuate in risposta ad una domanda di spazi legati alla produzione ma bensì come forma di investimento e capitalizzazione del settore edilizio. Questa situazione è diventata all’oggi problematica: l’evidenza della crisi si materializza anche attraverso il non utilizzo degli spazi del lavoro, a questo si aggiunge un ingente patrimonio sfitto o non utilizzato (si calcola che nella regione i capannoni sfitti siano qualche migliaio) che denuncia un uso scorretto del territorio e un alto consumo di suolo. Il saggio si propone infine di delineare alcune ipotesi di intervento attraverso la definizione di azioni, politiche e strumenti pianificazione capaci di regolare i processi di trasformazione e rigenerazione di questi territori.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.