La città a bassa densità si caratterizza per una complessità di relazioni e forme, e per un deficit di governo dovuto da un lato alla presenza di amministrazioni e competenze diverse sul territorio che non facilitano processi sinergici nell’avvio di processi di trasformazione territoriale, dall’altro da un difficile decollo in contesto italiano, in particolare veneto, di strumenti di pianificazione d’area. La pianificazione, strumento di traduzione immediata delle scelte urbanistiche e territoriali, assume, soprattutto in un contesto frammentato, una funzione centrale, sia rispetto all’assunzione di ruolo che le spetta, sia dal punto di vista delle elaborazioni teoriche e concettuali che è chiamata ad elaborare. Avviare pratiche di pianificazione nella città diffusa, se definita e considerata nella sua interezza, potrebbe consentire una nuova gestione dei fenomeni territoriali così come sono andati manifestandosi e, quindi, avviare politiche di governo mirate. Il presupposto è che sia necessario intervenire sulla dispersione urbana per governare un territorio frammentato, non solo da un punto di vista fisico, attraverso strumenti e conoscenze adeguate, con soluzioni che non sono volte alla ricostruzione della città compatta, ma ad un suo governo e se possibile ad una sua qualificazione formale e funzionale. L’obiettivo non è solo la riqualificazione delle strutture minime disperse sul territorio, ma il territorio nella sua interezza e complessità, per perseguire la strada della «città giudiziosamente diffusa», come possibile evoluzione della città diffusa stessa, intorno ai nodi urbani principali, allargando ed intensificando la maglia del policentrismo tradizionale e storico. Vanno quindi approntate soluzioni politiche e di governo che pur tenendo conto delle aspirazioni individuali, dei desideri dei singoli, siano capaci di far cogliere gli effetti “devastanti” delle singole pratiche individuali e, almeno in parte, ri-orientare scelte anche consolidate. Per questo serve un livello politico e di governo deputato alla gestione di questo complicato sistema fatto di città grandi e piccole, di capannoni e case sparse, di risorse ambientali e culturali notevoli ma poco valorizzate, di cave e discariche, di strade sterrate che portano ad aree produttive, di intenso uso del mezzo privato, di centri commerciali e cinema multisala. Lo strumento del piano d’area si presenta come lo strumento capace di regolare e dare forma ad un processo di riqualificazione formale e funzionale dell’area, i cui frame culturali di riferimento non possono non essere le istanze dello sviluppo sostenibile utilizzate come strumento di valutazione delle analisi del contesto, recepite quale indirizzo nella redazione dello strumento di piano e quindi convertite in elementi strutturanti delle scelte di analisi del contesto e di redazione e di governo del territorio nella sua interezza. A questo proposito, risulta di un certo interesse non solo confrontare questo frame con i caratteri di una sistema territoriale complesso, quale quello della città diffusa dell’area centrale veneta, ma soprattutto con nuovi strumenti normativi e di pianificazione approntati e in corso di definizione da parte della Regione Veneto, quali la nuova LUR 11/2004, il nuovo Documento programmatico del PTRC e alcuni Piani provinciali in corso di revisione. In particolare il PTRC della Regione si caratterizza, almeno nelle premesse, come documento di carattere strategico, che avvia un processo di elaborazione concertata di obiettivi e strategie, per un governo del territorio regionale, che fa anche dell’urbanizzazione diffusa dell’area centrale veneta, uno dei temi significativi e centrali da affrontare attraverso il potenziamento della rete metropolitana esistente, fondata sul policentrismo storico e la riqualificazione degli spazi urbani esistenti alle diverse scale di pianificazione e ai diversi livelli e di intervento, in nome di uno sviluppo coordinato e sostenibile.

Città a bassa densità: temi e strumenti per il governo del territorio

FREGOLENT, LAURA
2005-01-01

Abstract

La città a bassa densità si caratterizza per una complessità di relazioni e forme, e per un deficit di governo dovuto da un lato alla presenza di amministrazioni e competenze diverse sul territorio che non facilitano processi sinergici nell’avvio di processi di trasformazione territoriale, dall’altro da un difficile decollo in contesto italiano, in particolare veneto, di strumenti di pianificazione d’area. La pianificazione, strumento di traduzione immediata delle scelte urbanistiche e territoriali, assume, soprattutto in un contesto frammentato, una funzione centrale, sia rispetto all’assunzione di ruolo che le spetta, sia dal punto di vista delle elaborazioni teoriche e concettuali che è chiamata ad elaborare. Avviare pratiche di pianificazione nella città diffusa, se definita e considerata nella sua interezza, potrebbe consentire una nuova gestione dei fenomeni territoriali così come sono andati manifestandosi e, quindi, avviare politiche di governo mirate. Il presupposto è che sia necessario intervenire sulla dispersione urbana per governare un territorio frammentato, non solo da un punto di vista fisico, attraverso strumenti e conoscenze adeguate, con soluzioni che non sono volte alla ricostruzione della città compatta, ma ad un suo governo e se possibile ad una sua qualificazione formale e funzionale. L’obiettivo non è solo la riqualificazione delle strutture minime disperse sul territorio, ma il territorio nella sua interezza e complessità, per perseguire la strada della «città giudiziosamente diffusa», come possibile evoluzione della città diffusa stessa, intorno ai nodi urbani principali, allargando ed intensificando la maglia del policentrismo tradizionale e storico. Vanno quindi approntate soluzioni politiche e di governo che pur tenendo conto delle aspirazioni individuali, dei desideri dei singoli, siano capaci di far cogliere gli effetti “devastanti” delle singole pratiche individuali e, almeno in parte, ri-orientare scelte anche consolidate. Per questo serve un livello politico e di governo deputato alla gestione di questo complicato sistema fatto di città grandi e piccole, di capannoni e case sparse, di risorse ambientali e culturali notevoli ma poco valorizzate, di cave e discariche, di strade sterrate che portano ad aree produttive, di intenso uso del mezzo privato, di centri commerciali e cinema multisala. Lo strumento del piano d’area si presenta come lo strumento capace di regolare e dare forma ad un processo di riqualificazione formale e funzionale dell’area, i cui frame culturali di riferimento non possono non essere le istanze dello sviluppo sostenibile utilizzate come strumento di valutazione delle analisi del contesto, recepite quale indirizzo nella redazione dello strumento di piano e quindi convertite in elementi strutturanti delle scelte di analisi del contesto e di redazione e di governo del territorio nella sua interezza. A questo proposito, risulta di un certo interesse non solo confrontare questo frame con i caratteri di una sistema territoriale complesso, quale quello della città diffusa dell’area centrale veneta, ma soprattutto con nuovi strumenti normativi e di pianificazione approntati e in corso di definizione da parte della Regione Veneto, quali la nuova LUR 11/2004, il nuovo Documento programmatico del PTRC e alcuni Piani provinciali in corso di revisione. In particolare il PTRC della Regione si caratterizza, almeno nelle premesse, come documento di carattere strategico, che avvia un processo di elaborazione concertata di obiettivi e strategie, per un governo del territorio regionale, che fa anche dell’urbanizzazione diffusa dell’area centrale veneta, uno dei temi significativi e centrali da affrontare attraverso il potenziamento della rete metropolitana esistente, fondata sul policentrismo storico e la riqualificazione degli spazi urbani esistenti alle diverse scale di pianificazione e ai diversi livelli e di intervento, in nome di uno sviluppo coordinato e sostenibile.
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