Le caratteristiche cromatiche delle superfici nell'architettura del XX secolo rispondono a strategie di valorizzazione molto diverse e spesso tra loro incomparabili secondo un unico modello estetico, giacché dipendono dal carattere profondamente figurativo dello specifico edificio nel suo intorno paesaggistico. Considerato iuxta propria principia il colore di un edificio dev'essere colto talora come effetto transitorio di una pura testura materica, talaltra come velatura diafana, in altri caso come rivestimento, oppure come vero e proprio travestimento della superficie. Come obiettivare e comparare queste diverse strategie figurative dell'architettura? È la questione che poneva la Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici del Veneto Orientale, occupandosi dell'intero patrimonio novecentesco alla fine degli anni scorsi novanta. Ne seguiva una ricerca sul campo composta da un lato dalla scelta, dall'inventariazione e dal rilievo di 150 exempla, e dall'altro, in parallelo, dall'elaborazione di un modello semiotico e retorico valido per tutti gli exempla studiati. Il colore era dunque valutato attraverso un sistema semi-simbolico elaborato ad hoc, caso per caso, ma i casi erano confrontabili in quanto “strategie di valorizzazione” secondo uno schema fondamentale, una mappa che oppone le categorie del naturale/artificiale, e del plastico/iconico. Per quanto possa apparire paradossale l'esito oggi più apprezzabile di quella ricerca consiste in un atlante in bianco e nero, disegnato al solo tratto, per rispettare l'irrappresentabile infinita variabilità del “colore psico-fisico” e la natura drasticamente discreta del “colore culturale”. Per ogni edificio non conta molto il suo singolo colore ma il sistema di differenze tra materie colorate ch'esso richiede; per ogni caso è importante una paletta di materie possibili che consenta di negoziare i termini del restauro. The chromatic characteristics of the surfaces in the twentieth century architecture responding to very different valorisation strategies - frequently incomparable with each other - dependent on the figurative character of each building in its landscape context. Philologically, the color of a building can be seen in different ways: in some cases it is a volatile material effect of a Texture, in other cases it is a diaphanous veil; the color is commonly understood as hillsides, as a vestment, but sometimes it is a disguise of the surface. How to make objective these different strategies? This is the question referred by the Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici del Veneto Orientale focusing - fifteen years ago - of the entire twentieth century architectural heritage in its jurisdiction. It followed a two-sided search: on the one hand, search has chosen, cataloged and surveyed 150 examples (exemplary); a second side, research has developed a rhetorical and semiotic model. With this model the analysis of color in architecture is assimilated to a specific semi-simbolic system, ad hoc elaborated, but starting from an essential schema defined by follow categories: natural/artificial, figurative/non figurative. Ironically, the most valuable result of the research is an atlas drawn in black and white, only lines (as was the P.M. Letarouilly’s Atlas, Les edifices de Rome moderne): besides, psychophysical color is infinitely variable, while drastically discreet is the color as a cultural object. In order to each building your specific color is not important; important is the system of differences between colored materials: a palette of materials - a paradigm - useful for negotiating the terms of restoration.

Tattiche cromatiche e strategie figurative dell’architettura del novecento in Veneto Orientale

GAY, FABRIZIO
2011-01-01

Abstract

Le caratteristiche cromatiche delle superfici nell'architettura del XX secolo rispondono a strategie di valorizzazione molto diverse e spesso tra loro incomparabili secondo un unico modello estetico, giacché dipendono dal carattere profondamente figurativo dello specifico edificio nel suo intorno paesaggistico. Considerato iuxta propria principia il colore di un edificio dev'essere colto talora come effetto transitorio di una pura testura materica, talaltra come velatura diafana, in altri caso come rivestimento, oppure come vero e proprio travestimento della superficie. Come obiettivare e comparare queste diverse strategie figurative dell'architettura? È la questione che poneva la Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici del Veneto Orientale, occupandosi dell'intero patrimonio novecentesco alla fine degli anni scorsi novanta. Ne seguiva una ricerca sul campo composta da un lato dalla scelta, dall'inventariazione e dal rilievo di 150 exempla, e dall'altro, in parallelo, dall'elaborazione di un modello semiotico e retorico valido per tutti gli exempla studiati. Il colore era dunque valutato attraverso un sistema semi-simbolico elaborato ad hoc, caso per caso, ma i casi erano confrontabili in quanto “strategie di valorizzazione” secondo uno schema fondamentale, una mappa che oppone le categorie del naturale/artificiale, e del plastico/iconico. Per quanto possa apparire paradossale l'esito oggi più apprezzabile di quella ricerca consiste in un atlante in bianco e nero, disegnato al solo tratto, per rispettare l'irrappresentabile infinita variabilità del “colore psico-fisico” e la natura drasticamente discreta del “colore culturale”. Per ogni edificio non conta molto il suo singolo colore ma il sistema di differenze tra materie colorate ch'esso richiede; per ogni caso è importante una paletta di materie possibili che consenta di negoziare i termini del restauro. The chromatic characteristics of the surfaces in the twentieth century architecture responding to very different valorisation strategies - frequently incomparable with each other - dependent on the figurative character of each building in its landscape context. Philologically, the color of a building can be seen in different ways: in some cases it is a volatile material effect of a Texture, in other cases it is a diaphanous veil; the color is commonly understood as hillsides, as a vestment, but sometimes it is a disguise of the surface. How to make objective these different strategies? This is the question referred by the Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici del Veneto Orientale focusing - fifteen years ago - of the entire twentieth century architectural heritage in its jurisdiction. It followed a two-sided search: on the one hand, search has chosen, cataloged and surveyed 150 examples (exemplary); a second side, research has developed a rhetorical and semiotic model. With this model the analysis of color in architecture is assimilated to a specific semi-simbolic system, ad hoc elaborated, but starting from an essential schema defined by follow categories: natural/artificial, figurative/non figurative. Ironically, the most valuable result of the research is an atlas drawn in black and white, only lines (as was the P.M. Letarouilly’s Atlas, Les edifices de Rome moderne): besides, psychophysical color is infinitely variable, while drastically discreet is the color as a cultural object. In order to each building your specific color is not important; important is the system of differences between colored materials: a palette of materials - a paradigm - useful for negotiating the terms of restoration.
2011
9788854843172
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11578/12655
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