La realizzazione del crematorio all’interno del complesso dello Skogskyrkogården (Cimitero nel Bosco) conclude una vicenda progettuale ed edificatoria durata circa 25 anni. L’intervento segna un momento fondamentale nel percorso progettuale di Gunnar Asplund che, dal recupero della tradizione, passa in pochi anni ad elaborare una personale forma di Modernismo. Lo scrupoloso impiego dei materiali unito ad espliciti riferimenti alla tradizione costruttiva locale ed ai codici del linguaggio classico qualificano il manufatto, in cui ogni elemento sembra istituire una diretta relazione con i segni del paesaggio. Le complesse caratteristiche termo-igrometriche dell’ambiente circostante e l’usura prolungata hanno impresso sull’edificio evidenti segni di degrado: in risposta a ciò, negli ultimi vent’anni sono stati condotti interventi in larga parte dedicati al recupero di una presunta immagine originaria a scapito della materia costituente, progressivamente sostituita. Il contributo si propone di indagare aspetti significativi alla base del diffuso e radicale rifiuto, da parte della cultura contemporanea, nell'accettare i «segni del tempo» sul patrimonio costruito del XX secolo, costretto ad assumere sembianze di «opera perpetuamente nuova» e privato della possibilità di mutare fisiologicamente nel tempo, arricchendosi, come le architetture antiche, di nuovi segni e significati.

Il Moderno come opera «perpetuamente nuova». Il Crematorio di Asplund nel Cimitero del Bosco, Enskede (Stoccolma, 1935-40).

DI RESTA, SARA
2013-01-01

Abstract

La realizzazione del crematorio all’interno del complesso dello Skogskyrkogården (Cimitero nel Bosco) conclude una vicenda progettuale ed edificatoria durata circa 25 anni. L’intervento segna un momento fondamentale nel percorso progettuale di Gunnar Asplund che, dal recupero della tradizione, passa in pochi anni ad elaborare una personale forma di Modernismo. Lo scrupoloso impiego dei materiali unito ad espliciti riferimenti alla tradizione costruttiva locale ed ai codici del linguaggio classico qualificano il manufatto, in cui ogni elemento sembra istituire una diretta relazione con i segni del paesaggio. Le complesse caratteristiche termo-igrometriche dell’ambiente circostante e l’usura prolungata hanno impresso sull’edificio evidenti segni di degrado: in risposta a ciò, negli ultimi vent’anni sono stati condotti interventi in larga parte dedicati al recupero di una presunta immagine originaria a scapito della materia costituente, progressivamente sostituita. Il contributo si propone di indagare aspetti significativi alla base del diffuso e radicale rifiuto, da parte della cultura contemporanea, nell'accettare i «segni del tempo» sul patrimonio costruito del XX secolo, costretto ad assumere sembianze di «opera perpetuamente nuova» e privato della possibilità di mutare fisiologicamente nel tempo, arricchendosi, come le architetture antiche, di nuovi segni e significati.
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