Il saggio, di natura teorica, è parte di un numero monografico (a cura di L. Pellizzoni) della rivista Sociologia e Politiche sociali, dedicato al tema della “Governance come interfaccia”. Il numero raccoglie i contributi di studiosi che operano nelle scienze umane e sociali, con vario orientamento e collocazione disciplinare (oltre alla sottoscritta, Gilles Pinson, Arthur Mol, Emanuela Gambini, Jacquelin Burgess, Judy Clark e Jason Chilvers, Les Levisow). L’obiettivo del saggio è interrogare i differenti usi del concetto di governance che si trovano nell’analisi e nella progettazione delle politiche pubbliche. La governance è una rappresentazione sociale produttrice di senso. Essa pone l’accento su fenomeni quali la crescente policentricità (o, nelle declinazioni più critiche, disorganizzazione) sociale;l’inclinazione ad un approccio problem-setting nei processi decisionali, come aggiustamento incrementale e interattivo delle decisioni (in alternativa all’approccio tecnico e rigido del problem-solving); la compresenza di forme di regolazione plurali (economica, comunitaria, politica, cognitiva), in territori non più visti come spazi univocamente definiti e controllati. Rispetto alla formulazione e all’uso del concetto, viene fatto il tentativo di distinguere, su di un piano analitico, tra finalità descrittiva, esplicativa, prescrittiva. Con la nozione di governance si è fatti inteso di abbracciare e analizzare assieme sia le questioni centrali che connotano le società contemporanee, descritte come sistemi complessi e plurali, sia le domande di introduzione di soluzioni di coordinamento e dispositivi di governo della complessità politica e sociale. Le teorie o interpretazioni della governance offrono un quadro tuttora frammentato e context-dependent, dietro cui si coglie tuttavia la tensione tra visioni strategico-aggregative e istituzionali-deliberative della politica. In molto studi e situazioni concrete di governo l’esigenza del coordinamento si traduce nella richiesta di un coordinatore, ossia di nuove gerarchie, in genere di tipo manageriale o tecnocratico. L’enfasi sulla dimensione gestionale rischia però di mettere in ombra l’importanza di processi dialogici e cooperativi capaci di coniugare logiche d’azione diverse, razionalità strumentale e razionalità dei valori. La parte finale si concentra sulla prospettiva della “multilevel governance”, discussa come figura teoretica e operativa utlilizzata per comprendere e rappresentare la realtà complessa del sistema politico dell’Unione Europea, in competizione o in complemento ad altri quadri descrittivi e esplicativi (come, ad esempio, l’integrazione Europea, l’europeizzazione). Quello della “governance multistrato” è un esempio di come l’espansione dei processi decisionali decentralizzati e partecipativi si confronti con una visione prevalentemente efficientista della legittimità democratica.

“Idee e forme della governance tra razionalità strumentale e razionalità dei valori"

GELLI, FRANCESCA
2005-01-01

Abstract

Il saggio, di natura teorica, è parte di un numero monografico (a cura di L. Pellizzoni) della rivista Sociologia e Politiche sociali, dedicato al tema della “Governance come interfaccia”. Il numero raccoglie i contributi di studiosi che operano nelle scienze umane e sociali, con vario orientamento e collocazione disciplinare (oltre alla sottoscritta, Gilles Pinson, Arthur Mol, Emanuela Gambini, Jacquelin Burgess, Judy Clark e Jason Chilvers, Les Levisow). L’obiettivo del saggio è interrogare i differenti usi del concetto di governance che si trovano nell’analisi e nella progettazione delle politiche pubbliche. La governance è una rappresentazione sociale produttrice di senso. Essa pone l’accento su fenomeni quali la crescente policentricità (o, nelle declinazioni più critiche, disorganizzazione) sociale;l’inclinazione ad un approccio problem-setting nei processi decisionali, come aggiustamento incrementale e interattivo delle decisioni (in alternativa all’approccio tecnico e rigido del problem-solving); la compresenza di forme di regolazione plurali (economica, comunitaria, politica, cognitiva), in territori non più visti come spazi univocamente definiti e controllati. Rispetto alla formulazione e all’uso del concetto, viene fatto il tentativo di distinguere, su di un piano analitico, tra finalità descrittiva, esplicativa, prescrittiva. Con la nozione di governance si è fatti inteso di abbracciare e analizzare assieme sia le questioni centrali che connotano le società contemporanee, descritte come sistemi complessi e plurali, sia le domande di introduzione di soluzioni di coordinamento e dispositivi di governo della complessità politica e sociale. Le teorie o interpretazioni della governance offrono un quadro tuttora frammentato e context-dependent, dietro cui si coglie tuttavia la tensione tra visioni strategico-aggregative e istituzionali-deliberative della politica. In molto studi e situazioni concrete di governo l’esigenza del coordinamento si traduce nella richiesta di un coordinatore, ossia di nuove gerarchie, in genere di tipo manageriale o tecnocratico. L’enfasi sulla dimensione gestionale rischia però di mettere in ombra l’importanza di processi dialogici e cooperativi capaci di coniugare logiche d’azione diverse, razionalità strumentale e razionalità dei valori. La parte finale si concentra sulla prospettiva della “multilevel governance”, discussa come figura teoretica e operativa utlilizzata per comprendere e rappresentare la realtà complessa del sistema politico dell’Unione Europea, in competizione o in complemento ad altri quadri descrittivi e esplicativi (come, ad esempio, l’integrazione Europea, l’europeizzazione). Quello della “governance multistrato” è un esempio di come l’espansione dei processi decisionali decentralizzati e partecipativi si confronti con una visione prevalentemente efficientista della legittimità democratica.
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