VUOTO: ovvero privo di contenuto; area libera che consente il movimento; impronta, sottrazione di volume. In fisica il v. è strumentale alla conoscenza della struttura della materia. Nel senso comune, radura, area scoperta priva di funzione univocamente definita, vano; volume racchiuso da elementi dotati di corporeità. “Fuor delle costruzioni di muraglie, di chiusi, fortificazioni che non ammettono vuoti, tutti gli altri lavori dell’arte di costruire sono un assieme di parti piene e vuote” (A. C. Quatremère de Quincy). Il v. presuppone sempre una relazione con il pieno e implica la definizione di un limite. In ragione della prevalenza di v. e pieno, di chiuso e aperto, assume qualità di interno o di esterno. Il v. sta all’architettura come il silenzio sta alla musica; in composizione rimanda alla relazione tra figura e sfondo e alla nozione di intervallo. A partire dalla relazione artificio/natura, lo scavo, la radura, l’antro, sono gli archetipi del v. inteso come luogo della proiezione individuale di se, che diviene stanza, custodia dell’uomo privato; nella cultura europea, ambito delle ritualità domestiche. Il progetto contemporaneo riconcettualizza ogni volta queste molteplici connotazioni del v.: inteso come principio di sottrazione, applicato alle densità variabili del costruito, il v. è strumento di conoscenza e di progetto, capace di dare senso anche a condizioni insediative che sfuggono a tipologie codificate; come scavo, impronta, intervallo, il v. rappresenta una frontiera del progetto di architettura (v.) , che ritrova nel paesaggio (v.) il fondamento delle ragioni archetipiche del costruire.

Vuoto

MARRAS, GIOVANNI
2008-01-01

Abstract

VUOTO: ovvero privo di contenuto; area libera che consente il movimento; impronta, sottrazione di volume. In fisica il v. è strumentale alla conoscenza della struttura della materia. Nel senso comune, radura, area scoperta priva di funzione univocamente definita, vano; volume racchiuso da elementi dotati di corporeità. “Fuor delle costruzioni di muraglie, di chiusi, fortificazioni che non ammettono vuoti, tutti gli altri lavori dell’arte di costruire sono un assieme di parti piene e vuote” (A. C. Quatremère de Quincy). Il v. presuppone sempre una relazione con il pieno e implica la definizione di un limite. In ragione della prevalenza di v. e pieno, di chiuso e aperto, assume qualità di interno o di esterno. Il v. sta all’architettura come il silenzio sta alla musica; in composizione rimanda alla relazione tra figura e sfondo e alla nozione di intervallo. A partire dalla relazione artificio/natura, lo scavo, la radura, l’antro, sono gli archetipi del v. inteso come luogo della proiezione individuale di se, che diviene stanza, custodia dell’uomo privato; nella cultura europea, ambito delle ritualità domestiche. Il progetto contemporaneo riconcettualizza ogni volta queste molteplici connotazioni del v.: inteso come principio di sottrazione, applicato alle densità variabili del costruito, il v. è strumento di conoscenza e di progetto, capace di dare senso anche a condizioni insediative che sfuggono a tipologie codificate; come scavo, impronta, intervallo, il v. rappresenta una frontiera del progetto di architettura (v.) , che ritrova nel paesaggio (v.) il fondamento delle ragioni archetipiche del costruire.
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