Le competenze necessarie allo sviluppo di un progetto subiscono continuamente sollecitazioni dal mercato. Il mercato, spesso ritenuto un’entità metastorica e quasi astratta, sta subendo profonde modificazioni, tanto da rivolgere domande (al Progetto) sempre più confuse e disordinate. In realtà, è il mercato stesso che appare frammentato in molti e distinti segmenti, da quello immobiliare alle opere pubbliche, dalle infrastrutture che intervengono sul paesaggio, alla rigenerazione urbana, indicando solo alcuni ambiti e limitandoci ai soli macrosettori, ciascuno dei quali può, ulteriormente, definirsi. Le risposte progettuali che, di volta in volta, si vanno riconfigurando, devono necessariamente ricorrere a competenze che appaiono profondamente modificate rispetto al ceppo originario (generalista), e che devono adattarsi a un sistema di normative quasi integralmente riscritte e, necessariamente, articolatesi in molteplici e diversi sistemi prescrittivi. Il Progetto, nella sua accezione storica, costituisce la risposta a un insieme di vincoli di diversa origine e natura (committenza, fattori economici, ambientali, sociali, tecnologie, tempi, esigenze della politica etc.), ma – da sempre- non deve limitarsi a dare soltanto una risposta che soddisfi a vincoli, per complessi e antagonisti tra loro che possano essere. Il Progetto – è quello che il Principe o la Comunità si attende da esso – deve anche estetizzare questa risposta. La domanda che dobbiamo rivolgerci è se è ancora possibile, nell’inestricabile groviglio di complessità di saperi che anche la più semplice delle richieste ormai richiede, riconoscere al Progetto il ruolo di ordinatore (di regista, si dice spesso), attribuendo alle scelte formali il potere di sintesi tra le discipline (espressione di competenze atte a dare risposta ai vincoli). Ci si chiede, ma si vorrebbe che così fosse, se il Progetto abbia ancora il primato rispetto a sistemi gregari di saperi, se possa coordinarli, anzi, dare loro ordine ed equilibrio, imponendosi da un livello gerarchico superiore. Diventa sempre più arduo esprimere questa presunta superiorità disciplinare e attribuire alla Composizione (l’accezione del termine implicherebbe proprio la capacità di governare i conflitti) , ad esempio, la responsabilità critica, l’attitudine a valutare le tante conseguenze che la domanda esprime, le priorità da imporre e le rinunce da subire.

Scissioni

GIANI, ESTHER
2015-01-01

Abstract

Le competenze necessarie allo sviluppo di un progetto subiscono continuamente sollecitazioni dal mercato. Il mercato, spesso ritenuto un’entità metastorica e quasi astratta, sta subendo profonde modificazioni, tanto da rivolgere domande (al Progetto) sempre più confuse e disordinate. In realtà, è il mercato stesso che appare frammentato in molti e distinti segmenti, da quello immobiliare alle opere pubbliche, dalle infrastrutture che intervengono sul paesaggio, alla rigenerazione urbana, indicando solo alcuni ambiti e limitandoci ai soli macrosettori, ciascuno dei quali può, ulteriormente, definirsi. Le risposte progettuali che, di volta in volta, si vanno riconfigurando, devono necessariamente ricorrere a competenze che appaiono profondamente modificate rispetto al ceppo originario (generalista), e che devono adattarsi a un sistema di normative quasi integralmente riscritte e, necessariamente, articolatesi in molteplici e diversi sistemi prescrittivi. Il Progetto, nella sua accezione storica, costituisce la risposta a un insieme di vincoli di diversa origine e natura (committenza, fattori economici, ambientali, sociali, tecnologie, tempi, esigenze della politica etc.), ma – da sempre- non deve limitarsi a dare soltanto una risposta che soddisfi a vincoli, per complessi e antagonisti tra loro che possano essere. Il Progetto – è quello che il Principe o la Comunità si attende da esso – deve anche estetizzare questa risposta. La domanda che dobbiamo rivolgerci è se è ancora possibile, nell’inestricabile groviglio di complessità di saperi che anche la più semplice delle richieste ormai richiede, riconoscere al Progetto il ruolo di ordinatore (di regista, si dice spesso), attribuendo alle scelte formali il potere di sintesi tra le discipline (espressione di competenze atte a dare risposta ai vincoli). Ci si chiede, ma si vorrebbe che così fosse, se il Progetto abbia ancora il primato rispetto a sistemi gregari di saperi, se possa coordinarli, anzi, dare loro ordine ed equilibrio, imponendosi da un livello gerarchico superiore. Diventa sempre più arduo esprimere questa presunta superiorità disciplinare e attribuire alla Composizione (l’accezione del termine implicherebbe proprio la capacità di governare i conflitti) , ad esempio, la responsabilità critica, l’attitudine a valutare le tante conseguenze che la domanda esprime, le priorità da imporre e le rinunce da subire.
2015
9788890905438
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11578/255528
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