Il saggio illustra alcune caratteristiche peculiari dell'arte muraria veneziana, in età moderna, determinate dalle specifiche condizioni del sito lagunare. Tra le sparute prescrizioni esecutive che nelle carte di fabbrica talora accompagnano le voci relative alla formazione delle ossature murarie, tre sole ricorrono con una certa frequenza: la bagnatura dei laterizi, la disposizione di operare a "malte retratte", l’impiego della calce "padovana". Formulata con clausola ripetitiva la preventiva immersione dei mattoni, che dovevano prima del loro impiego venire posti in vasche di legno colme d’acqua per garantire l’assorbimento a rifiuto, evitava all’aridità del laterizio di sottrarre alla malta l’acqua d’impasto, rallentando al tempo stesso la presa della calce. La saturazione con acqua dei laterizi era ovviamente pratica comune anche in ogni altro ambito costruttivo, ma veniva raramente ribadita nei contratti. A Venezia il suo frequente ed esplicito richiamo scritto scaturiva dalle difficoltà – e dai maggiori costi – di approvvigionamento della notevole quantità d’acqua necessaria alla murazione, che doveva essere attinta dai fiumi, condotta in città con imbarcazioni ed infine trasportata al piede del cantiere. La seconda delle prescrizioni mirava a garantire la bontà dell’opera muraria: a "malta retratta" significava una sua scrupolosa stesura sulle intere facce di contatto tra laterizi. Una pratica indispensabile per ossature murarie di spiccata esilità, talvolta accompagnata dall'impiego di laterizi rettificati, che raggiunge nel XVI secolo vertici insuperati, soprattutto in alcune fabbriche palladiane (Convento della Carità) che si qualifica come citazione e palese omaggio al mondo antico. La terza prescrizione talvolta rintracciabile nelle carte di fabbrica segnala l’impiego in laguna, a partire dal XV secolo, di un legante di nuova natura, dalle proprietà ben distinte da quelle della calce aerea, che ha influito, anche se in misura mediata, sulle procedure e sulla qualità complessiva della murazione. Prodotta con calcari marnosi cavati dai colli Euganei, la "calcina padovana" sviluppava una presa di natura parzialmente idraulica, che offriva il vantaggio di una capacità di presa anche in assenza d’aria, di un indurimento più rapido e di una maggiore tenacità. La generale diminuzione del grado di diligenza esecutiva manifestato dalle ossature murarie, che mostrano, segnatamente nei secoli XVII e XVIII, una maggiore approssimazione di tramatura, allineamento e complanarità di superficie – contenuta in ogni caso entro i ristretti limiti imposti dalla buona regola dell’arte – può dunque essere in parte attribuita a tale ragione: l’imperio della minuzia esecutiva che governava l’operare delle maestranze si è poco a poco diluito con constatazione della bontà dei risultati, comunque garantiti dall’impiego di un legante dalle proprietà indiscusse.

Bagniando le piere nei chasoni, lavorate a malta retratta, con bona calsina padovana. Note sulla murazione lagunare in età moderna

PIANA, MARIO
2015-01-01

Abstract

Il saggio illustra alcune caratteristiche peculiari dell'arte muraria veneziana, in età moderna, determinate dalle specifiche condizioni del sito lagunare. Tra le sparute prescrizioni esecutive che nelle carte di fabbrica talora accompagnano le voci relative alla formazione delle ossature murarie, tre sole ricorrono con una certa frequenza: la bagnatura dei laterizi, la disposizione di operare a "malte retratte", l’impiego della calce "padovana". Formulata con clausola ripetitiva la preventiva immersione dei mattoni, che dovevano prima del loro impiego venire posti in vasche di legno colme d’acqua per garantire l’assorbimento a rifiuto, evitava all’aridità del laterizio di sottrarre alla malta l’acqua d’impasto, rallentando al tempo stesso la presa della calce. La saturazione con acqua dei laterizi era ovviamente pratica comune anche in ogni altro ambito costruttivo, ma veniva raramente ribadita nei contratti. A Venezia il suo frequente ed esplicito richiamo scritto scaturiva dalle difficoltà – e dai maggiori costi – di approvvigionamento della notevole quantità d’acqua necessaria alla murazione, che doveva essere attinta dai fiumi, condotta in città con imbarcazioni ed infine trasportata al piede del cantiere. La seconda delle prescrizioni mirava a garantire la bontà dell’opera muraria: a "malta retratta" significava una sua scrupolosa stesura sulle intere facce di contatto tra laterizi. Una pratica indispensabile per ossature murarie di spiccata esilità, talvolta accompagnata dall'impiego di laterizi rettificati, che raggiunge nel XVI secolo vertici insuperati, soprattutto in alcune fabbriche palladiane (Convento della Carità) che si qualifica come citazione e palese omaggio al mondo antico. La terza prescrizione talvolta rintracciabile nelle carte di fabbrica segnala l’impiego in laguna, a partire dal XV secolo, di un legante di nuova natura, dalle proprietà ben distinte da quelle della calce aerea, che ha influito, anche se in misura mediata, sulle procedure e sulla qualità complessiva della murazione. Prodotta con calcari marnosi cavati dai colli Euganei, la "calcina padovana" sviluppava una presa di natura parzialmente idraulica, che offriva il vantaggio di una capacità di presa anche in assenza d’aria, di un indurimento più rapido e di una maggiore tenacità. La generale diminuzione del grado di diligenza esecutiva manifestato dalle ossature murarie, che mostrano, segnatamente nei secoli XVII e XVIII, una maggiore approssimazione di tramatura, allineamento e complanarità di superficie – contenuta in ogni caso entro i ristretti limiti imposti dalla buona regola dell’arte – può dunque essere in parte attribuita a tale ragione: l’imperio della minuzia esecutiva che governava l’operare delle maestranze si è poco a poco diluito con constatazione della bontà dei risultati, comunque garantiti dall’impiego di un legante dalle proprietà indiscusse.
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